RICORDO DEL PROFESSOR MARZIANO BRIGNOLI DAL PUNTO DI VISTA PERSONALE E DEI CIRCOLI SARDI DI PAVIA E DI CARNATE

I relatori al convegno su Asproni del 7 giugno 2008 al circolo "Logudoro" di Pavia: da sinistra Tito Orrù, Gesuino Piga, Arianna Arisi Rota, Marziano Brignoli, Paolo Pulina


di Paolo Pulina

1. La lezione che ci dà il prof. Marziano Brignoli con il libro dedicato a Casale Stàffora (Pavia), paese di origine della famiglia

Il registro on line dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane elenca cento monografie firmate dal prof. Marziano Brignoli, scomparso il primo agosto a 85 anni.

Tra le tante  opere (moltissime riguardano aspetti e figure della  storia del Risorgimento, disciplina di cui il prof. Brignoli era documentatissimo specialista: è stato, tra l’altro, direttore dal 1974 al 1989 delle Raccolte storiche del Comune di Milano) sono particolarmente legato, per ragioni professionali, a quelle sulla storia dell’Amministrazione provinciale di Pavia, della quale fu anche per alcuni anni funzionario; ma motivazioni affettive mi hanno sempre fatto ammirare un  suo volume di storia locale.

Ho svolto per due anni consecutivi per l’Unitré di Pavia un corso su “I paesi e la loro storia” durante il quale ho esaminato, spesso alla presenza dell’autore/autrice della singola pubblicazione, una selezione delle monografie dedicate negli anni  recenti alle storie dei Comuni e delle loro frazioni: numerosi sono, infatti,  i paesi e le città della provincia di Pavia che dispongono di un volume monografico sulla propria storia, ora affidato alle cure dell’appassionato locale ora a quelle dello storico “professionista”.

L’esame approfondito di  queste opere mi è sembrata  una occasione propizia per ripercorrere  la storia delle realtà minori (quindi anche delle frazioni), spesso misconosciute,  del territorio della provincia di Pavia.

Per quest’ultima direzione di indagine è ammirevole il volume di Marziano Brignoli “Notizie su Casale Stàffora e la sua valle”, 140 pagine ripubblicate in seconda, ampliata  edizione nel 2005 dalla  CEO di Voghera (la prima edizione risale al 1985). Questo libro ha confermato la mia opinione sulla positività della storia di paese quando è scritta da un ricercatore nato o residente in quel determinato luogo o, come nel caso di Marziano Brignoli, nato da famiglia originaria del paese oggetto della ricerca.  In questi casi  il coinvolgimento emotivo dell’autore dà vita a una storia che chiamerei “calda”, perché piena di passione e di sentimento: il contrario insomma della storia “fredda”.

Il volume narra vari momenti della plurisecolare storia di un piccolo, antico paese delle montagne dell’Oltrepò: Casale Stàffora, nella valle in cui scorre, dandole il proprio  nome, il torrente Stàffora,

che nasce dalle alte quote prative e che porta le proprie acque al Po.

Si hanno notizie di Casale Stàffora fin dal secolo XII e nei tempi che seguirono vi si svolsero vicende ora di pace ora di guerra, sempre di aspra fatica per gli abitanti, impegnati a “spremere” i loro campicelli per ricavarne il raccolto meno magro possibile.

La modesta economia rurale veniva integrata con i proventi apportati, così come negli altri paesi montani, dal lavoro delle ragazze  che si trasferivano nei mesi estivi in pianura per l’annuale, sfiancante attività di  “monda” del riso.

Casale Stàffora fu feudo malaspiniano, poi compreso nel ducato di Milano; poi la Valle Stàffora fu territorio della corona di Spagna, poi di Casa d’Austria, quindi di Casa Savoia;  poi venne l’impero napoleonico e finalmente l’Unità d’Italia. Quando fu proclamato il Regno d’Italia, il 17 marzo 1861, Casale Stàffora, con tutto l’Oltrepò pavese, faceva parte della Provincia di Pavia, istituita con la legge 23 ottobre 1859 n. 3702. Nel 1923 un cambiamento di circoscrizioni amministrative interessò anche la valle Stàffora: Casale con altre frazioni entrò a far parte del Comune di Santa Margherita Stàffora, già Santa Margherita di Bobbio.

Marziano Brignoli ben argomenta che, sotteso alle vicende politiche, era sempre il continuo e usurante lavoro delle laboriose genti di montagna. Mancavano strade rotabili; il trasporto delle merci si faceva con i muli; gli uomini e le donne e i ragazzi andavano a piedi. Solo qualche notabile (parroco, medico, mercante di bestiame, ecc.) aveva il cavallo. Non vi erano mezzi di trasporto agricoli su ruota ma su pattini, indispensabili per superare le asperità e le pendenze delle mulattiere e dei sentieri.

I poteri pubblici erano inesistenti; si manifestavano soltanto con la cartella delle tasse e la cartolina per la chiamata o il richiamo alle armi, negli Alpini, in genere, e nei battaglioni piemontesi. Nel periodo fascista nulla fu fatto per questi  montanari, nonostante la sbandierata volontà di  “andare verso il popolo”. La vita era dura e stenta e non è proprio il caso di  rimpiangerla, come a parole fanno  alcuni che non hanno mai conosciuto la fatica del lavorare i campi con la sola forza delle braccia.

Il libro di Marziano Brignoli costituisce un contributo alla storia tribolata (a contatto con la natura, sì: ma a che prezzo?) delle genti della montagna pavese, offre ai lettori un vasto campo di ricerca e, anche,  una utile occasione di meditazione in quanto ci dà una lezione esemplare di carattere generale: chi è sfuggito – grazie all’applicazione virtuosa nella “coltivazione” degli studi – alla “condanna” alla faticosa coltivazione dei miseri campi, può dare prova di condividere i valori, i principi morali della propria comunità di nascita/appartenenza  raccogliendo “laboriosamente” tutte le informazioni storiche che di essa ricostruiscono la vita attraverso i secoli, dandole coerenza e significatività.

In questa direzione Marziano Brignoli ha aperto una strada “maestra”, degna di essere seguita. Personalmente, nel mio piccolo,  l’ho tenuta presente nella opere storiche che ho dedicato al mio paese d’origine in Sardegna: Ploaghe è stata anche sede vescovile ma le modalità di sopravvivenza della sua popolazione non sono state nei secoli meno “sacrificate” di quelle di Casale Stàffora!

Con una battuta, che avrebbe fatto sorridere l’autoironico prof. Brignoli, dico: d’altra parte le due località paesane, prima che nello stesso Regno d’Italia, non erano state insieme per decenni nello stesso Regno di Sardegna? 

2. Le visite dei Circoli sardi di Pavia e di Carnate al Tempio Sacrario della Cavalleria di Voghera negli anni in cui ne fu priore il prof. Marziano Brignoli

Nella primavera del 2001 l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Pavia curò la pubblicazione di un volume e di un CD-ROM sulla chiesa dei Santi Ilario e Giorgio di Voghera, nota anche come “la chiesa rossa” (per il vivo colore dei mattoni), che è sede del Tempio Sacrario della Cavalleria Italiana, con gli stemmi dei reggimenti di cavalleria riprodotti in eleganti ceramiche novecentesche. Nel volume e nel CD-ROM sono reperibili la scheda descrittiva particolareggiata e lo stemma del glorioso reggimento degli “Squadroni Sardi”.
Ecco la descrizione dello stemma che ne diede il prof. Marziano Brignoli, allora Priore del Tempio Sacrario  (lo è stato dal 2000 all’aprile del 2009): “Scudo sannitico d’argento sormontato da corona reale, alla croce di rosso accantonata (adornata nei quattro cantoni) da quattro teste di moro al naturale bendate d’argento, che è di Sardegna”. Il motto è: “Solu in sa morte zedere”.
Quella scheda del prof.  Brignoli mi suggerì di proporre una visita sia al Circolo culturale sardo “Logudoro” di Pavia sia al Circolo sardo di Carnate (MI): e in effetti una comitiva di soci dei due circoli, in tempi distinti, ha visitato il sacrario.

Ritrovare all’interno di questa storica chiesa vogherese uno stemma con i Quattro Mori e con un motto in lingua sarda procurò una certa emozione ai visitatori di origine isolana. L’emozione fu  accentuata dal fatto che nelle lapidi sia all’interno sia all’esterno dell’edificio cultuale sono ricordati altri valorosi cavalieri sardi e viene documentato il tributo al valore dei reggimenti della Cavalleria Italiana da parte di diverse città della Sardegna. 

3. Il prof. Marziano Brignoli relatore a un convegno  su Giorgio Asproni organizzato dal Circolo “Logudoro” (Pavia, 7 giugno 2008) 

Nel pomeriggio del 7 giugno 2008, presso la sede sociale, il Circolo culturale sardo “Logudoro” di Pavia, in collaborazione con la Federazione delle Associazioni Sarde in Italia (FASI) e con la Regione Autonoma della Sardegna-Assessorato del Lavoro, con il patrocinio dell’Università di Cagliari-Facoltà di Scienze Politiche e del Comune di Bitti (Nuoro) nonché della Prefettura, dell’Università, della Provincia e del Comune di Pavia, organizzò un convegno sul parlamentare sardo Giorgio Asproni, nella ricorrenza del bicentenario della nascita.

Il  convegno, dal titolo “Fede nella democrazia e nella repubblica e realismo politico in Giorgio Asproni” (gli atti sono stati pubblicati a cura mia e di Gesuino Piga) indagò anche  i rapporti che Asproni tenne con i  rappresentanti della Democrazia lombarda e pavese in particolare.

Relatori: Arianna Arisi Rota,  Tito Orrù, Luigi Lotti, Gesuino Piga e Marziano Brignoli, che illustrò “il rapporto di Giorgio Asproni con la Democrazia lombarda, in particolare con Cesare Correnti e con Agostino Bertani”.

 

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Un commento

  1. Francesca Brignoli

    Un ringraziamento speciale a Tottus in pari e al giornalista amico Paolo Pulina per la professionalità, la sensibilità e la generosità con cui hanno voluto ricordare mio padre Marziano Brignoli e i suoi legami con la storia della Sardegna e la comunità sarda.
    Francesca Brignoli

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