NEL BLU DIPINTO DI BLU … E SE FOSSE UN ARCOBALENO? CHE COSA C’E’ DIETRO IL GUINNESS DELLA LONGEVITA’ ASSEGNATO A PERDASDEFOGU


di Luisa Salaris

È cronaca delle ultime settimane il riconoscimento di un nuovo record mondiale per la famiglia Melis di Perdasdefogu: nonostante la scomparsa a giugno della grande quercia della famiglia, zia Consola, si conferma la famiglia più longeva al mondo. La notizia catapulta ancora una volta un paese, Perdasdefogu, di poco più di duemila anime, nelle cronache locali e nazionali, nelle testate internazionali. Una comunità che negli ultimi anni ha accolto con orgoglio centinaia di giornalisti e studiosi provenienti da tutti gli angoli del mondo. Ogni volta ci si stupisce di tanto interesse per i centenari sardi. Cosa spinge tante persone ad attraversare tutto il mondo per venire nella nostra isola? A Perdasdefogu? Eppure è ormai noto che la Sardegna appartiene alle cinque aree al mondo che si distinguono per l’eccezionale longevità della loro popolazione, per la significativa presenza di centenari. Sono chiamate zone “blue”. Oltre alla Sardegna vi sono Okinawa in Giappone, Nycosia in Costa Rica, Ikaria in Grecia, e Loma Linda in California. La paternità della denominazione zona “blu” è ancora discussa, ma non si può certamente negare che il giornalista Dan Buttner, del National Geographic, già da tempo ne abbia fatto la sua bandiera con la creazione di un sito internet, documentando le sue spedizioni nelle aree di longevità di tutto il mondo, scrivendo e vendendo libri sulla longevità e i suoi segreti. Un impegno costante, il suo, alla ricerca dell’elisir di lunga vita nelle diverse località, tra i quali è stato recentemente inserito anche il minestrone di zia Consola. L’appartenenza alle zone blu di longevità risulta essere un riconoscimento molto importante, ed ambito, per tante ragioni, dal sincero orgoglio nostrano a motivi più spudoratamente economici di promozione turistica del territorio, dei prodotti locali, del merchandising. Ma come si identifica una zona blu? Quest’ultima, a prima vista, sembra una domanda facile, facile, alla quale si potrebbe sbrigativamente rispondere che è la presenza numerosa di centenari a fare da discriminante. In realtà, ad esaminare gli studi finora condotti, il quadro è un po’ più complesso. Da un lato esistono talmente tanti indicatori (calcolati secondo formule diverse che rapportano ad esempio il numero dei centenari alla popolazione complessiva, o alla sola popolazione anziana, o guardano al numero di centenari maschi e femmine, ecc.) che è difficile stabilire in maniera univoca una, possiamo chiamarla così, “soglia di longevità” da superare per potersi fregiare della denominazione di zona blu. Dall’altro lato, la presenza di centenari risulta essere un fenomeno altamente variabile nel tempo, tanto che non è infrequente che una comunità che in uno specifico anno (o per alcuni anni) registra un record nella presenza di centenari, negli anni successivi a seguito del decesso di uno solo o alcuni di essi, si ritrovi a non vantare più alcun primato di longevità. Nel caso della Sardegna, l’appartenenza alle aree blu di longevità mondiali è avvenuta ufficialmente nel 2004, ma per poter meglio comprendere l’evoluzione delle ricerche e come la nostra isola ha conquistato tale riconoscimento a livello mondiale è doveroso fare un passo indietro. È infatti nel 1999 che con la pubblicazione dell’articolo scientifico “AKEntAnnos. The Sardinia study of extreme longevity” sulla rivista Aging Clinical and Experimental Research a cura del prof. Luca Deiana dell’università di Sassari e del suo gruppo di ricerca che la Sardegna si è trovata improvvisamente al centro del dibattito della comunità scientifica internazionale sulla sopravvivenza. Fino a quel momento, la presenza dei centenari – dei quali si scorgevano articoli e trafiletti sui quotidiani locali in occasione dei festeggiamenti del secolo di vita ed oltre – era apparsa del tutto normale, soprattutto a noi sardi. Il lavoro dei ricercatori di Sassari per la prima volta poneva all’attenzione della comunità scientifica la significativa presenza di centenari nella regione, evidenziando la peculiare longevità dei suoi abitanti. Il lavoro successivo dello stesso gruppo di ricerca, pubblicato nel 2004, ha consentito di identificare all’interno della stessa regione un’area di maggiore concentrazione in corrispondenza dei comuni di Arzana, Baunei, Fonni, Gavoi, Lodine, Mamoiada, Ollolai, Orgosolo, Ovodda, Talana, Tiana, Triei, Urzulei, Villagrande Strisaili. Nell’ultimo decennio numerosi studi in diverse discipline hanno preso il via e hanno interessato, non solo nei 14 comuni identificati nella zona blu, ma tutta l’isola, che ha dimostrato di essere un osservatorio privilegiato per: gli studi genetici a causa del suo isolamento geografico e genetico; gli studi sulle malattie cardiovascolari in virtù dei bassi tassi osservati nell’isola; gli studi sui centenari, la cui presenza risulta essere geograficamente circoscritta nelle aree più interne del territorio regionale; gli studi sull’invecchiamento della popolazione maschile. Questi studi hanno consentito di dimostrare che la longevità in Sardegna è diffusa territorialmente, persistente nel tempo e si caratterizza per un eccezionale longevità maschile. La ricerca dei fattori che influenzano la longevità ha portato gli studiosi a percorrere strade diverse, ma comprendere il segreto di lunga vita non è un aspirazione della sola comunità scientifica, così come testimoniano le parole di Francesco Corridore del 1913: “Dovunque e sempre, in tutte le vicende della civiltà, si considera con la massima simpatia lo spettacolo dei vegliardi, i quali hanno sorpassato ciò che si crede l’estremo limite della vita. Dovunque e sempre, attraverso i secoli, l’uomo civile resta scosso dal pensiero della longevità dei suoi simili; egli, ansioso del suo avvenire, si sforza di scrutare nella vecchiezza del prossimo le previsioni per la durata del suo soggiorno in terra, e desidera nel suo intimo di essere il primo nella serie delle lunghe vite”. Noi tutti guardiamo alla longevità, ai centenari con simpatia, stupore, preoccupazione o ansia per il nostro destino, curiosità, aspettative per una lunga vita e in buona salute. Qual è il segreto della longevità, se esiste davvero? È un cibo o una bevanda? O dovremo vivere in un posto speciale? O più semplicemente è una questione di geni? Gli studi finora condotti nelle diverse discipline non sono ancora pervenuti a risultati definitivi e convincenti. Ciò che appare rilevante in alcune popolazioni, spesso non trova conferma in altre. I geni invece è stimato che pesino per il 25 percento, e il restante 75 percento da cosa è costituito? Tra i fattori finora esaminati troviamo oltre che specifici aspetti biologici e genetici, l’attività fisica e il bilancio energetico, fattori socio-culturali che influiscono sullo stile di vita e la nutrizione, e sui ruoli sociali di uomini e donne, per elencarne alcuni. La questione resta dunque ancora aperta, ma appare sempre più evidente che non esista un’unica determinante, ma siamo di fronte piuttosto ad una combinazione di fattori, come tante piccole tessere di un puzzle, come i tanti colori di un arcobaleno che con le loro diverse sfumature di colore abbelliscono il cielo al primo raggio di sole dopo un temporale. E proprio il logo depositato presso il ministero dello Sviluppo economico dalla Proloco di Perdasdefogu dove due simpatici vecchietti sorridenti in costume tradizionale sardo si tengono per mano sotto un arcobaleno, accompagnati dallo slogan “long life, good life”, sembrano suggerire che il colore della longevità non sia solo il blu, che giornalisti e studiosi hanno finora utilizzato per individuare le aree di maggiore longevità, ma possa invece essere rappresentata da tanti colori, così come tanti sono i fattori che la determinano. Un arcobaleno che rappresenta anche un ponte immaginario che collega il passato con il presente; le vecchie con le nuove generazioni; le tradizioni del passato e i saperi più antichi con il mondo moderno.
Perché per poter guardare al futuro, è necessario conoscere chi siamo e da dove veniamo, e i centenari sono i migliori depositari della nostra memoria e della nostra identità. È nelle loro storie di vite, il segreto della longevità che ancora cerchiamo.

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Un commento

  1. Quella nella foto è una nonnina di Desulo

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