DALLA TOUR EIFFEL PENSANDO AI NURAGHI LONTANI: RIFLESSIONI DEL PRESIDENTE DELLA FEDERAZIONE DEI CIRCOLI SARDI IN FRANCIA

in primo piano, Francesco Laconi


di Francesco Laconi

I circoli sardi sono una risorsa per la Sardegna, che non ha eguali in nessun’altra regione italiana. La nostra rete deve pero sapersi innovare stando al passo con i tempi. I cambiamenti e le modifiche che auspichiamo per conservare e potenziare questa rete, le conosciamo più o meno tutti:  e si parte con l’adeguamento della legge 7/91, sull’emigrazione. Non occorre maggiore burocratizzazione e centralizzazione, anzi su molte procedure occorre uno snellimento, perché il lavoro amministrativo e il peso burocratico sono diventati fin troppo pesanti per i circoli e sono senza dubbio un freno all’auspicato cambio generazionale all’interno delle organizzazioni voluto da tutti. Anche il documento della tesi congressuale FASI é per una programmazione agile. L’emigrazione dalla Sardegna è ancora forte: in una recente intervista la nostra Rita Levi Montalcini afferma che l’Italia non é decisamente un paese per giovani. Il 40% dei laureati nel campo della ricerca considera la propria permanenza in Italia una vera e propria sfortuna e il 41% si trasferirebbe seduta stante altrove. I dati contenuti nel IV rapporto della Fondazione Migrantes parlano chiaro: i ragazzi intervistati sono pronti a trasferirsi anche in Spagna malgrado il suo 21% di disoccupazione. Il risultato é che la diaspora, temporanea o permanente, cresce a dismisura. Più di 4 milioni secondo l’anagrafe vivono al momento all’estero e  sono oltre 90mila in più del 2010, quelli  che fanno le valigie. L’idea di movimento è cambiata e gli italiani non fanno eccezione. Si osserva  prima di tutto che le diverse realtà nazionali in cui vivono  i nostri giovani non sono riducibili ad un quadro unitario, bisogna tenere conto quindi della specificità del paese d’accoglienza. Oggi, le distanze tra i paesi si accorciano, per i giovani l’esperienza migratoria diventa reversibile, ponendo l’emigrato (e i suoi discendenti) di fronte ad una condizione  duratura di transitorietà: si può sempre cambiare meta, laddove si presenti l’occasione. Rispetto al passato questo mutamento di rotta avveniva in presenza di oneri economici più pesanti con conseguenze penalizzanti di autostima personale. L’espatrio era concepito come un atto estremo a lungo termine, un’esperienza per realizzare il sogno dell’emancipazione dalla morsa della povertà. Dal punto di vista culturale, i giovani oltre confine sembrano aver assimilato questo cambiamento; il rientro nella madre patria o la possibilità di fare esperienza in un altro paese sono ipotesi sempre aperte e percorribili. Il punto é che, in passato, questo pendolarismo dell’identità conduceva, molto spesso, verso una sensazione di sradicamento. L’emigrato si sentiva in bilico tra l’origine e la nuova vita oltre confine, non trovando una collocazione precisa fra questi due poli. Oggi questa sensazione di spaesamento cambia di segno: i giovani, essendo piu’ istruiti rispetto ai loro avi-emigranti, sono più facilitati per via delle potenzialità della nuova comunicazione a distanza. A certe condizioni ci si può sentire a casa anche quando si dimora a migliaia chilometri di distanza dal paese di origine. L’identità dei giovani sardi, i discendenti della diaspora subiscono l’influsso della società di accoglienza (scuola, mercato del lavoro, ect) per loro la nazione di approdo non é “l’estero”. Tuttavia essi mantengono l’ascendenza italiana e sarda, un marcatore etnico che evoca il rapporto di discendenza con l’isola. Dobbiamo purtroppo riconoscere che si delinea un distacco dei giovani dai circuiti associativi della comunità italiana all’estero (soprattutto quelle regionali e quindi dai circoli sardi): si é in presenza di una tendenza globale, non c’é di che meravigliarsi, questi enti sono vettori di riconoscimento ritagliati attorno alle esigenze delle generazioni passate. In essi si ravviva la memoria, si celebra il ricordo dei sacrifici fatti dagli anziani, si risponde alla nostalgia con le sagre paesane e gli anniversari dei santi patroni. Nulla di male, soltanto che i giovani non vengono animati dal clima commemorativo di queste iniziative. Quindi non frequentano i circoli. Per ridurre questo distacco, spesso si invoca il ricambio generazionale dei quadri dirigenziali dei circoli sardi, con l’ingresso dei giovani tutto si risolverebbe, quasi per incanto. L’impressione é che tale avvicendamento di cariche non sia sufficente per risolvere il problema senza un ripensamento complessivo dei circoli. Dalle opinioni che raccogliamo con i giovani, si delineano delle ipotesi per rilanciare le associazioni, andando incontro alle esigenze delle nuove generazioni. I circoli dovrebbero proporre nuove iniziative culturali, tenendo conto che oggi i giovani (essendo piu’ istruiti e curiosi) vogliono tenersi informati sull’attualità del loro paese di origine e sulle tendenze recenti della cultura italiana e sarda in particolare. Sono anni che ci poniamo il problema del rinnovamento e dell’apertura ai giovani, prima i circoli svolgevano quasi esclusivamente una funzione d’assistenza, oggi hanno saputo innovarsi proponendo iniziative di rilievo, attraverso gemellaggi, scambi culturali con le scuole e spesso collaborando con le istituzioni locali. Tutto questo noi circoli, federazioni lo realizziamo con grande impegno a titolo e con spirito di volontariato, consacrando quasi tutto il nostro tempo libero. Tali questioni ci portano ad un altro tema cruciale per il nostro futuro: cosa è oggi il mondo del “no profit” altrimenti conosciuto come” economia del terzo settore” In quale ambito dobbiamo muoverci, integrarci e operare? La Sardegna, anche a causa della sua insularità come le altre regioni del sud ha da sempre sofferto di grandi difficoltà e ritardi nell’interscambio culturale e commerciale con il resto del mondo. La debolezza nella capacità di penetrare mercati esteri è facilmente dimostrata dal fatto che l’esportazione dei prodotti sardi, incide in maniera marginale, nell’ambito dell’economia nazionale e regionale. Un significativo apporto per contrastare la debolezza nella penetrazione dei mercati esteri che ancora sussiste in maniera significativa, per le aziende sarde, può essere offerto, dallo sviluppo delle relazioni, della rete dei circoli e le federazioni  degli emigrati sardi, quali promotori e mediatori, sociali e culturali nei confronti dei paesi di residenza. Un altro punto fermo per noi sardi che viviamo fuori dalla Sardegna è l’aggiornamento dello statuto regionale del 1948. Le cariche più importanti della Regione Sardegna, riconoscono gli emigrati come parte di un unico popolo sardo. Questo enunciato importante dovrà essere inserito e approfondito nel nuovo statuto. Se si vuole mantenere e rafforzare un legame stretto soprattutto con le nuove generazioni, occorre riconoscere il diritto alla rappresentanza e trovare una norma di partecipazione politica. Occorre riservare alcuni eletti in consiglio regionale agli emigrati.  Altro tema sentito “sa limba nostra” la lingua sarda intesa come identità di un popolo, come scriveva Raimondo Piras “sa nazione chi perdede su donu de sa limba iscumpariti lentamente”. E’ importante quindi rendere profondo il rapporto tra innovazione e tradizione.

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4 commenti

  1. Adelasia Divona (Udine)

    Tutte questioni ben poste, Francesco. C’è da discuterne per i prossimi due, tre congressi…

  2. Giusy Porru (Parigi)

    Bravi continuate a fare CONGRESSI
    qui a Parigi ci sono centinaia di giovani sardi che pensano piuttosto a trovare LAVORO e ALLOGGIO e nessun tempo da consacrare ai Circoli per le manifestazioni culturali, questo posso confermarvelo senza grandi articoli e megafono!
    Se pensate di convogliarli con la participazione POLITICA potete allora…..farci una croce!
    Ho presentato già parecchie volte in Regione e Federazione un progetto concreto per sviluppare rapporti di sostegno economico e sociale tra Francia e Sardegna, vogliamo ridiscutterlo?
    Siamo qui per ampliarlo, aspetto sostegno e partecipazione anche VOSTRA.
    Cordiali saluti
    Maria Giuseppina Porru
    Presidente di ” CASA della SArdegna-PARIS”

  3. Adelasia Divona (Udine)

    Gentile Signora Porru, non conosco il suo lavoro, ma non dubito del suo impegno. Il mio, nel caso non si fosse capito, era un commento ironico: non certo un processo alle proposte del Signor Francesco, quanto piuttosto un rimarcare che si fa così tanto parlare che ce n’è davvero da discutere per i prossimi due o tre mandati. Prendessimo una cosa sola e la discutessimo concretamente rendendola reale, e non un coacervo di parole e concetti che si sovrappongono, sarebbe meglio per tutti

  4. Giusy Porru (Parigi)

    Cara Adelaisa
    e si, pensavo parlassi sul serio!!!
    Il problema è che sono anni che si fà tanto per parlare, si è appena concluso un Congressone (nella crisi attuale deve essere costato una somma VERGOGNOSA) intanto sento e risento le solite storie di rinnovo dei Circoli, dell’assenza dei giovani, di presupposte nuove forme di oragnizzazione…..insomma ha ragione l’Assessore e io lo penso da molto che ci siano più difficoltà a trovare accordi sulla spartizione dei soldi, che per il contenuto stesso della legge.
    Che c’entra il mio lavoro? Faccio parte di quelle persone che operano da anni nel mondo degli emigrati, senza nessun sostegno e riconoscimento dalla Sardegna, mettendoci spesso soldi di tasca mia, non ho mai partecipato o preteso di essere presente a decisioni importanti come Consulte o sedie varie…..
    Posso liberamente dire la mia opinione e sono ben lontana da sottostare a questi giochi di parole.
    Buon lavoro anche a te
    giusy Porru

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