SARDIGNA TERRA BIA: VANDANA SHIVA NELL’ISOLA AL V WORKSHOP INTERNAZIONALE DELL’ISDE

Vandana Shiva


di Maria Vittoria Migaleddu

 “Se la “civilizzazione” produce morte, voglio essere “barbara”” e ancora “Long life to the barbarians who will take care of their garden” lunga vita ai “barbari” che si prenderanno cura del giardino”. I “barbari”, i barbaricini e i sardi in genere, ricordati da Vandana Shiva, sono quelli che vorranno prendersi cura di questa terra di Sardegna (e di ogni altre tetta del mondo), quelli che vogliono abbandonare una economia lineare di estrazione e consumo delle risorse per dar vita ad una economia circolare rispettosa dei ritmi della natura.

L ‘economia lineare ovunque mette in pericolo anche la sopravvivenza della vita nel nostro pianeta per mantenere in piedi una economia fondata sulla diseguaglianza in cui solo l’1% della popolazione detiene oltre il 90% delle ricchezze.

Con questa provocazione semantica e concettuale Vandana Shiva conclude il suo intervento al Vworkshop internazionale, organizzato dall’AssociazioneISDE Italia e ISDE Sardegna (International Society of Doctors for the Environment), martedì 28 luglio, alle 18, presso il centro servizi del Nuraghe Losa di Abbasanta. Oltre 1.000 persone,divise tra la sala congressi, piena sino all’inverosimile, e uno spazio esterno, allestito con maxischermo e centinaia di posti a sedere, e altre 3.000 circa, attraverso la diretta in streaming, hanno seguito con attenzione ed emozione l’incontro.

Accolta da una standing ovation e da musica a ballu dell’organetto di Justine, una giovane sarda di genitori polacco-ungheresi, è apparsa sorridente e straordinariamente rilassata nonostante le tante ore di areo;proveniva infatti dalla Nigeria, dove si era recata per la commemorazione di un attivista ambientalista ucciso in quel paese.

Il sindaco di Abbasanta, Stefano Sanna, in apertura ha porto i saluti ed ha introdotto i lavori presentando il Dott. Vincenzo Migaleddu, presidente dell’ISDE Sardegna che ha illustrato la situazione sarda partendo dalla definizione di benessere dell’OMS (Organizzazione Mondiale delle Sanità) del 1948.In questa dichiarazione la salute viene definita come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, definizione che va molto al di là del concetto di salute come mera assenza di malattia ma comprende anche il concetto di salute sociale, di benessere ambientale, socioeconomico e culturale.

Confrontando questa definizione con la odierna situazione sanitaria mondiale e isolana emerge l’enorme divario tra la definizione teorica e il continuo insistere su politiche sanitarie per lo più ospedale-centriche che incidono sulla salute globale della collettività solo per il 10%. Le condizioni ambientali, che incidono per il 30/35 % e quelle socio economiche e culturali, che incidono per il resto, vengono trascurate.

Analizzando in particolare la situazione sarda notiamo come nell’immaginario collettivo dei sardi, sia residenti che emigrati, nonché dei numerosi turisti che vengano o sognano divenire in Sardegna, questa terra appare come un posto paradisiaco ricco di bellezze naturali incontaminate. Purtroppo questa immagine non corrisponde alla realtà; la Sardegna contiene 2 SIN (Siti di interesse Nazionale) cioè luoghi individuati dallo Stato come fortemente inquinati nella zona di Porto Torres /Sassari e nel Sulcis Iglesiente. E’ la regione dove si registrano le aree contaminate più vaste (in totale 445 mila ettaririspetto ai 345 mila ettari della Campania).

Un sardo su tre vive in un sito contaminato (contro una media italiana di uno su sei). Secondo l’Istituto Superiore di Sanità in 44 SIN si sono riscontati 10 mila decessi per tutte le cause e 4 mila per tutti i tumori, in eccesso rispetto ai rispettivi riferimenti regionali. I dati relativi ai SIN Sardi confermano il pesante rischio sanitario esistente.

Sono oltre 35 mila gli ettari di territorio sardo sotto vincolo di servitù militare e altri 200 mila ettari di territorio circa sono minacciati dall’approvazione di permessi di ricerca per energia geotermica, per idrocarburi liquidi e gassosi e per altre forme di produzione energetica che entrano in competizione e/o marginalizzano le tradizionali attività legate alla Terra. Inoltre, sono già stati depositati i permessi di ricerca per idrocarburi nel mare che interessano un’area estesa quasi quanto l’intera superficie dell’Isola. Ciò costituisce una minaccia per la biosfera marina di tutto il Mediterraneo occidentale e non ultimo per le attività economiche che vivono di turismo.

Rimane ancora in sospeso il rischio di essere scelti come deposito unico per le scorie nucleari.

Nell’ambito di un’economia lineare di consumo infinito di risorse finite, la Sardegna sembra destinata ad occupare l’inizio e la fine di questo percorso lineare: piattaforma energetica e discarica di uno sviluppo di altri.

Il sistema di produzione energetica della Sardegna ha un coefficiente emissivo di anidride carbonica, per unità di energia prodotta (800 g/KW h), simile alla Cina, all’India e all’Australia, oggi tra i maggiori produttori di gas clima-alteranti che rendono febbricitante il nostro pianeta. Il paradosso per la Sardegna è che ad un 43% dell’energia prodotta che viene esportata, corrisponde un 30% in più del prezzo interno di tale energia senza contare i costi sanitari sulla popolazione, causati dalle ricadute delle emissioni ad azione locale

Il bilancio su piano occupazionale e socio economico di questi ultimi 60 di “economia lineare“ è disastroso.

La Sardegna è stata sempre un’isola prevalentemente agricola e questo settore assorbiva, ancora nel 1951, il 51% degli occupati, mentre l’industria e i servizi avevano, ciascuno, il 21% di occupati. In seguito alla crisi dell’edilizia, oltre a quella mineraria e industriale, attualmente, solo il 17,1% è occupato nell’industria; ciò dimostra il fallimento delle politiche di industrializzazione “incentivata”. In agricoltura resiste il 5,5% degli occupati mentre si importa circa l’80% del bisogno alimentare.

E’ necessario un cambiamento radicale culturale e sociale che, attraverso nuove forme di compartecipazione tra cittadini e istituzioni, preservi la ricchezza della biodiversità, che ancora è abbondantemente presente, e promuova una economia circolare che, anche attraverso nuove tecnologie e saperi, rispetti i cicli produttivi della natura e il benessere delle popolazioni, ha concluso il Presidente dell’ISDE Sardegna.

Vandana Shiva ha ricordato, nel suo intervento, il ruolo delle donne nella programmazione del cambiamento; raccontando due episodi di lotta delle donne in India a cui ha partecipato attivamente.

Il primo ha riguardato la lotta contro il taglio degli alberi nella regione Himalayana. Questo movimento, chiamato “Chipco”, che vuol dire “abbraccio” perché si opponevano al taglio degli alberi abbracciandoli, è durato circa 10 anni e alla fine è stata approvata una legge che vieta il taglio indiscriminato degli alberi nella regione Himalayana.

La seconda lotta,che ha visto sempre le donne indiane in prima fila, ha riguardato il Sud dell’India, dove, in una zona ricca d’acqua, si era insediato uno stabilimento della Coca Cola che per la produzionedi 1 litro di tale bevanda utilizzava 10 litri d’acqua. In poco tempo le falde acquifere della zona incominciarono a prosciugarsi e le donne dovevano andare sempre più lontano per approvvigionarsi d’acqua. Alla fine hanno capito che l’unico modo per risolvere la situazione era far chiudere lo stabilimento della Coca Cola e dopo una dura lotta ci sono riuscite.

Partendo da questi due esempi si sposta in maniera efficace dal locale al globale per affrontare un problema enorme a livello mondiale: l’introduzione degli OGM che stanno uccidendo la biodiversità. Racconta come nel viaggio verso Abbasanta ha potuto notare tanti alberi di ulivo, ognuno diverso dall’altro, come se ogni pianta avesse una sua personalità. Se si viaggia negli Stati Uniti, attraverso le grandi estensioni di mandorleti, ogni albero è la fotocopia dell’altro; l’uso massiccio di pesticidi ha fatto sparire completamente le api che devono essere portate ogni anno da altre parti perché compiano l’impollinazione.

In India la Monsanto ha introdotto massicciamente cotone OGM;i contadini erano costretti a comprare ogni anno le sementi di questo cotone senza ottenere i raccolti sperati. Dopo un po’ non cela facevano più e dovevano cedere la propria terra. Da quando la Monsanto è arrivata in India, moltissimi di loro,circa 300.000,ridotti in totale miseria, si sono suicidati.

Gli OGM possono anche avere pesanti effetti sulla salute;la loro coltivazione necessita di un associato impiego massivo di pesticidi e di diserbanti per garantire i raccolti delle colture intensive. L’uso massiccio di antibiotici nei grandi allevamenti, ha ripercussioni sui miliardi di batteri che popolano il nostro organismo e in particolare il nostro intestino. Tutte queste condizioni possono ripercuotersi nello sviluppo del sistema nervoso a livello intrauterino e nella prima infanzia, nonché nelle persone anziane. Ecco perché negli Stati Uniti, dove stanno aumentando notevolmente i casi di Alzheimer e quelli di autismo nei bambini, viene sospettata una stretta correlazione tra queste patologie e l’introduzione degli OGM, degli erbicidi, dei pesticidi e degli antibiotici nelle catene alimentari. I casi di autismo nel 1970 erano 1 su100.000 nati; nel 2008/9 erano diventati 1 su 65, mentre la media mondiale era 1 su 178; nel 2013, sono 1 su 35 nati.

Ma è dalle aeree apparentemente marginali che possono venire i cambiamenti più profondi e importanti. Questo si è verificato anche negli Stati Uniti dove è stato il Vermont, che è uno degli stati più poveri, ha introdurre l’obbligo di etichettatura degli OGM. Purtroppo non è riuscito a fare approvare tale obbligo a livello federale perché la Monsanto è riuscita adimporre una legge che vieta agli stati di legiferare sugli OGM.

La non obbligatorietà dell’etichettatura dei prodotti alimentari è uno dei grossi rischi che l’Europa corre con i trattatidi liberalizzazione commerciale che si stanno negoziando con gli Stati Uniti come il “TransatlanticTrade and Investment Partnership (TTIP)”.

Cita la conclusione dell’Enciclica di Papa Francesco, con cui si è incontrata “Abbiamo ricevuto come casa un giardino e dobbiamo lasciare un giardino a chi viene dopo di noi”.

Anche la Sardegna è un giardino, nonostante le sue estese aree inquinate, e i sardi lo sanno bene; dipende da loro e dalle loro scelte il futuro della loro terra.

Adottare un economia circolare che non produce scarti, rifiuti, ma è rispettosa dei tempi e dei ritmi della riproduzione e della disponibilità delle risorse significa, in qualche modo, anche ritornare alle profonde radicidi questa terra, testimoniate per esempio dal pozzo sacro di Santa Cristina, che ha visitato durante il viaggio verso Abbasanta, dove l’acqua non si esaurisce ma ritorna in un ciclo circolare di questa fondamentale risorsa. Nella costruzione dei nuraghi, “It’samazing”, ha detto dopo la visita al Nuraghe Losa, tutte le pietre messe in circolo si tengono insieme senza collante da migliaia di anni”.

E’poiintervenuta la sindaca di Olzai, Ester Satta, che ha detto come i comuni, anche e soprattutto quelli piccoli, sono il luogo di partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica e in primo luogo del territorio e dei beni comuni che contiene. La sindaca di Sarule; Mariangela Barca ha letto in sardo alcuni pezzi del manifesto “Sardigna Terra Bia”.

Il manifesto trilingue (sardo, italiano e inglese) è stato poi firmato da Vandana Shiva, dal rappresentante ISDE Italia, dal Presidente ISDE Sardegna, dai sindaci di Abbasanta Sarule, Olzai, Martis, Tiziano Lasia, e Mamoiada, Luciano Barone, nonché da numerosi rappresentanti di associazioni e comitati.

Mentre i numerosissimiintervenutiincominciavano a lasciareNuraghe Losa Vandana Shiva, dopo aver ricevuto in dono i semi di vari tipi di grano, tradizionalmente coltivati in Sardegna, dall’Associazione Centro Sperimentale Autosviluppo ONLUS del Sulcis, ha potuto ammirare altri segni della circolarità della cultura sarda: il canto a tenore e su ballutundu del gruppo di Abbasanta.

Dopo poco più di una settimana dal Workshop continuano a pervenire le adesioni al manifesto “Sardigna Terra Bia” anche da fuori della Sardegna e dell’Italia. Questo documento costituisce una piattaforma di partenza per un laboratorio sociale a cui possono aderire istituzioni, organizzazioni, associazioni, comitati, singoli cittadini.Può essere letto e scaricato dal sito http://www.isde.it/sardigna-terra-viva/per le adesioni bisogna inviare una e.mail all’indirizzo: isde@ats.itcon oggetto SARDIGNA TERRA BIA: ANCHE IO SOSTENGO UN’ECONOMIA CIRCOLARE indicando NOME, COGNOME,AFFILIAZIONE,CITTÀ.

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