CULURGIONES, BOTTARGA E CARCIOFI: SARDEGNA IN TAVOLA A DUBAI CON CORRADO PANI DI SAN NICOLO’ D’ARCIDANO

Corrado Pani


di Giovanni Runchina

Se usassimo i numeri per riassumere la sua vita sembrerebbe di sfogliare qualche pagina del Guinness dei primati: quasi trent’anni all’estero, più di sessantacinque Paesi visitati, da quindici anni a Dubai sempre nei migliori ristoranti e, ora, proprietario di un marchio molto in voga tra i buongustai – locali e non – che dà lavoro a cinquanta persone. Corrado Pani è però molto più di quanto non raccontino queste cifre; lo chef quarantacinquenne di San Nicolò d’Arcidano è un punto di riferimento nella ristorazione di qualità nell’emirato, dove ha aperto il “Solo”, acronimo inglese di Simply Good Living, ristorante “Bistro” con annesso wine bar all’interno del “Raffles” – tra i più importanti hotel extra lusso dell’emirato. «La filosofia del mio brand sta in un buon compromesso tra le porzioni del cibo e la qualità dello stesso, perché il mio scopo è suscitare interesse sui piatti stessi; cerco di esaltare valori come la cultura e la cura del prodotto in un ambiente di design nel quale stare bene e dove la convivialità sia stimolata».

Buone pietanze da gustare in un bel luogo. Ambiente cosmopolita con un solido ancoraggio alla propria terra: «La Sardegna – afferma – è sempre presente nei miei menu, per me è un segno d’identità. Uso molte materie prime dell’isola; dai carciofi, alla bottarga, al formaggio pecorino di San Nicolo d’Arcidano, passando per le paste della tradizione come le lorighittas, la fregola e i malloreddus». Fra i piatti più gettonati i culurgiones di carciofi con salsa di pecorino, bottarga e sapa, il branzino al martini e il polpo alla griglia.

A Dubai da tre lustri, Corrado non difetta di ambizione: «Sto iniziando il mio quindicesimo anno qui come Executive Chef e ho fatto una partnership con una compagnia locale che ha investito con me nel mio ristorante, a settembre conto di potenziare il marchio aprendo la pizzeria con forno a legna. Per me la vera sfida sta nel reinventarsi continuamente, il mondo va veloce e non puoi concederti il lusso di adagiarti sugli allori. Ambisco a espandermi ancora a Dubai e altrove, non mi pongo limiti».

Diplomato alla scuola alberghiera di Alghero, lo chef sardo si è formato sul campo, facendo incetta di esperienze importanti in mezzo mondo, sia a terra – solo a Dubai ha ricoperto il ruolo di Executive chef nelle catene cinque stelle di Westin, Ritz Carlton, Sheraton e Millennium – sia per mare: «Due settimane dopo il diploma ero già su una nave da crociera alla volta degli Stati Uniti; devo dire che proprio grazie a molte opportunità di quel tipo ho potuto visitare tanti luoghi, per più volte l’anno. Infatti, spesso ci tornavo per visite di piacere così da completare la conoscenza dei vari posti, posso dire di aver visitato almeno sessantacinque Paesi».

Carriera che è lo sbocco naturale di una passione precoce, sbocciata a casa per merito della mamma e di un vassoio di dolci portato dallo zio: «A nove anni – racconta – cucinavo le triglie alla livornese mentre mia madre stirava, eravamo sei figli ed io ero il più grande e il daffare non mancava. Forse la scintilla vera è scattata quando un mio zio, chef in Svizzera, si presentò un giorno a casa nostra con un vassoio strapieno di ottimi profiteroles. Quel gusto, la sicurezza nei gesti e nel modo di fare sono scolpiti nella memoria».

I viaggi nelle cucine di mezzo mondo hanno completato il percorso: «Mi sento una persona che ha scoperto e imparato e che, semplicemente, si trova in una parte del mondo diversa da quella in cui è nato. Ho aperto il mio primo locale in Sardegna dopo tre anni passati a Londra ma è stata una parentesi; decisi quasi subito di ripartire perché sentivo che non era giunto il tempo di fermarmi, avevo sete d’internazionalità e intendevo crescere ancora».

Sino ad avere un locale tutto suo con cinquanta dipendenti in piena stagione: «Guidare questo team è la mia sfida quotidiana per fare in modo che il ristorante vada sempre meglio e per dare risposte convincenti a chi crede in te, dai tuoi partner commerciali allo staff nella sua interezza».

Successo, professionale e imprenditoriale, che ha bisogno di tre ingredienti: la passione, la continuità e l’umiltà. «Devi avere una buona conoscenza dei prodotti, delle tecniche di cottura ma anche mentalità aperta per assorbire le informazioni utili; alla base vi deve essere ovviamente la passione perché, stare in cucina, dà un marchio indelebile alla tua vita. Essere chef significa essere professionista a tutto tondo, organizzatore, leader e manager. Traguardi che raggiungi con umiltà e disciplina».

Caratteristiche che, a detta di Corrado, mancano in Italia. Il suo giudizio è netto: «Siamo un Paese che sta alla finestra, che preferisce essere guidato anziché tirare la volata. Investiamo poco nelle scuole, siamo egocentrici e narcisisti del nulla. L’italiano in Italia spesso non è predisposto ad assorbire le altre culture ed è restìo al confronto. Abbiamo buon cibo, tanti prodotti eccellenti ma siamo eccessivi perché valorizziamo poco o troppo. A chi vuol fare questo mestiere consiglio di investire tanto tempo nello studio e nella pratica, senza smarrire curiosità e umiltà».

* SardiniaPost.it

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