RICORDATA LA FIGURA DEL POLITICO SARDO ENRICO BERLINGUER: A MILANO, ALLA LIBRERIA "DEL MONDO OFFESO" CON EUGENIO ALLEGRI


di Sergio Portas

Quando il movimento cinque stelle si chiamava ancora “amici di Beppe Grillo”, un fenomeno non solo mediatico, veicolato comunque dalla rete di internet, che sta subendo un clamoroso successo, con migliaia di giovani che si riuniscono per dare vita a manifestazioni, eventi, i più disparati che interessano le vite delle persone, dal no alla privatizzazione dell’acqua potabile al no agli inceneritori vicino alle case. Sono anni luce più avanti nella comunicazione, grazie anche al Beppe nazionale, capace di urlare le sue provocazioni dai palchi dei teatri alle assemblee degli azionisti Telecom”. Sei anni fa già era partito il rivolo che sarebbe sfociato nello tsunami elettorale che conoscete, ma non avrebbe avuto tanta intensità se dinanzi non avesse trovato le macerie del sistema politico dei partiti, la cui frana è da imputarsi, almeno dal punto di vista temporale, alla fine degli anni ottanta. La nascita di un partito televisivo-populista, assolutamente padronale, che avrebbe (s)governato il paese per quasi un ventennio ne ha certificato la morte definitiva. E ora tocca alla Democrazia (con la d maiuscola) dimostrare la sua vitalità, trovando all’interno delle sue istituzioni la fantasia per far convivere un movimento che pure le vorrebbe rivoltare come un calzino, con l’esigenza di governabilità del paese, stremato dagli anni predatori del berlusconismo, dalla “cura Monti”, che i maggiori partiti odierni hanno spacciato  a barriera contro il default economico-finanziario, e dalla crisi globale che parte da un eccesso di offerta di beni che nessuno può più permettersi di comprare come prima. Che a pagare tanto sconquasso siano le classi meno tutelate da sempre è una ovvietà che non vale la pena di supportare con esempi di sorta. Bastano e avanzano le statistiche dell’aumento di povertà, cassa integrazione, disoccupazione. “Si parva licet componere magnis” (Virgilio, rubo da lui questa citazione, confrontava le cose piccole con le grandi a proposito del lavoro delle api  con quello dei Ciclopi) io mi ero accorto allora dell’arrivo impetuoso dei “grillini” come Enrico Berlinguer si era accorto della ingloriosa fine del partito politico italiano. Nel 1981 diceva: “I partiti di oggi sono sopratutto macchine di potere e di clientela: Idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile , zero. Gestiscono interessi, talvolta anche loschi, senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, senza perseguire il bene comune. Sono piuttosto federazioni di correnti, ciascuna con “boss” e “sotto-boss”. Penso che la degenerazione dei partiti sia il punto essenziale della crisi italiana”. Ed è qui a Milano, al teatro Franco Parenti, che va  in scena lo spettacolo che il regista Giorgio Gallione, dello stabile di Genova, ed Eugenio Allegri, interprete del monologo “Berlinguer. I pensieri lunghi”, mischiando sapientemente la biografia del nostro tattarino con testi di Gramsci, Calvino, Saramago, Sciascia. Uno spettacolo che gira da un po’ per l’Italia con buon successo sia di critica che di pubblico. Ne parla , oggi 5 marzo, l’attore Eugenio Allegri, nella nuova sede della “Libreria del mondo offeso”, che patisce lei pure l’onda lunga della crisi con il forzoso  trasloco in una sede meno prestigiosa e centrale della precedente. Anche se qui, davanti alle sue tre vetrine nuove, possono scatenarsi i ragazzini a correre dietro un pallone senza tema di venire arrotati dalle macchine milanesi, e tocca di pensare che prima o poi anche quelle vetrine  saranno informate di tanto agonismo calcistico. Sarebbe piaciuto anche a Enrico Berlinguer  fare due tiri al pallone qui dinanzi, gran tifoso del Cagliari, quando girava pei rioni romani di periferia con la scorta al seguito, non si vergognava di tirarsi su i risvolti dei pantaloni e di buttarsi nella mischia con gli scugnizzi romani. Scrive Sara Chiappori su “Repubblica” del 6 marzo: “Erano “pensieri lunghi” quelli del segretario del Pci, leader che conquistava le piazze con il carisma della sobrietà e il coraggio dell’utopia. Amatissimo proprio per quel suo essere schivo ma capace di far sentire tutti parte in causa, ai suoi funerali accorsero più di un milione di persone. Quattro giorni dopo, il 17 giugno 1984, alle elezioni europee il Pci per la prima volta nella storia superò la Dc”. E ci pensa Eugenio Allegri a ricordare al pubblico milanese da dove abbia iniziato la sua carriera, quali siano state le radici che hanno supportato l’albero della vita di Enrico Berlinguer. Legge per questo dal libro di Giuseppe Fiori: “Vita di Enrico Berlinguer”, Laterza editori,che comincia così parlando di Sardegna: “Sassari, sera ventosa di mercoledì  12 gennaio 1944… E’ un inverno di fame dura. Ogni mattina torme di popolane escono dalle città e dai villaggi per raccogliere erbe selvatiche, mangiate senza condimento, companatico di soli centocinquanta grammi di pane a testa per l’intera giornata. Nella luce rossa d’una lampadina debole una ventina di ragazzi dei rioni popolari – Sant’Apollinare, San Donato, Le Conce – ascoltano il segretario del movimento giovanile comunista, uno studente di ventidue anni  prossimo alla laurea in legge, non alto, dimagrito dentro l’abito di sempre, che gli casca largo, le orecchie ad alettoni, i capelli neri corti, a spazzola, la fronte corrugata in faccia liscia: Enrico Berlinguer, d’una famiglia della piccola nobiltà agraria e professionale…” (pag.3). Li sta convincendo che è venuto il momento per manifestare con la gente per l’annata rovinosa: deludente il raccolto del grano, l’oliva è magra e da poco olio, impoverito il patrimonio zootecnico da quattro anni di requisizioni di guerra. Enrico e i suoi amici finiscono in carcere, dove lui ci starà per cento giorni, a consolazione la caserma dove per primo viene trattenuto è intitolata a un suo antenato con medaglia d’oro al merito, Gerolamo Berlinguer. Da lì direttamente a Roma dove scalerà i gradini che lo porteranno alla segreteria del più grande partito comunista che l’occidente abbia mai avuto. Parla della sua esperienza nel partito comunista Eugenio Allegri, del ’56 nato a Grugliasco, periferia operaia di Torino, allora. Gli anni della scuola di elettronica, il clima politico degli anni settanta, tempi in cui tutta la cultura italiana dialogava col Pci e la politica cercava di interpretare la società. Lo interroga Pier Paolo Farina che di anni ne ha appena ventiquattro, dice di lui Nando della Chiesa: Pierpaolo è un brillante studente universitario (corso magistrale in Scienze sociali) ammesso e tornato a razzo dalla London School, dopo averne scoperto l’allergia verso i portafogli leggeri. Polemico verso i partiti, ne trova ed elenca impietosamente i vizi e le magagne senza risparmiarne nessuno. Solo il mito dell’ultimo grande segretario comunista gli scalda politicamente il cuore. Per questo ha dato il via a un sito dedicato a lui: www.enricoberlinguer.it .Una media mensile di diecimila visitatori al giorno. E’ lui ad aver promosso la raccolta di firme per intitolare una piazza di Milano a Berlinguer, cinquemila in città e quindicimila in provincia, all’evento erano presenti le figlie di Enrico e il sindaco Pisapia nonché quello di Genova neoeletto Doria. Nel sito anche una petizione da firmarsi per replicare l’evento in altre sette città, ed è solo l’inizio. Farina fa domande intriganti sull’ ”ultimo Berlinguer”, quello dei movimenti per la pace, la questione ambientalista, la fine della spinta propulsiva della rivoluzione russa, l’austerità, la questione morale. Allegri risponde come può, comunque da quel talentuoso attore che è incanta il pubblico presente. Mi dice che lo spettacolo dal 4 al 7 aprile sarà in Sardegna, due recite a Sassari, una ad Oristano e a Nuoro. Chiude dicendo, con accento sardo, cosa pensasse del periodo passato in gattabuia Enrico berlinguer: “La galera è stata formativa”. Punto.

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Un commento

  1. Bell’articolo,mi ci sono ritrovato perchè anch’io che sono del’52 ho passato quel periodo e ho potuto osservare il progressivo allontanamento del PCI dalle masse operaie e piu’ in generale dalla societa’ .Enrico era una persona che quando parlava,sentivi che ci credeva a quello che diceva.E’ stato l’ultimo idealista.

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