IL MONUMENTO ALLA BRIGATA SASSARI A UDINE CON IL CIRCOLO "MONTANARU": RIFLESSIONI DI UN GIORNALISTA FRIULANO

l'inaugurazione del monumento a Udine


di Paolo Cerno

Nella pluridecorata Brigata Sassari prestava servizio anche qualche Friulano. Uno si chiamava pasqualino Fior, era un tenente della I Compagnia del 151° reggimento, ed era venerato dai suoi fedelissimi soldati che di nascosto, lo chiamavano “Fiorellino”. Era un friulano di Belvedere di Aquileia, dove possedeva della terra; taciturno, sempre vigile, tutto vedeva e di tutti si prendeva cura. La personale “balentia” che gli era valsa la stima e l’affetto di tutti, soldati e colleghi, l’aveva dimostrata nel febbraio del 1916 sul Carso, dove la Sassari era rimasta per oltre un mese ed aveva subito una strage. Era accaduto che il tenente Fior, rientrato in trincea dopo un attacco, aveva saputo che il sergente Guardacci non era rientrato. Senza indugio Fior era uscito di nuovo per cercarlo nella terra di nessuno, fin sotto al filo spinato nemico, rientrando qualche ora dopo, sorreggendo e trascinando il sergente con le gambe maciullate dallo scoppio delle micidiali pallottole esplosive. L’anno dopo, promosso capitano, comandava la I compagnia, e la Sassari era impegnata sull’Altipiano dei Sette Comuni a bloccare l’avanzata austriaca a Monte Zebio. Altro bagno di sangue con innumerevoli perdite ma, il capitano Fior fu uno degli ufficiali che cercarono di far desistere il maggiore Giuseppe Marchese dal voler procedere alla decimazione ordinata, ritenendo che i soldati che scappavano dai ricoveri colpiti dall’artiglieria nemica si fossero sbandati. Di questo episodio il regista Francesco Rosi ne tratto un film, “Uomini contro”, in cui appare che il maggiore Marchese viene fucilato dai suoi uomini che lo consideravano improvvisamente impazzito. Uno solo sparò al maggiore: fu il tenente Salis, come risulta da un manoscritto di Fior. Tutti videro, ufficiali e soldati, ma nessuno parlò! Nel maggio del 1918 ci fu un processo contro gli imputati Fior, Salis, mariani, Banu e altri, ma i giudici militari li mandarono assolti ritenendo che la soppressione del maggiore fosse necessaria in quanto impazzito. Ancora una volta gli uomini della Sassari non hanno lasciato un uomo solo a prendersi la colpa e sicuramente la condanna a morte. I Diavoli Rossi sardi, capaci di atti di eroismo inimmaginabili, non per nulla si sono meritati 9 medaglie d’oro, 6 ordini militari di Savoia, 134 medaglie d’argento e 417 di bronzo.

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Oggi abbiamo inaugurato il monumento alla gloriosa Brigata Sassari in uno spiazzo verde assegnato dal Comune di Udine alla comunità sarda rappresentata in città dal Circolo “Montanaru”. Toccante e gremita di autorità la cerimonia di scoprimento della lapide in granito di Gallura rappresentante una donna sarda in quasi mesto raccoglimento a protezione di un figlio caduto. Se il vetero dettame dei maestri scultori raccomandava agli allievi di bottega che “ars est imitatio naturae”, oggi guardando commossi il lieve chinarsi della muliebre figura in granito sardo si deve dire che “natura est inimitabilis”. Nessuna mano umana avrebbe potuto incidere con altrettanta vivezza e delicatezza quella dolcezza di donna. Un’altra figura di donna dolente forse può legittimamente affiancarsi a quella in granito. È la filiforme e dolce figura della vedova dell’alpino Luca Sanna, caduto da poco in missione di pace e che aveva scelto di abitare sui monti della Slavia friulana che gli ricordava le alture sarde. La vita dei caduti sardi sia di perenne monito ai vivi che passeranno riconoscenti innanzi a un monumento di imperitura gloria. Viva l’Italia, viva il Friuli, viva la Sardegna.

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2 commenti

  1. GRAZIE A TUTTI PER LA CALOROSA E COMMOSSA PARTECIPAZIONE.

  2. Il maggiore ucciso si chiamava Francesco, non Giuseppe, Si può fare anche una verifica sui sunti storici della brigata consultabili via internet. Grazie per le altre informazioni.

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