LA MOSTRA A BERLINO "PAESI CIVILIZZATI" CON IL "SARDISCHES KULTURZENTRUM": L'INTERVISTA ALLA CURATRICE LARA MELIN

nella foto, l'autrice dell'intervista


di Raffaella Enis

Nell’ambito della manifestazione artistica Artkreuzberg, Il Caffe degli Artisti in collaborazione con il Sardisches Kulturzentrum Berlin ha ospitato la mostra “Zivilisierte Landschaften | Paesaggi civilizzati”, con scatti raccolti tra la Sardegna e Berlino. Le foto ritraggono aree alienate con fabbriche dismesse, terreni inariditi da saline e agricoltura intensiva, vecchie reti ferroviarie e scavi a cielo aperto, in un mosaico di visioni e impressioni che restano sospese. Come il senso di rovina e di isolamento delle foto di Nick Argiolas scattate tra Sarroch e Macchiareddu. L’alienazione e il disorientamento negli scatti di Massimiliano Perasso. Paesaggi desertificati e segni di vita nelle immagini di Alessandro Loddi. La monotonia di paesaggi anonimi fotografati da Ulrike Ludwig e Winfried Mateyka. La luminosità dei colori di Giancarlo Deidda in paesaggi che non sono più paesaggi. E infine l’estetica hollywoodiana delle immagini di Lara Melin, ideatrice della mostra; il Sardisches Kulturzentrum Berlin e.V. l’ha intervistata.

Quando pensiamo alla Sardegna ci vengono in mente paesaggi selvaggi e una natura ancora intatta. Nella mostra fotografica: “Paesaggi civilizzati”, all’interno della manifestazione artistica “Artkreuzberg 2012”, è stata rappresentata invece una Sardegna alienata. Come è nata l’idea di raffigurare la Sardegna in questo modo? Questa idea è nata dopo aver visto alcune foto di Nick Argiolas che ritraevano vecchi impianti industriali non più funzionanti, siti nelle campagne della Sardegna. Ho poi sviluppato questo concetto, perché ho trovato interessante il fatto che la gente potesse vedere un altro aspetto delle cose, e non le solite foto cliché. La natura incontaminata della Sardegna è una realtà, ma non è l’unica realtà,  ho voluto mostrare l’altra faccia della medaglia.

Paesaggi che non sono più paesaggi, ma che portano i tratti distintivi della civilizzazione. Questo era uno dei temi portanti della mostra, si tratta di una contraddizione, come è rappresentato questo tema nelle tue foto? Le mie foto riguardano in particolare paesaggi tedeschi. C’è effettivamente un conflitto tra l’estetica che utilizzo e i suoi contenuti. Si tratta della distruzione del paesaggio, ma nella rappresentazione l’estetica abbellisce il paesaggio, alla maniera hollywoodiana, con toni caldi e dorati. Attraverso questa contraddizione voglio incoraggiare le persone a pensare, e a chiedersi: “come mi pongo io davanti a ciò?”. Un certo tipo di bellezza in queste immagini si può davvero trovare. Le linee, i colori della sabbia e gli strati del terreno hanno il loro fascino. Infatti, per molte persone la tecnologia ha spesso qualcosa di affascinante. Ho voluto esprimere questa ambivalenza nei miei lavori.

La civilizzazione in Germania e in Sardegna ha preso forme diverse, come è rappresentata nei suoi lavori? Il concetto di civilizzazione è un concetto molto ampio, non si tratta solo di civilizzazione, ma in questo caso dello sfruttamento delle risorse naturali. Nelle immagini della Sardegna, scattate da due fotografi diversi, si trovano spesso le saline, che è qualcosa di tipicamente sardo. Queste mostrano come il terreno sotto la terra si asciughi completamente fino a diventare sterile, ciò non esiste in Germania, mentre in Sardegna non troviamo le coltivazioni a giorno di carbone, o almeno non in queste dimensioni.

Secondo te la civilizzazione può costituire realmente un danno per le zone incontaminate? La natura ha sempre l’ultima parola. La civilizzazione può tuttavia causare dei grossi danni, a seconda soprattutto del livello di consapevolezza che si ha dell’equilibrio ecologico. Non c’è civilizzazione senza natura, ma esiste una natura senza civilizzazione. Abbiamo moltissimi esempi dei danni che la civilizzazione ha prodotto attraverso l’ interazione con la natura, lo si può vedere anche nel declino della biodiversità, ovvero nell’estinzione di diverse forme viventi.

In che misura la civilizzazione ha modificato l’aspetto dei paesaggi e in Germania in particolare? In Germania esiste un concetto molto particolare ossia il “Kulturlandschaft”. Si tratta di paesaggi che hanno subito l’intervento dell’uomo in un’epoca in cui non esistevano delle tecniche troppo invasive, tali da rovinare il territorio. Nella Germania occidentale, alcuni di questi sono stati protetti, certo non sono più nel loro stato originale, ma l’intervento umano è sempre stato minimo, in modo che la natura si potesse adattare. Ci sono dunque paesaggi che hanno subito degli interventi, ma che possiedono ancora una forza naturale. Questo è un esempio di equilibrio ecologico, ma in altri casi ciò non avviene, come nelle coltivazioni a giorno. Il terreno viene infatti interamente rimosso per portare in superficie il carbone che si trova in fondo, a volte fino a centoventi metri di profondità. Per questo scopo tutto ciò che si trova sul terreno deve essere strappato via. Quindi tutto viene radicalmente distrutto e dopo è difficile riportarlo alle condizioni naturali d’origine.

Nel 2011 avevi organizzato un’altra mostra di scatti fatti in Sardegna: „Mondküste“(La costa della luna), come erano rappresentati i paesaggi sardi da questo punto di vista? A primo impatto sembra che siano solo delle semplici pietre di roccia naturale. Ma se le si guarda più da vicino si notano altre cose, e viene da chiedersi: “le ha create l’uomo o la natura?”. In questa serie di foto ho cercato di esplorare questa ambiguità. Non capiamo infatti se si tratta di uno scherzo della natura o un luogo di culto precedente. A volte ci sono cose semplici, come ad esempio una grossa pietra al centro in una pianura di roccia, e allora mi chiedo: “è caduta dal cielo, o qualcuno l’ha portata fin qui? E per quale scopo?” Questi paesaggi si trovano davanti alla costa di Bosa Marina.

C’è un filo conduttore che lega la tua ultima esposizione a quella precedente? Si possono forse trovare dei paralleli, come l’ambivalenza tra la natura e l’intervento dell’uomo su di essa.

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