PAROLE ED EMOZIONI PER LA PROPRIA TERRA, LA SARDEGNA: QUANTO E’ DIFFICILE PARLARE DI TE

immagine di Salvatore Serra


 
di Elena Maisola

Scrivo a te, mia terra….

Quanto è difficile raccontarti, quanto è difficile spiegare quello che sei. Ogni tanto ci provo a parlare di te a chi non ti conosce, ma mi rendo conto io per prima di cadere negli stessi luoghi comuni che voglio combattere. Cosa posso decidere di raccontare di te? Potrei provare a descrivere un luogo qualsiasi del tuo ventre e riuscire a farne cogliere l’essenza, ma se provassi a fare un passo in un’altra direzione dovrei cominciare tutto da capo. Sei sempre uguale, e sempre diversa. Uguale nel tempo, diversa nello spazio. Selvatica, severa, indomabile, come noi del resto. Racchiusa negli occhi delle donne, nelle braccia instancabili degli uomini. Sei vera, genuina e ancora così sconosciuta. Come riesci a intrecciare fede e magia? Lo fai così bene che solo chi è sangue del tuo sangue può comprendere. Per tutti gli altri o è solo fede o è solo magia. In te convivono la Pasqua e il Carnevale. La vita della tua gente è scandita dalle sue credenze, come i grani di un rosario che si recita giorno dopo giorno. Come posso spiegare il culto del fuoco e dell’acqua? I tuoi tessuti, la filigrana dei tuoi gioielli, il tuo pane portano sulle spalle una tradizione antichissima, un linguaggio simbolico, un aspetto sacrale. Il mare ha plasmato le tue coste, il vento ha piegato la tua la tua natura, il silenzio vive nelle tue montagne. Tutto questo si può descrivere, si può narrare. Ma quel profumo che ti penetra dentro, come  puoi raccontarlo? Solo i tuoi figli possono chiudere gli occhi e sentirlo nelle narici. Solo chi ci è nato, chiudendo gli occhi, sentirà il profumo dell’ elicriso bruciato a San Giovanni, delle rose di Sant’Efisio, dell’umidità delle chiese la sera del Venerdì santo, della polvere dell’ Ardia di Sedilo e della corsa degli scalzi di Cabras, del fuoco che brucia in onore di Sant’Antonio, del muschio delle pietre nuragiche, del grano. E’ il tuo profumo che ci tiene legati a te, anche quando andiamo via. Perchè quello stesso vento di maestrale che ci ha spinto a lasciarti, prima o poi riprende a soffiare implacabile e ci riporta a te. 

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