CLAUDIA CORONA, INSEGNANTE D'ITALIANO IN FRANCIA: "BISOGNA ESSERE CURIOSI E VIAGGIARE. UN DOCENTE SERIO NON PUO' PERMETTERSI LA NOIA"

Claudia Corona


di Giovanni Runchina *

La parola più usata nel suo vocabolario di vita è: viaggiare. Per conoscere se stessa e il mondo, nel solco di una generazione che è cresciuta imbevuta nei romanzi di avventura di Salgari e di Verne, e anche per rinnovarsi continuamente perché «un insegnante serio non può permettersi la noia». Docente di lingua italiana ad Amiens, Claudia Corona, 51 anni, cagliaritana è un’ambasciatrice a tutto tondo della nostra cultura. «Insegno anche la civiltà, la cultura e faccio corsi finalizzati alla certificazione CILS (Certificazione Italiano Lingua Straniera), facilito i contatti con la scuola italiana progettando gli scambi di classi. Mi capita – continua – di tenere lezioni monografiche su argomenti che riguardano l’Italia sulla quale c’è grande curiosità. Una cosa è certa, l’idea dell’Italia e della Sardegna che si ha all’estero è positiva. Non l’opinione su chi la governa. Ma l’amore e il piacere di apprendere l’italiano, considerarla una lingua elegante e armoniosa così come eleganti, in generale, sono considerati gli italiani, anche se sorprendente, è quello che nel mondo rende l’Italia ancora il paese della bellezza e della dolce vita». Un’esperienza vissuta all’insegna della passione, attingendo a tutti i possibili metodi utili a catturare l’attenzione degli allievi: dalle nuove tecnologie informatiche a quelle più collaudate come il teatro, l’esercizio creativo di scrittura e lettura. Sia ora che, in precedenza, nei dieci anni di logorante precariato e altrettanti di ruolo al Centro Territoriale Permanente di Quartu Sant’Elena, ultima sede prima della partenza. Decisione, quest’ultima, maturata per la voglia di fare una nuova esperienza: «Non esiste niente di simile a una progressione nella carriera normale di un insegnante in Patria. La piattezza del percorso lavorativo di un professore italiano non ha eguali, penso. Con la crisi economica poi, tutto è stato ulteriormente congelato». Nel 2010 il trasferimento Oltralpe, dopo essere entrata nel 2006 nella graduatoria ministeriale per insegnanti d’italiano all’estero; quasi la chiusura di un cerchio aperto con la tesi su un’intellettuale francese, Colette: «Una scrittrice ammirata, raffinatissima e libera come l’aria in tempi – racconta – in cui le donne erano sottoposte a regole rigide e a imposizioni maritali e sociali; un modello per me». Lo spazio per lo svago è ridotto al minimo, la nostalgia della famiglia invece fa capolino spesso; tuttavia la lontananza fa emergere anche altri aspetti: «Solo di recente ho scoperto quanto mi manchi il sole. Nel nord della Francia il buio e il freddo durano a lungo. Ecco, la sorpresa di ammirare Cagliari dopo un acquazzone, brillante, calda con un cielo incredibilmente azzurro, mi ha rivelato quanto la luce e il sole, in realtà, mi siano necessari per fare il pieno di energia. Capisco come ci si possa immalinconire dopo giornate di tempo grigio. Per fortuna l’estate la trascorro tra i miei affetti, al sole, al mare, sotto l’inesorabile cielo blu della Sardegna». Per il resto le giornate di Claudia sono scandite dal ritmo delle attività scolastiche: «Rientro a casa in genere verso le sei e mezzo di sera e mi occupo della preparazione delle attività per il giorno successivo. Qui la permanenza fisica a scuola, occupa un posto preponderante, a differenza di quanto accade in Italia». Ma anche l’impostazione complessiva del sistema è profondamente diversa soprattutto su due versanti: «Il primo è l’organizzazione verticistica, contro la nostra “democrazia orizzontale”. Ciò produce un’inferiore conflittualità interna, ma anche un grande potere nelle mani del preside che può facilmente censurare l’insegnante, tramite visite ispettive, se lo ritiene necessario. Tuttavia l’ispettore è anche il mezzo attraverso cui avanzare in carriera con aumento di stipendio». «Altra caratteristica importante – spiega la professoressa cagliaritana – è il ciclo secondario di primo grado che dura quattro anni contro i nostri tre, mentre il liceo termina tre anni dopo. I ragazzi sono fuori a 17 / 18 anni, pronti per l’università o le scuole post diploma, cioè un anno prima dei nostri. Il vantaggio delle scuole italiane su quelle francesi, devo ammettere, è una maggiore attenzione alla cura degli allievi e programmi scolastici meno dispersivi. In Francia, capita che gli alunni “discoli” siano espulsi senza appello e costretti a cercarsi un istituto disposto ad accoglierli, così come accade che i rapporti tra docenti e ragazzi siano davvero distanti. Ci sono però i risvolti positivi, soprattutto organizzativi: dal personale alla mensa sino alla carta igienica e al sapone nei bagni». Un aspetto, quest’ultimo, che richiama all’endemica mancanza di risorse da destinare al nostro sistema formativo. Tendenza di lungo periodo che può essere invertita: «La carenza cronica di fondi potrebbe essere superata grazie ai numerosi progetti europei che, se fossero un po’ meno laboriosi dal punto di vista burocratico, permetterebbero la mobilità di molti più studenti e insegnanti. Ho sempre pensato che il livello di civiltà di un paese si misuri attraverso la vitalità e la qualità della sua scuola. Ritengo che in Italia il “genio” degli insegnanti sia capace di fare tanto, i miracoli – conclude tagliente la docente cagliaritana – non sono la sua prerogativa. Ancora no».

* Sardinia Post

 

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Un commento

  1. Già.. !!! Confesso che qualche volta mi sarebbe pure piaciuto annoiarmi” Mai successo, veeero ex alunni?

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