RIFLESSIONE DAL CIRCOLO "SEBASTIANO SATTA" DI VERONA SUI SARDI E LA RESISTENZA: COSA AVVENNE IN SARDEGNA DOPO L'ARMISTIZIO DI CASSIBILE?

nella foto, l'autrice dell'articolo


di Annalisa Atzori

Continuiamo a parlare della Resistenza, a seguito dell’articolo apparso sul numero 396 di Tottus in Pari.

In Sardegna, cosa è veramente successo dopo l’armistizio? Dagli alti vertici militari era arrivato l’ordine di impedire ai tedeschi di ritirarsi attraverso la Corsica. Costoro sapevano che l’Italia avrebbe cambiato bandiera e si erano ben organizzati. Gli italiani, invece, erano poco informati e in balia di ordini controversi.

Oltre alla vicenda de La Maddalena (citata nella commemorazione a Rinaldo Veronesi), un altro episodio è degno di nota, in quanto ha visto tra  i protagonisti il tenente colonnello Alberto Bechi Luserna, Capo di Stato Maggiore della divisione paracadutisti Nembo (erede della Folgore distrutta a El Alamein). I fatti si svolgono  a Macomer, la Nembo era di stanza in Campidano. Il XII battaglione (comandato dal Maggiore Mario Rizzati) insieme ad una batteria del 184° Artiglieria, dopo aver accolto negativamente la notizia dell’Armistizio, aveva deciso di unirsi ai tedeschi della 90°Divisione Panzergrenadier, in ritirata verso la Corsica. Il Generale Ercole Ronco non era riuscito a richiamare all’ordine il reparto e Bechi Luserna, che li aveva raggiunti e tentando di indurli a cambiare idea, rimase coinvolto nel conflitto a fuoco che nacque nella concitazione degli eventi: il  Bechi Luserna vi trovò la morte. Non essendoci un sacerdote disposto a celebrare il funerale, egli fu “sepolto in mare”, come si usa con i marinai, alle Bocche di Bonifacio, non distante da Santa Teresa Gallura. Ricordiamo che Bechi Luserna era il nonno di Giovannino Agnelli. Infatti, sua figlia Antonella Bechi Piaggio (questo il cognome del secondo marito della madre), sposatasi con Umberto Agnelli, ebbe un figlio (Giovanni Alberto Agnelli), che divenne paracadutista nel Battaglione Tuscania e che morì nel 1997, stroncato da un male incurabile a soli 33 anni.

Tonino Mulas, Presidente Onorario della FASI, in occasione del 60° della guerra di Liberazione (nel 2005 quindi) aveva scritto quello che lui definisce un promemoria, in realtà un racconto vero e proprio intitolato “Antifascisti e partigiani sardi”, che doveva servire ai vari circoli sardi per raccontare un pezzo di storia della Resistenza fatta dai sardi fuori dalla Sardegna. Per dare il giusto tributo a tutti quei nomi rimasti nell’ombra, o ricordati solo dalle famiglie e dagli amici più stretti. Parecchi circoli (La Spezia, Parma, Padova, Milano, Cesano Boscone e naturalmente Verona) hanno fornito a Mulas buon materiale di ricerca.

Così, si ricorda Antonio Gramsci, nativo di Ales, che i giudici fascisti avevano imprigionato nel tentativo di “impedire a questo cervello di funzionare per vent’anni”: per usare le parole di Mulas “Le sue riflessioni politiche, storiche e letterarie nei quaderni e nelle lettere del carcere costituiscono oggi in Italia e nel mondo un patrimonio culturale inestimabile, un testamento morale contro la dittatura”.

Si parla di Emilio Lussu, che si era distinto nella I guerra mondiale con la Brigata Sassari, raccontando la sua esperienza in “Un anno sull’altipiano” e che era poi stato uno dei fondatori del Partito Sardo d’Azione. Nel successivo “Marcia su Roma e dintorni”  parla di quando le camice grigie (gli ex combattenti, i sardisti) si difesero con le armi dalle camice nere, i fascisti.

Piero Borrotzu, che a soli 23 anni, comandante di una formazione partigiana, si offrì volontariamente al nemico per salvare un villaggio indifeso, a Chiusola, vicino a La Spezia.

Salvatore Corrias, “lo Schindler sardo”, il cui nome sarà incluso nel giardino dei giusti di Israele, che salvò la vita a centinaia di persone tra cui molte famiglie di ebrei, aiutandoli a passare la frontiera con la Svizzera: fu fucilato dalle Brigate Nere il 28 gennaio ’45, sul monte Bugone (Como).

L’ing. Bartolomeo Meloni, ispettore generale delle Ferrovie dello Stato a Venezia, un sardo colto e idealista, medaglia d’argento, che alla stazione di Santa Lucia (Ve), è così ricordato “per riscattare la patria da duplice infamia si spense nel buio orrore di Dachau, l’ingegner Bartolomeo Meloni ispettore principale della F.S., l’eroico ardimento e il sublime sacrificio, qui i ferrovieri del Veneto”.

Mulas ricorda anche Francesco Fancello, Michele e Renzo Guia, Andrea Scano, Antonio Sanna, la famiglia Marturano, i già citati Fausto Cossu e Pietro Meloni, Gavino Cherchi, Claudio Deffenu, Flavio Busonera, Luigi Puxeddu, Salvatore Bulla, Luigi Podda, Luigi Cuomo e tutti i partigiani sardi morti nella strage delle Fosse Ardeatine, a Sant’Anna di Stazzema, a Cefalonia e Corfù, a Spalato.

Per ora la storia finisce qui, per darvi appuntamento al prossimo articolo dove si racconterà di due partigiani sardi che operarono a Verona: Vittore Bocchetta e Giovanni Solinas

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Un commento

  1. Antonio Remigio Pengo

    Gentilissima Sig.ra Annalisa, a seguito della manifestazione che qualche giorno fa avete fatto a Verona per ricordare il S.T. Artiglieria Veronesi Rinaldo, ho delle notizie da aggiungere alla storia che Lei a scritto sul suo sito. Sono a sua disposizione per completare le sue ricerche, distinti saluti Antonio Remigio

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