LA PRIMA MEDICINA? QUELLA DEL CUORE! VALENTINA USALA RACCONTA COME SI CONVIVE CON LA SCLEROSI MULTIPLA

nella foto l'autrice dell'articolo: originaria di Escalaplano, vive nell'alessandrino


di Valentina Usala 
 

È una malattia bizzarra, cronica e imprevedibile. Accade che il sistema immunitario, come impazzito, inizia a nutrirsi di mielina, che preleva dalle guaine degli assoni.

Si chiama sclerosi multipla.

Nominandola sclerosi multipla ti spaventiamo, vero? O quantomeno ti abbiamo creato un po’ di scompiglio dentro, un stato d’animo che ti fa pensare a qualcosa di brutto, di pericoloso, di spaventoso, di irrecuperabile. Funziona esattamente così: la nostra mente è dotata della capacità di associare parole ad oggetti. Se ti diciamo sclerosi multipla, tu pensi alla carrozzina? Purtroppo, nulla di più sorprendente. Tra media che ci bombardano catturando la nostra mente tramite simboli, accostamenti di colore e per mezzo della bizzarra – in questo caso – tecnica del “repetita iuvant”.

Leggete questa testimonianza:

“Accade quasi sempre in fascia notturna. Accade che se la sclerosi multipla colpisce, mi è sempre successo dopo un po’ di riposo e lo fa ingannandomi ogni volta.

Apro gli occhi e mi stiracchio stringendo le mani a pugno e mi do sbadatamente della stupida, per essermi addormentata sopra la mia mano sinistra, tutta formicolante e fastidiosa.

Mi alzo e intraprendo la mia giornata, laboriosa e briosa come sempre, ma quella mano non da segni di ripresa. Non percepisco il caldo, il freddo, il liscio, il ruvido e soprattutto il contatto. Strane cose possono succedere. Procedo. Mi preparo il pranzo, utilizzando prevalentemente la mano destra, quell’altra, pigrona, non ha proprio voglia di risvegliarsi, e il solo contatto ora è diventato ancor più invadente, poiché la percezione dell’oggetto stretto dalla mano conferisce quasi una sensazione urticante, la percezione di una scossa elettrica. 

Inizio allora a testare con quella mano una serie di prove: stringo una mela e tutto sembra nella norma; la apro e la chiudo e il test è riuscito; mi punzecchio il palmo con uno stuzzicadenti e qui un primo problema: capisco quel che sta accadendo solo perché è un mio intento e perché vedo quel che accade. Avvicino la mano al pentolino in bollore sul fornello e non percepisco il calore. Secondo deficit. Apro il freezer ci immetto la mano e il vortice gelido mi sovrasta il dorso, ma non il palmo, il quale addirittura sembra godere di un infinito beneficio. Dato il risultato del test, procedo con molta cautela nel compiere i movimenti con quella mano. Iniziando a campanare che forse quella nottata di sonno, non centrava nulla. Affetto il pane e capita che il coltello scivoli in direzione di quel palmo e mi accorgo così di essermi tagliata arrogantemente un dito, solo dopo aver visto la fuoriuscita del sangue. Inizio a preoccuparmi e a intonare che forse qualcosa stava accadendo silentemente, come agisce la sclerosi multipla. Non causa fitte, dolori, arrossamenti o qualsiasi altro svariato sintomo nel manifestarsi: lo fa senza preavviso. Tutto ciò che accuso, oltre al formicolio, è soltanto un gran senso di stanchezza e svogliatezza, per me insolito. Solito invece, per questa malattia, specie in fase acuta.

Il neurologo dice che l’allarme ufficiale scatta dopo 48 ore di sintomo continuo e dopo 48 ore persiste ancora, comparendo addirittura sul palmo dell’altra mano e dopo 168 ore anche alla pianta dei piedi, che dopo una piccola passeggiata risale dal basso verso l’alto, sino al ginocchio.

È un allarme bello e buono. Già. Quella notte non è stata solo di cattivo consiglio, poiché dopo risonanza magnetica, è stato possibile stabilirne la causa: una fascia demielinizzata in zona del midollo cervicale, ancora attiva, impregnatasi di liquido di gadolinio.

All’attacco con terapia steroidea, per annientarne l’infiammazione.

Dopo mesi inizio ad avere nuovamente la percezione del suolo che calpesto e sento correttamente la suola delle scarpe. E pensare che prima indossavo calzini ben aderenti al piede, di modo che le scosse fossero meno intense.

Se i piedi sono guariti, ora da risanare sono le mani. Impresa in tutti gli aspetti titanica. Comprendi l’importanza di ogni millimetro di una macchina chiamata corpo, che permette di far cose alle quali non si da nemmeno peso.

Sono stata sottoposto ad ogni tipo di esame, dall’elettromiografia all’ecodoppler, da ulteriori risonanze a potenziali evocati. Senza raggiungere alcun traguardo esaustivo.

I miei palmi non ne vogliono sapere. Passa quindi quasi un anno e in conseguenza la decisione di sottopormi a terapie dure da somatizzare e soprattutto accettare, poiché modulatori delle percezioni cognitive, atte a ridurre gli impulsi delle scariche nervose.

Modificano la mia personalità, il mio essere, conducendomi a stati di apatia immonda, che mi ripeto, non mi competono per nulla.

Ma resisto, io non mollo. Io sono io e non una malattia. Insomma, non  mi avrà.

Bene. Ci siamo. Ecco a piccoli sorsi le mie mani!

La sensazione di riuscire a sentire nuovamente ciò che tocco, seppur come ho detto a piccole dosi, non ha eguaglianze con altri beni. Per nulla.  È forse ciò che più desidero.

Credo fermamente nella medicina, nel progresso scientifico, malgrado non sempre eseguito in parametri troppo umani e per come la penso, inutili da effettuare.

Spero in una soluzione, che fino a quando verrà strumentalizzata e non soddisfatta guardando in faccia ciascun malato, ma le tasche dei pantaloni dei colossi, sono certa verrà a tardare. E non si parlerà più di intorpidimenti, ma di disabilità vere e proprie, in quanto la sclerosi, è una malattia neurodegenerativa.

Ciò che mi preoccupa sono i meccanismi, perché bisognerebbe andare più in là di una sedia a rotelle, affiancando ad essa altro.

Ringrazio la medicina del cuore, che sempre mi fa sperare invece, il sostegno che con piccoli gesti, fa battere il cuore, fa sentire un essere umano vivo, caldo e per niente formicolante. Al non aver quello, il cuore si intorpidisce e nessun essere al mondo ne dovrebbe essere risparmiato.

Il contatto: percezione con cui le giornate si addolciscono, se espresse con-tatto, anche senza il (con) tatto: basta a volte una parola, un gesto fatto anche a distanza.

Ecco cosa racchiude la preziosissima parola contatto

Un po’ di calore umano non guasta, anzi cura ogni brutto pensiero.

Concedendomi una licenza poetica, alla maniera della giornalista e scrittrice Claudia Sarritzu, per concludere, direi che prima di tutto la sclerosi multipla è un’altra cosa”.

Al di là dei simboli crediamo che vada tenuto in considerazione il lato psichico della patologia, che in quanto autoimmune, gode di una strettissima correlazione con l’umore dell’individuo.

Ci sono tanta rabbia, sconforto, tristezza dentro.

A quando le soluzioni?

Ps: la Vale che scrive, che vi racconta la convivenza quotidiana con la sclerosi multipla, che lancia il suo guanto di sfida ogni giorno alla malattia, io la conosco bene.

Perché Vale sono io.

http://www.contactsrl.it/

http://www.contactsrl.it/blog/2014/08/01/contact-sclerosi-usala/

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3 commenti

  1. Lettera bella commovente,ricca di grandi e forti emozioni.ciao Valentina.

  2. Grazie per la tua testimonianza Valentina Usala, anzi con affetto “Balentina”!!!

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