L’AVVENTURA DEL GRUPPO FACEBOOK “SEI DI SANT’ANTIOCO SE ….”: INTERVISTE A MARTINA PISANO E MARCO MARONGIU

membri del gruppo fb "sei di Sant'Antioco se..."


di Elisa Sodde

Da quando ho costituito l’associazione di cui sono presidente (“Un ponte fra Sardegna e Veneto”), poi la stretta collaborazione con gli amici del Circolo dei sardi di Verona, infine l’ingresso nel Cedise e nell’Unaie, quello dell’emigrazione (in particolare quella sarda) è diventato un tema che caratterizza buona parte dei miei impegni ed interessi. Nella mia mente era sempre viva l’idea di creare un modo d’incontro fra gli antiochensi “disterrausu”, di quelli che, come me, hanno dovuto – spesso per la comune motivazione della ricerca del lavoro – lasciare la loro “Isola nell’Isola” trasferendosi in altre regioni italiane o del mondo. Per trovarsi e ritrovarsi; conoscere le famiglie che nel frattempo erano nate o cresciute; raccontare le proprie esperienze di vita; condividere emozioni e bagagli socio-culturali. Così, quando mi hanno invitato a prendere parte ad un incontro non più virtuale ma fisico e concreto del gruppo Facebook “SEI DI SANT’ANTIOCO SE …” (che da diversi mesi avevo iniziato a seguire da spettatrice curiosa di questo fenomeno aggregativo virtuale contemporaneo), ho subito accettato con grande entusiasmo. L’entusiasmo di chi si rende conto di non esser stata l’unica ad aver avuto quel pensiero, quella voglia o, forse anche, quella necessità. Una volta coinvolta in prima persona in questa singolare aggregazione di emigrati sardi, per di più riunente quasi esclusivamente antiochensi e loro familiari, già al secondo incontro, ho pensato che fosse carino parlarne in un’altra speciale piazza virtuale in cui si danno appuntamento, si incontrano, si trovano e ritrovano, con assiduo interesse e rinnovata vivacità i nostri conterranei isolani, TOTTUS IN PARI, il Blog che dà voce ai sardi nel mondo. Così nasce questa intervista doppia a due dei sei amministratori della pagina FB “SEI DI SANT’ANTIOCO SE …” che, spero, si arricchisca, dopo la pubblicazione, di altri contributi, emozioni e riflessioni di quanti si ritroveranno in queste righe e in questi pensieri.

Chiedo a Martina Pisano ideatrice della pagina FB di questo gruppo di raccontarmi com’è nata questa simpatica avventura. Martina, 41 anni, è originaria di Sant’Antioco, laureata in Geologia all’Università di Cagliari, ora lavora in provincia di Bologna come responsabile ufficio ordini e assistenza clienti presso un’azienda di prodotti naturali. Si definisce “divoratrice” di film; ama il Jazz, in particolare quello di P. Fresu e P. Conte, i film e i viaggi. Da due giorni mi trovavo coinvolta dalle mie amiche di Casalecchio di Reno, nella lettura dei post del gruppo “Sei di Casalecchio se …”. Ho subito pensato che pur essendo integrata nella città  in cui vivo già da 12 anni, in realtà non avevo ricordi del posto e leggere quel ricordare ha fatto si che riaffiorasse la mia “sarditudine”. Così, la sera del 21 gennaio ho deciso di aprire il gruppo postando un primissimo post sulla marina di Sant’Antioco e i pescatori che facevano le reti e le nasse in ricordo di mio nonno. Per un giorno tutto calmo poi arrivò il primo commento di un compaesano che ora sta in Puglia e da lì è stato un susseguirsi di iscrizioni, di ricordi, di persone che ritrovavano insegnanti, amici di villeggiatura, compagni di scuola e di “cricca”. Tanto era il fermento che girava attorno al gruppo che ho chiesto aiuto ed ho inserito i primi amministratori e così facendo ad oggi abbiamo superato i 4000 iscritti. Dei sei amministratori, tre in Sardegna (Carlo Cauli, Marcella Schirru e Danilo Crastus) e tre fuori Sardegna (io, Franca Salidu e Marco Marongiu).

Cosa significa per te questo gruppo? Ha significato e significa tutt’ora molto: è il mio personale PONTE per SANT’ANTIOCO. É come se le distanze si fossero azzerate. Rappresenta la volontà di molti, di qualsiasi età sesso e fascia di reddito, di sentirsi accomunati e coesi, e lo si evince dalla volontà di chi stando lontano dalla terra natia ha voglia di incontrarsi veramente non solo per un pranzo, ma per il piacere di stare insieme di ridere,  parlare in sardo, ricordare, conoscersi ed anche suonare e cantare.

A circa cinque mesi dalla sua creazione, vuoi cercare di tirare un po’ le somme o fare un primo bilancio dell’attività del gruppo? Ad oggi, se dovessi tirare le somme o fare un primo bilancio, direi che con poco abbiamo fatto tanto. Oltre alle varie riunioni fatte nel Nord Italia e a Sant’Antioco, c’è la voglia di aiutare associazioni e persone del nostro paese provando a contribuire con quanto possiamo. Ad es. cerchiamo di “sponsorizzare” e divulgare la conoscenza di eventi come “Sa Festa Manna” o “La Laguna Espone”; abbiamo ricominciato a parlare di tradizioni e a farle conoscere alle persone più giovani spiegando come fare le cose e postando le foto: uno per tutti, la preparazione de “su Nenniri” per il giovedì santo quando avviene deposizione Gesù dalla croce. Penso, quindi, che tanto sia cambiato nel nostro paese, in bene ed in male, però questa piazza virtuale che è il gruppo,  fa convivere entrambe le parti. Mi auguro solo che non perda lo scopo per cui è nato e che vorrei ricordare con la frase che identifica il gruppo stesso: ”Per chi ci vive, per chi non ci vive più … e per chi ricorda com’era e come non è più.” 

Marco Marongiu, 43 anni, originario di Sant’Antioco, diplomato all’Istituto Nautico di Carloforte (CI), ora responsabile operativo e commerciale presso un’importante agenzia marittima di Ravenna. Sposato con Alessandra Luisetti, anche lei originaria di Sant’Antioco, insieme hanno due splendidi bimbi (Francesco, 5 anni, e Caterina, 2 anni). Nel tempo libero, Marco si dedica alla famiglia e alla sua passione per la musica e la chitarra. A lui chiedo com’è entrato a far parte del gruppo “SEI DI SANT’ANTIOCO SE …” Non vi so dire se venni invitato oppure se chiesi di iscrivermi al gruppo autonomamente. Ricordo però che l’idea di potervi partecipare mi piacque molto.  Anche prima dell’iscrizione al gruppo frequentavo FB per postare le foto mie e della mia famiglia da mostrare ai nonni e agli amici, pensieri, idee, polemiche, e le mie mediocri performance da chitarrista. Ma subito dopo l’iscrizione al gruppo,  la frequentazione del social network ha avuto sicuramente un valore aggiunto.

Cosa rappresenta per te questo gruppo? Beh, credo rappresenti finalmente un “muro” dove scrivere e parlare del proprio paese, del suo glorioso passato ma anche del suo triste presente e, forse, ahimè, del suo sempre più incerto futuro. Continuo ad usare il mio muro, il mio profilo FB, per scrivere le mie cose o postare le mie foto, ma, da quando sono entrato nel gruppo, almeno una volta al giorno una sbirciatina agli argomenti più o meno impegnati trattati nel gruppo, è divenuto inevitabile.  Il gruppo è anche un luogo di aggregazione, che considererei virtuale solo per il fatto che non c’è contatto fisico coi luoghi e con le persone, non certo perché i sentimenti, la verve e il fervore col quale si trattano gli argomenti possa essere considerato allo stesso modo. 

Qual è il valore aggiunto che ti ha dato l’appartenenza a questo gruppo, inizialmente virtuale, e poi la partecipazione agli incontri veri e propri con alcuni dei suoi componenti? Per noi che abbiamo lasciato la nostra terra per realizzare altrove le nostre idee impossibili da far attecchire in una terra ricca di potenzialità ma, purtroppo, a mio avviso, spesso arida di amor proprio, è stato un po’ come tornare a casa.  Ogni volta che accedo alla pagina e vedo una foto datata o meno, i pensieri e l’immaginazione corrono veloci tra le vie del paese, tra le spiagge, gli scogli o lo scorcio di un tramonto fotografato da Paolo Basciu Pistori piuttosto che tra le parole di una poesia di Roberto Locci.

Quindi, il filo rosso che lega gli oltre 4.000 iscritti al gruppo o per lo meno la parte di essi che vive fuori dall’isola, sono i sentimenti di attaccamento alla propria terra ed alla propria gente? Questa forte nostalgia e i sentimenti sono spesso condivisi da chi, come me, non vive più là. Con queste persone condividiamo spesso anche il pensiero di aver preso la decisione giusta, quando pensammo di trasferirci sulla terra ferma. E questa terra ferma, seppur straniera, per quanto ospitale possa essere, ci permette di incontrarci spesso. Attendiamo con un ansia quasi Leopardiana il giorno del prossimo incontro. Non solo, come ho già detto, il ritrovarsi nella pagina FB del gruppo, ma soprattutto durante gli incontri, il sentimento che si respira è quello del sentirsi a casa. Con la maggior parte di loro condividiamo la sensazione di sentirci, appunto, in famiglia. Non ci sentiamo più soli. Il solo sapere di avere delle persone che ti possono raggiungere o che puoi raggiungere in qualsiasi momento senza vincoli dettati dai mezzi di trasporto come aerei, navi e i relativi orari, ti rincuora. Proprio come se fossi ancora in paese. Questo sentimento, sensazione che dir si voglia, è ormai talmente forte che alla fine di ogni incontro si torna a casa pensando di “essere di nuovo soli”  … ma solo fino al prossimo incontro!

Ringrazio Martina e Marco che si sono prestati a questa doppia intervista ed invito gli altri amministratori della pagina FB “SEI DI SANT’ANTIOCO SE …”, a fare altrettanto inserendo sotto l’articolo un loro contributo, anche in relazione al recente incontro con l’amministrazione comunale. Mi piacerebbe, inoltre, che il Sindaco di Sant’Antioco, Dr. Ing. Mario Corongiu, potesse condividere con tutti i lettori la sua “teoria della molla” come lettura di questo fenomeno di forte e maggiore attaccamento alla propria Terra da parte di chi l’ha dovuta lasciare. Naturalmente, TUTTI i componenti del gruppo che avranno piacere di postare le loro emozioni, idee, commenti, proposte, saranno i benvenuti … perché “SEI DI SANT’ANTIOCO SE ” “TOTTUS IN PARI” facciamo qualcosa per aiutare il nostro paese, la nostra splendida Isoletta che portiamo sempre non solo nel cuore, ma in ogni luogo in cui ci troviamo, facendola conoscere, apprezzare ed amare anche agli altri.

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

5 commenti

  1. Grazie Elisa, Martina e Marco per aver condiviso anche in questo spazio la vostra testimonianza sulle avventure virtuali e reali del nostro gruppo, quantomai affiatato e assortito.
    Da partecipante e sostenitrice delle attività del gruppo posso solo confermare quanto questa si stia rivelando un’esperienza straordinaria e inaspettata. Dopo aver rispolverato fotografie, ricordi, abitudini comuni e ritrovato lontane amicizie, l’iniziativa dei raduni e dei pranzi itineranti nel nord e centro Italia, è diventata una nuova consuetudine per sentirci “a casa” e “in famiglia” anche dall’altra parte del Tirreno, dove si è improvvisamente rivelato semplice accorciare le distanze.
    Certa nella prosecuzione degli incontri conviviali, credo anche nel lavoro di squadra: il potenziale del gruppo è proprio quello di consentirci di dare un effettivo piccolo contributo al nostro paese, seppure a distanza, condividendo spunti, idee e continuando a mettere a confronto le nostre esperienze più diverse in modo positivo e propositivo.

  2. Ciao a tutti! Credo di esser stata una delle prime ad entrare a far parte del gruppo “sei di Sant’Antioco se…”, perché abitando lontana quando leggo il nome del mio paese mi piace farne parte. Poi quando Martina Pisano mi ha proposto di fare l’amministratrice ho accettato con piacere perché per me stare nel gruppo è un modo per sentirmi vicina al paese dove sono nata. Il mese scorso sono scesa in paese e insieme a Danilo Crastus, Marcella Schirru e Carlo Cauli abbiamo fatto in primo incontro (spero non ultimo). L’incontro è stato fatto nell’aula consigliare in cui era presente anche il signor sindaco Mario Corongiu, si è parlato delle tante problematiche del paese e di quello che si sarebbe potuto fare. Poi un paio di giorni dopo si è fatta anche una pizzata, eravamo una quarantina e anche li era presente il sindaco. E’ stata proprio una bella serata …… che dire ancora? Sono passati 5 mesi, il gruppo va alla grande e per me è come essere a casa mia e come ho sempre fatto da parte mia ci mettero’ sempre il cuore e grazie a Martina Pisano.

  3. Danilo Crastus

    Salve a tutti, sono anch’io un’ amministratore del gruppo “Sei di Sant’Antioco se….” Colgo innanzitutto l’occasione per complimentarmi con i curatori di questo interessante Blog e fare nello specifico un plauso ed un ringraziamento all’autrice dell’articolo, Elisa Sodde. Per quanto riguarda l’incontro tenutosi il 17 maggio nell’aula consiliare del Comune, posso senza dubbio confermare che è stata una riunione piacevole e costruttiva, in cui il Gruppo si è riunito per la prima volta, ospitato gentilmente dal Sindaco Mario Corongiu e dagli Assessori al gran completo e con cui è stato possibile confrontarsi in merito ad alcune temi e problematiche inerenti il paese. La risposta dei cittadini è stata numericamente discreta, anche se ci aspettavamo sinceramente più presenze, soprattutto per quanto riguarda la componente giovanile. Ancora una volta ho dovuto assistere all’indolenza e pigrizia di parte della popolazione antiochense, che si lamenta molto in rete, ma che quando si tratta di metterci la faccia, avendo la possibilità di interagire con i politici che ci amministrano si tira inevitabilmente indietro.
    La riunione si è aperta con un discorso introduttivo del sottoscritto, in cui si è parlato in generale del gruppo, di come sia nato e di come le sue finalità e prerogative si siano evolute nel corso dei mesi. Si è posto l’accento sul suo fattore aggregante, sul senso di appartenenza e identità che è riuscito a creare, sulle iniziative di promozione e valorizzazione del nostro patrimonio culturale e paesaggistico e sulla sua capacità di pubblicizzare eventi che dovrebbero godere di più spazio e informazione: uno per tutti la Sagra patronale.
    Il dibattito vero è proprio è iniziato con le domande che amministratori e pubblico hanno rivolto alla giunta. Si è parlato soprattutto della Sagra, in quel periodo argomento ancora caldo. Si sono sottolineati gli aspetti positivi che l’hanno contraddistinta, ma anche di quelli negativi, come ad esempio la scarsa presenza di programmi di contorno agli eventi principali della festa.
    Si è parlato della Proloco, delle politiche sociali rivolte ai giovani, del tema ambientale, dei problemi legati alla raccolta differenziata, sempre con toni moderati ed educati, il tutto ovviamente con la speranza che chi ci amministra prenda a cuore le lamentele e le proposte dei cittadini.
    Per quanto riguarda il futuro, parlando con gli altri amministratori del gruppo, c’è la volontà di ripetere la riunione ad agosto, legandola se possibile a manifestazioni di solidarietà nei confronti di compaesani particolarmente bisognosi. I temi da trattare sono ancora tantissimi, così come purtroppo i problemi della nostra amata e a volte maltrattata isoletta. La speranza è quella di coinvolgere più tanta gente possibile, in particolar modo i giovani, speranza e (si augura) cardini della nostra società. Ovviamente quando ci saranno date e programmi precisi vi faremo sapere…
    Saluti. Danilo.

  4. Il Web è uno strumento spesso ambiguo di quelli insomma utili per chi vuole celarsi dietro una maschera, altre appare come una mamma dal cielo che ti prende per mano e ti fa volare laddove i tuoi sogni si erano fermati. Questo è un concetto che non tutti possono capire e per aiutare me stesso uso un contributo del caro amico Stefano Salis Il quale commenta la poesia di Salvatore Quasimodo:
    Spiaggia a Sant’Antioco.
    IL SEGRETO DELLA SPIAGGIA
    Questo racconto inizia e finisce con una poesia.
    Per carità, non mia, non preoccupatevi. E poi, non essendo io uno scrittore, non ancora almeno, poi nella vita, chissà…, ed essendo in questo momento circondato da scrittori che ho letto e persino ammirato, e dovendo parlare di Sardegna… devo partire dalla poesia. Di altri.
    Anche perché, quando si sceglie – ma si sceglie, poi, la letteratura o è la letteratura che sceglie noi? – di dedicare la vita professionale alla lettura e alla letteratura, non si può che ricorrere alla poesia.
    Chi fa questa “scelta”, non fa altro, continuamente, insistentemente, che filtrare le proprie esperienze attraverso i libri e viceversa. Chi fa questa scelta non fa altro che leggere la propria vita in ragione di altre letture, legare, connettere, collegare, spesso anche opere che apparentemente non c’entrano magari molto, eppure lavorano, stanno sottoterra, scavano fiumi carsici che, prima o poi, riemergono.
    Commette, chi fa questa scelta, deve commettere l’errore di crederci per davvero, che la vita si possa leggere attraverso la letteratura.
    Se non ci crede, finge soltanto. E se finge, la letteratura semplicemente non gli parla. Resta un accumulo forse di belle parole, ma non di vita, di esperienza, di realtà. Divago…
    E allora…
    Per anni, sono andato in giro portando ben chiuso, in un angolino del portafogli, un piccolo foglio a quadretti con una poesia da me trascritta. Sapere che quella poesia era lì, con me, mi dava una certa sicurezza, o forse no, era solo un gesto scaramantico, ma acquisito, nel tempo, sempre più aveva senso.
    La leggo.
    Nel fiele delle crete,
    nel sibilo dei rettili,
    il forte buio che sale dalla terra
    abitava il tuo cuore.
    Tu già dolente al cielo delle rive
    ti crescevi crudele il sangue
    d’una razza senza legge.
    Qui dove dorme verde l’aria
    di questi mari in cancrena,
    affiora bianco scheletro marino.
    E tu senti una povera vertebra umana
    consorte a quella che il flutto
    logora e il sale.
    Fino a che memoria ti sollevi
    a sospirati echi,
    dimenticata è morte:
    e la candida immagine sull’alghe
    segno è dei celesti.
    Io la trovo bella. Suona bene. E’ proprio una poesia-poesia, di quelle che si scrivevano nel Novecento in Italia. C’è l’ermetismo, quello che i critici chiamano il correlativo oggettivo, il sentimento, l’allitterazione, le figure retoriche, il rispetto formale del metro…
    Ma poi c’è anche una sua maniera, un gusto letterario, uno stile, un alludere a poesie di altri autori… C’è tutto.
    Più di tutto, però, ci sono due cose.
    L’autore: Salvatore Quasimodo, uno che le poesie le sapeva scrivere, visto che gli hanno dato anche il Nobel.
    Poi c’è il titolo: Spiaggia a Sant’Antioco.
    Ecco. Io sono nato e vissuto, per i miei primi trenta anni, a Sant’Antioco, un’isola nel sud ovest della Sardegna. Devo aggiungere che ho sempre abitato – e ci abito tuttora, quando torno nell’isola – in via Salvatore Quasimodo. Era chiaro, era destino?, era persino scontato che non potevo che rimanere affascinato da questa poesia.
    Così l’ho imparata a memoria, l’ho trascritta, la custodivo e la portavo con me, ogni tanto me la ripetevo.
    Sì, ma, mi chiedevo ogni tanto, alla fine, cosa diavolo vuol dire, davvero, questa poesia?
    Che cosa dice a me? E agli altri come me? E poi: mi dovrebbe dire qualcosa?
    Ho sempre associato l’idea di spiaggia a una spiaggia dove andavo da ragazzo con i miei amici, si chiama Coa Quaddus, la coda di cavallo. Mare cristallino, sabbia bianca e fina, macchia mediterranea, profumo di lentischio, fiori di asfodelo, sole a picco in pieno giorno, albe meravigliose, frinire di cicale, persino gli ameni pascoli di pecore visibili a pochi passi dagli ombrelloni. Non sto scherzando. Ѐ tutto vero. Coa Quaddus è il concentrato di tutti gli stereotipi della bella spiaggia sarda da cartolina.
    Bene. Non è quella la spiaggia di cui parla la poesia, con tutta evidenza. E, infatti, non è la spiaggia del mio cuore, non lo è più. Negli anni, ne è entrata un’altra.
    E’ la più brutta, brulla, inospitale della mia isola: mi verrebbe da dire che dalle crete di quelle sabbie, sì, stilla il fiele. Il mare è fermo e caldo, anzi, lo si potrebbe definire in cancrena, invaso da ciuffi enormi di posidonia, di alghe, fino quasi alla riva. Farmi il bagno in quell’acqua mi ha sempre fatto letteralmente orrore. Infatti, l’avrò fatto si e no – e sempre per necessità estrema – due tre volte al massimo. Dimenticavo. C’è quasi sempre vento. Forte.
    A ridosso di quella spiaggia, che si chiama Cussorgia, con i miei amici, avevamo sterrato e ricavato un campo di calcetto. Niente di che, anche stavolta. Come la spiaggia, immaginatevi un terreno arido, abbastanza ghiaioso. Uno di noi, che se ne intendeva, ci aveva suggerito di seminare non so quale tipo di erba. Non solo non era cresciuta, l’aveva travolta un’erbaccia fortissima, una gramigna tenace, e nemmeno tutti i fiori spinosi del cardo eravamo riusciti a eliminare del tutto.
    Tratti sabbiosi, il terreno non era per niente parificato dal nostro lavoro: un po’ più alto qui, più basso là, il pallone un po’ rimbalzava, un po’ si frenava, inutili i tentativi di essere precisi. Ovviamente non c’erano né le linee del campo e, nei primi tempi, nemmeno le porte, si andava a occhio. Però… era il nostro campo.
    Ogni sabato, per non so quanti anni, sole, pioggia, vento, anzi, meglio pioggia, vento e fango, che almeno c’era un po’ di epica anche per noi, eravamo lì a giocare, sempre gli stessi, nessuno disposto a rinunciare, per nessun motivo.
    Una storia di amicizia maschile come tante altre, fatta di alti e bassi. Sì, ma quella era la nostra. E quella è diventata la nostra spiaggia, il nostro posto. In paese, ovviamente, eravamo gli unici a difendere quel terreno e quella spiaggia.
    Poi, come tutte le cose, è finita. Siamo diventati grandi, ognuno ha fatto le sue scelte, magari la vita le ha fatte per noi, comunque quel periodo si è chiuso, e con lui la giovinezza. Forse tutta la costanza, la determinazione, la gioia che abbiamo messo, in quegli anni, nell’andare tutti i sabati in un campo brullo, vicino a una spiaggia inservibile, non è stato altro che un preparare, lentamente ma consapevolmente, la fine del nostro periodo più spensierato, più libero.
    Io ho fatto la scelta più crudele e meschina. Andarmene.
    Lasciare la Sardegna. Lasciare la mia isola ed emigrare. Dentro di me, l’avevo sempre saputo, a nessuno l’avevo confessato. Ma il passaggio, la decisione di andarsene e di non restare è stata, ed è, un tradimento. Così l’ho vissuta all’epoca, così mi ritorna ogni tanto, sebbene non mi sia mai pentito. Semplicemente, dovevo farlo e lo sapevo. Era destino, usiamo questa parola così poetica, così autoassolutoria.
    Quando te ne vai dalla tua terra natale, e a maggior ragione da un’isola, e a maggior ragione dalla Sardegna, te ne vai per sempre. Indietro non si torna, anche se poi, certo, capita di farlo. Addirittura molti, finita la parentesi esterna, vi si ristabiliscono in età matura…
    Ma è lo strappo quello che conta, e nulla sarà mai più come prima.
    Un giorno, anni dopo la mia partenza, il campo ormai abbandonato, ricoperto di sterpaglia (almeno immagino, perché, dopo, non ci sono mai più tornato per davvero), ma custodito intatto dentro di noi, o almeno alcuni di noi, stavo camminando per la spiaggia di Cussorgia.
    Ho trovato un osso di seppia. Non so come mai, ne avrò trovate altre centinaia nel corso della mia vita in spiaggia, ma, quella volta, mi è tornata in mente la poesia Spiaggia a Sant’Antioco. Automaticamente me la sono recitata…
    Ma certo! Ecco cosa ha visto Quasimodo sulla spiaggia. Un osso di seppia. Magari c’era pure un gioco letterario, un’evocazione coperta di Montale, un debito poetico da saldare. Chissà.
    Però… Era un banale osso di seppia, lo stesso che io avevo in mano in quel momento
    ..
    di questi mari in cancrena,
    affiora bianco scheletro marino.
    ..
    Allora, quel giorno, davanti a quel reperto, mi era finalmente chiaro anche il resto della poesia, ero in grado di capire. E mi parlava con una chiarezza sconosciuta. Non più da poesia, e non più a un lettore, ma da amico, da confidente, da confessore.
    E tu, mi diceva,
    senti una povera vertebra umana
    consorte a quella che il flutto
    logora e il sale.
    Io – posso dire noi sardi o, almeno, noi antiochensi – di quelle spiagge, delle più brutte, delle meno cartolinesche, delle più amare, di quelle terre eravamo, e siamo, consorti di quel piccolo resto animale, logorati tutti dal sale e dal flutto.
    Eravamo così da millenni, figli del mare e del sale, della sabbia, del fiele delle crete, cresciuti in una terra d’ossidiana, la pietra nera il cui buio sale dal cuore della terra
    E la poesia mi diceva anche il resto.
    Vedi, mi diceva, tutto questo ha un senso, e ha un perché. Questo osso di seppia che hai trovato, proprio qui, proprio ora, ti viene a ricordare chi sei.
    Fino a che memoria ti sollevi
    a sospirati echi,
    dimenticata è morte:
    e la candida immagine sull’alghe
    segno è dei celesti.
    Ricordarsi chi si è, da dove si viene, è una delle arti più difficili, più complesse.
    Ma anche più subdole.
    Perché non c’è nessun merito nell’essere nati in un posto anzi che in un altro. E solo chi non ha costruito nessuna identità propria di essere umano, di persona, nessuna coscienza di sé, si appiglia all’appartenenza geografica come a un dato qualificativo.
    No, la mia sardità è oggettiva e non significa nulla, né meglio né peggio degli altri. Non è un vanto, non è un demerito.
    Ma è qualcosa… di inoppugnabile, di decisivo.
    Ogni giorno, quando arrivo al lavoro, per poter entrare in contatto con il mondo esterno, devo digitare una password. Lo facciamo tutti, siamo costretti a questi piccoli, inutili, segreti quotidiani, le password. La mia, avete già capito, è cussorgia. Ho sentito altri amici, soprattutto sardi, ma forse è un dato comune, che utilizzano come password, come identificazione, un luogo della loro memoria, un luogo dove sono stati felici. Lo farete anche voi. Non un nome di persona, che so i figli, gli amanti, i gatti, no, proprio il nome di una località.
    L’identità come password, la mia Sardegna come mezzo per aprire un mondo, mi sembra una meravigliosa, banalissima, sublime metafora. La spiaggia è simbolo di limite, di confine, di frontiera. La spiaggia conosce l’immensità del mare e lo teme, lo rispetta, eppure la spiaggia c’è, ci siamo, la spiaggia è terra che ha vinto il mare, e noi facciamo parte di questa terra e possiamo prendere il largo, a partire da questa spiaggia…
    E’ così che posso chiudere, citando l’altra poesia che avevo promesso. Ne cito solo un brano, lo riconoscerete subito. È di un poeta greco, Costantino Kavafis, e parla di un’isola. Non ci dice che sia bella o brutta, non è importante.
    Sempre devi avere in mente Itaca
    raggiungerla sia il pensiero costante.
    Soprattutto, non affrettare il viaggio;
    fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
    metta piede sull’isola, tu, ricco
    dei tesori accumulati per strada
    senza aspettarti ricchezze da Itaca.
    Itaca ti ha dato il bel viaggio,
    senza di lei mai ti saresti messo
    sulla strada: che cos’altro ti aspetti?
    E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
    Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
    già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
    Non c’è bisogno di dirvi che per uno come me, isolano doppio, Itaca e Sant’Antioco coincidono. E non c’è bisogno di dirvi che, nel mio portafogli, ho aggiunto un foglietto, che, ogni volta che passeggio in una spiaggia, guardo bene. Perché i segni dei celesti arrivano. Sempre. E, sempre, quando meno ce lo aspettiamo.
    E ci ricordano chi siamo, da dove siamo venuti, e, per chi ci crede abbastanza, ci ricordano che possiamo dirlo agli altri, con la parola, con la poesia, o possiamo ripetercelo tutti i giorni a noi stessi, nascondendoci e aprendoci al mondo con un piccolo segreto, la forza di una password, che a volte assomiglia a quella di una spiaggia, magari brutta, desolante, imperfetta. Eppure così nostra, così nostra, così nostra.
    STEFANO SALIS
    Testo letto a Milano 1 luglio 2013 ( pubblicato negli Annali di Storia e Archeologia Sulcitana 2013)
    —–
    Dicevo in apertura non tutti possono capire, confermo, non tutti possono capire se non hanno vissuto ovvero vivono l’emigrazione. Perché questo inciso, il gruppo sei di Sant’Antioco se … risulta essere uno strumento di aggregazione, di ricordi, di speranza, un cordone ombelicale che tiene uniti. Ho molto apprezzato lo Stop deciso dato agli aspiranti politici che si affacciavano leccandosi i baffi nel gruppo per tanta abbondanza di iscritti. “BRAVI” continuate così, portando in alto il nome della nostra terra, i nostri ricordi i nostri affetti.
    In questo caso il web risulta essere la medicina giusta per chi soffre il mal di Sant’Antioco. Qualche mese prima che venisse formato questo gruppo sono stato invitato da Elisa Sodde a tenere una Conferenza a Noale e una a Bovolone in quella circostanza abbiamo in qualche modo anticipato ciò che oggi vivete. L’incontro con l’amica Rosanna Selis, con Gianmarco Diana, la stessa Elisa con il circolo Sardo di Verona ci ha fatto vivere un’ intenso momento di aggregazione nel nome di Sant’Antioco in effetti speravo in un ritorno così come fanno i Nostoi, bene, voi ci siete riusciti quindi B R A V I S S I M I ragazzi siete nella direzione giusta avanti tutta e congraturazioni.
    Roberto Lai

  5. Bene, bellissimo … quasi incredibile!
    Alla fine sta venendo fuori un articolo scritto a più mani che sembra metter cordialmente insieme la c.d. “meglio gioventù” antiochense attorno ad un intento fortemente motivante ed un grande e meraviglioso progetto.
    “Meglio gioventù”, in senso lato, visto che non siamo tutti giovanissimi anagraficamente, ma lo siamo certamente nello spirito e nella volontà – ovunque ognuno di noi si trovi a lavorare, abitare – di far bene per il nostro paese natale che ci contraddistingue e ci caratterizza nello spirito di appartenenza, la nostra Isoletta, la nostra Itaca, come la chiama il poeta greco C. Kavafis citato dal nostro compaesano Stefano Salis nel suo contributo intitolato “Il segreto della spiaggia” apparso sugli ANNALI di Storia e Archeologia Sulcitana 2013 a pagg. 167 ss. – Grazie Roberto per averlo inserito: bellissima idea! –
    UN SENTITO GRAZIE ED UN ABBRACCIO A TUTTO IL GRUPPO, SPERANDO CHE SIA SOLO L’INIZIO DI TANTE ALTRE INIZIATIVE TOTTUS IN PARI.

Rispondi a Danilo Crastus Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *