LA SARDEGNA SCOPRE FRANCESCA SANNA SULIS: LA TOPONOMASTICA FEMMINILE DELL'ISOLA LEGATA A UN SOTTILE FILO DI SETA


di Ornella Demuru e Maria Pia Ercolini

Una via della seta, meno esotica e più giovane di quella percorsa da Marco Polo, attraversa la Sardegna, da Muravera a Cagliari, passando per Settimo San Pietro, Quartucciu e Quartu S.Elena. Le sue tappe sono segnate dalla memoria toponomastica che omaggia una grande pioniera dell’imprenditoria femminile sarda: Francesca Sulis. Muravera, suo luogo natale, le dedica un museo, che ospita mostre temporanee, laboratori didattici, convegni e concerti. Figlia di ricchi possidenti di aziende agricole e allevamenti di bestiame, Francesca nacque nel 1716. Dopo il matrimonio con Pietro Sanna Lecca, si trasferì a Cagliari, dove ampliò la coltivazione familiare dei gelsi e avviò una fiorente coltura dei bachi da seta, creando, a Quartucciu, nei magazzini della sua casa, moderni laboratori dotati di telai d’avanguardia. Quartucciu non la dimentica: le intitola la biblioteca comunale e affigge una lapide in via Nazionale, sulla facciata di quella stessa casa che Francesca abitò fino alla morte. Anche Cagliari coglie l’importanza di siffatta eredità e in occasione del bicentenario della sua dipartita, nel 2010, pone una targa in via Lamarmora 61 che recita: “Qui visse donna Francesca Sanna Sulis – imprenditrice – stilista – educatrice”. Il suo ruolo sociale ed economico nell’isola fu enorme e a trarne i maggiori benefici furono le giovani sarde, emancipate dalla dipendenza genitoriale e maritale grazie alla scuola aperta da Francesca, che offriva alle ragazze una formazione professionale alla filatura e alla tessitura, la possibilità di remunerare il proprio lavoro e persino un telaio di fine corso, perché potessero continuare a produrre anche dopo il matrimonio. Centinaia di giovani donne di tutti i paesi della Sardegna frequentarono le sue aule. Grazie al clima addolcito dai venti africani, che permetteva una precoce schiusa dei semi, le sete di Donna Francesca, ritenute di altissima qualità, venivano apprezzate e richieste dai commercianti piemontesi e lombardi. Il conte Giulini, al tempo proprietario tra l’altro della ben nota villa di Arcore, richiese l’esclusiva della produzione e si arricchì con le sue stoffe. Francesca Sanna Sulis fu stilista e filantropa: inaugurò l’alta moda nella più pura delle tradizioni manifatturiere sarde, intrattenne rapporti d’affari con il fior fiore dell’imprenditoria comasca, vestì dame e principesse di casa Savoia, zarine russe e nobildonne di mezza Europa. Eppure l’Italia settentrionale e in particolare il comasco, che ospitò a lungo le sue collezioni, proposte al pubblico a palazzo Giulini, sembra averla dimenticata. Con la sola eccezione del comune milanese di Sedriano (al tempo fortemente coinvolto nelle attività seriche), che nel luglio scorso le intitola una rotonda spartitraffico adiacente al Parco delle Scuole e confinante con il territorio di Bareggio, nessuna strada del continente ne conserva memoria. Donna Francesca ha regalato esempi altissimi di umanità e di etica professionale – che andrebbero mostrati ancor più dove il motore dell’economia va su di giri – e con essi testimonianze d’amore per la sua terra, la sua cultura, la sua gente, le sue donne. Un amore che seppe coniugare con ideali di emancipazione, con forme di creatività e di innovazione, con il riconoscimento del valore-lavoro. E tutto ciò, oggi più che mai, merita di essere ricordato. Morì all’età di 94 anni, dopo aver donato tutti i suoi beni ai poveri di Muravera: un suggerimento a quanti fanno grande fortuna anche grazie del lavoro altrui. Nel suo testamento si legge: “In primo luogo ordino e comando che si dia sepoltura al mio cadavere nel modo più semplice e senza pompa alcuna […]. I beni del Sarrabus, terre e tanche (e vigne e giardini e case), è mia espressa volontà, si divida tra quei poveri di detta Villa di Muravera i più necessitati…”. Quartu S. Elena sceglie, come forma di memoria, la denominazione di un premio letterario e di un riconoscimento all’imprenditoria femminile. Nell’intento di tutelare e valorizzare la lingua sarda in tutte le sue varianti, la Fidapa, con il patrocinio dei Comuni di Quartu e Muravera?e dell’Accademia De Sa Lingua sarda Campidanesa, bandisce annualmente il concorso internazionale di poesia, saggistica e narrativa in lingua sarda e italiana Donna Francesca Sanna Sulis, rivolto tanto alle scuole quanto ad autori e autrici adulte/i. Nel contempo, per diffondere lo spirito imprenditoriale femminile e trasmettere il coraggio e la passione per la libera iniziativa, seleziona e premia una creatrice d’impresa locale che si sia distinta per buone pratiche di ideazione e realizzazione d’attività economica. Ricordare il suo nome significa far rivivere una storia esemplare e un’eredità di conoscenze e saperi che dovrebbero spingere le sarde, non solo a una rinnovata produzione serica, ma anche alla continua ricerca e sperimentazione di un modo di vita più “gentile”, in cui condizione femminile e impegno professionale, anche attraverso la cura dei servizi, la formazione e la solidarietà, trovino armonia. Come ha scelto di fare Settimo San Pietro, ogni paese e città della Sardegna dovrebbe avere la sua via/piazza Francesca Sanna Sulis. Per l’esempio di vita che ci ha lasciato, per l’eredità dei saperi che la sua storia personale custodisce, per i valori che ci insegna, per quella sua infinita speranza di migliorare la società intera, partendo dalle donne.

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Un commento

  1. L’iniziativa del Comune di Sedriano (in provincia di Milano) è stata possibile grazie all’impegno del Circolo sardo di Bareggio-Cornaredo presieduto da Franco Saddi. E poi – per la verità storica, e limitandomi alla Lombardia – Bareggio-Cornaredo viene dopo Como (circolo sardo) e Pavia (circolo sardo) e Parabiago (circolo sardo). Pavia (circolo sardo) ha anche realizzato su Francesca Sanna Sulis un convegno e pubblicato gli atti (64 pagine), a cura di Gesuino Piga e del sottoscritto. E poi – sempre per la verità storica –, tutti questi eventi in onore di Donna Francesca, in Sardegna e in Continente, non sarebbero stati possibili senza la fondamentale ricerca storica, tradotta in un bel libro edito nel 2004, di Lucio Spiga.

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