LA CRISI NELL'ISOLA E' SEMPRE IN PRIMO PIANO: DAL SULCIS A OTTANA, LA SARDEGNA CHE SPROFONDA

immagine degli anni 70 di Ottana


di Claudia Sarritzu

Si è industrializzata un’isola intera per strapparla al banditismo. Prima l’hanno fatta vergognare della sua lingua, finché le città se la sono dimenticata, e poi le hanno strappato il suo tessuto economico, l’unico che se modernizzato poteva dare ricchezza, quello agropastorale, per combattere quella che Giovanni Lilliu chiamava “la Costante rivoluzionaria sarda”, quel banditismo socialista degli anni ’70 che tanto aveva intrigato Giangiacomo Feltrinelli.

In Sardegna, a Ottana hanno distrutto l’identità durante il ’900, le hanno costruito in paese delle cattedrali nel deserto, con l’illusione del capitalismo moderno e dello stipendio fisso. Oggi rischiamo di ritrovarci con altri 500 posti di lavoro in meno, un po’ per distrazione e sciatteria della Regione, un po’ perché ci sta crollando tutto addosso e tutto assieme in pochi mesi (per citare un sottosegretario all’economia, “Una crisi alla volta, non possiamo mica pensare solo alla Sardegna”).

Il settore chimico, quello a partecipazione pubblica, è entrato in crisi da prima del 2008, la recessione qui è iniziata negli anni ’90 quando ancora si faceva debito senza preoccuparsene. Con il crollo di Enichem, l’Eni ha praticamente abbandonato l’area. Qui prima dell’ultima depressione si è comunque lottato per far nascere altre realtà e attività che hanno purtroppo conosciuto a cicli anch’esse la parola cassa integrazione. Ancora una volta a sancire la fame per i sardi è il costo dell’energia, Terna infatti ha declassato lo stabilimento di Ottana, già da alcuni mesi, a impianto di “serie b”, comprando l’energia da Enel invece che dal gruppo Clivati che costa 200 euro in meno a megawatt.

L’accordo stracciato da Terna che doveva valere fino alla fine del 2012 garantiva l’approvvigionamento da Ottana Energia. Anche in questo caso se chiude la Ottana Polimeri, circa 230 dipendenti, l’effetto a catena sarà immediato e ci troveremo di fronte alla morte dell’ennesimo territorio. Sempre più chiaro che la vertenza si chiama Sardegna

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Un commento

  1. Quando i costi energetici sono diventati troppo alti, è crollato di botto tutto l’apparato industriale isolano. Per molti anni ha retto grazie al tagli di rami nelle strutture degli stabilimenti, alla massima ricerca dell’efficenza attrares…o continue analisi organizzative , introduzioni di automazioni e riorganizzazioni di ogni tipo, poi col petrolio a 100 dollari, senza la rete del metano e con Kioto da rispettare il sistema è crollato. Lo dico da analista di gestione che dal 75 per 27 anni ha fatto analisi gestionali e organizzative, nonchè calcoli di convenienza. Se la politica in particolare quella regionale, fosse stata meno parolaia è più concreta quando a fine anni 70 il problema iniziava a prendere corpo con tutto il suo peso, oggi qui e sui giornali si parlebbe di altre cose. Pensate che Enrico Berlinguer vennel petrolchimico di PTorres pochi mesi prima di morire nell 1984, i sindacati gli illustrarono alcune tabelle fatte da me per la direzione aziendale le quali mostravano che i dati dei nostri impianti erano competitivi con la concorrenza ma stavano iniziando a traballare nelle voci energetiche. In quella occasione c’era tutti quelli che contavano nel PCI locale ed isolano, molti dei quali in breve tempo hanno occupato posizioni di peso in amministrazioni locali e soprattutto alla regione, dubito però che stessero ascoltando l’allarme che suonava

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