LA MOSTRA DEI QUADRI DI EROS KARA: INIZIATIVA DEL CIRCOLO "NUOVA SARDEGNA" DI PESCHIERA BORROMEO

Rita, la figlia di Eros Kara con Elena Bacchitta, presidente del circolo "Nuova Sardegna"


di Sergio Portas

La prossima volta che passo per Sanluri voglio proprio andare a vederla l’ala consiliare in cui è l’imponente dipinto di Eros Cara: scena di vita della Sardegna medievale, nobili a cavallo e stendardi al vento, ma anche donne dedite ai lavori della corte, cesti di frutte copiose in primo piano, sulla parte ad ornare lo scudo di pietra l’albero verde deradicato della casa d’Arborea. Lui già si firmava Kara e così era universalmente conosciuto  nel mondo culturale europeo. Nuorese figlio con altri tre di tale Filiberto, insegnante e anche scrittore non insignificante, a 18 anni se ne scappa letteralmente da casa “perchè non voleva fare il geometra” ( è nato nel 1929). Me lo dice sorridendo la figlia Rita qui a Peschiera Borromeo, mezz’ora di macchina da Milano, al circolo “Nuova Sardegna”, oggi premiano una gara fotografica di paesaggi e murales ( ce ne è uno anche di Baressa, molto bello davvero), inutile specificare a quale isola fatata siano rivolti gli scatti. Sulle pareti del circolo alcuni quadri e poi disegni e poi acquarelli del babbo di Rita, uno con una biografia talmente ricca che quando le chiedo di parlarmene è come presa da sgomento, forse anche perchè sono pochi mesi che è venuto a mancare, nella sua casa di Parigi, a Montmartre. Da una decina d’anni l’aveva scelta a ultima meta, con una nuova moglie e un figlio. Con la mamma di Rita, sposati giovanissimi, ne aveva avuto sette di figli, leggo da internet che fu uno dei primi in Italia che approfittò della legge che istituiva anche da noi la possibilità di divorziare. Spirito poliedrico, la prima volta che lasciò Nuoro per Milano già disegnava e dipingeva bene ma erano i tempi della guerra del Duce, figurarsi se uno poteva pensare di mantenersi con simili “quisquilie”. Giocoforza il ritorno in Sardegna, e a Cagliari comincia col dipingere cartelli pubblicitari per negozi e ristoranti, che da sempre anche gli artisti sommi devono pur mangiare. Quando gli americani si mettono in testa di ammazzare tutte le zanzare sarde a colpi di ettolitri di DDT ( e ci riescono anche) giusto per debellare una volta per tutte la piaga della malaria, il nostro eroe riesce a farsi assumere in qualità di disegnatore cartografico, e siamo nel 1948. Un anno dopo riesce a esporre i suoi lavori alla Galleria “Della Maria” di Cagliari e, confortato dalla risposta del pubblico, ventenne se ne torna a Milano. Si mette a studiare grafica e pubblicità , lavora come vetrinista per Elisabet Harden in Montenapoleone. E si deve far conoscere subito per quel che vale perchè nello stesso periodo , prima si trasferisce a Roma, a Cinecittà: fa l’aiuto scenografo,  ma in seguito  disegna anche manifesti per film importanti, “La Romana” con Gina Lollobrigida , “Sinuhè l’egiziano” un colossal in costume con migliaia di comparse. E a Cagliari dove esegue bozzetti di opere liriche per i teatro Massimo. Da subito emergono le sue qualità imprenditoriali, che ruotano sempre intorno alla pittura, alla grafica, all’editoria del disegno. Ancora a ventidue anni fonda a Roma lo “ Studio K” indirizzato alla pubblicità cinematografica e sempre per la “IGAP”, impresa generale di pubblicità milanese lavora come cartellonista. Ma la Sardegna lo tiene legato con filo di nostalgia e nel ’56 è di nuovo a Cagliari dove fa l’”Art Director” per la “Società Poligrafica Sarda” e comincia a scrivere per i giornali sardi, al “Quadrivio” e a “Sassari sera”, articoli d’attualità e cronaca d’arte. Impara così bene che tre anni dopo ne fonda una sua di rivista, la prima che stampi a colori in Sardegna: “Mediterranea”, un quindicinale d’informazione e politica che dirige con uno staff redazionale di prestigio assoluto: tra gli altri Anselmo Contu, Giovanni Lilliu, Marcello Serra, Ovidio Addis. E nel frattempo continua a dipingere ed espone a Parigi e alla “Grotta Marcello” di Cagliari. La sua mostra al Comune in cui espose ben 160 opere a titolo “Incubi di un’epoca” ebbe un successo clamoroso. Tanto che anche l’allora presidente della repubblica Antonio Segni volle farsi fare da lui un ritratto. Nel periodo, primi anni sessanta, vince premi di pittura un po’ dappertutto e le sue “personali” varcano l’oceano, prima a San Paolo del Brasile, poi a New York. Che lo consacrano artista di fama internazionale e gli schiudono le strade di Bruxelles, ancora Parigi e Roma alla “Galleria d’arte moderna” che acquista due delle sue opere. Naturalmente continua ad esporre a Cagliari. Torna a Milano nel ’64, qui fonda una galleria d’arte tutta sua, lo “Studio Darling”, si mette a fare illustrazioni per libri per ragazzi, i dodici volumi di “Guarda e scopri gli animali” per la “A.M.Z.” e ottanta libri di favole per l’editrice Boschi. Così facendo scopre il mondo del fumetto, il “Monello”, l’”Intrepido”, gli albi dell’Intrepido. Sceneggiatore di Diabolik. Come sempre si impadronisce del mestiere e si mette a inventare lui i personaggi dei fumetti, suoi sono “Pat”, “Leda” e “Astrella”, il primo fumetto di fantascienza che vede la luce in Italia. Collabora a “Messalina”, “Fra Diavolo”, “Horror”. Roba che allora passava per scandalosa assai, e il porno che internet vomita in tutti computer del mondo era al di là del pensabile. Fonda a questo punto una sua casa editrice, si chiamerà dapprima “Casa Editrice Blu”, poi “Edizioni Blu”. Edita fumetti ma non solo, ha successo tanto che si permette di finanziare parte della stampa “underground” milanese, in particolare “Fallo”, che deve avere a che fare con la comunità gay perchè poi a Roma con una nuova casa editrice edita la testata “Con noi” e in Trastevere apre il primo Club-Gay italiano: “al Solito Posto”, dove nasce anche il primo teatro cabaret gay italiano. Guardando uno dei suoi ritratti che lo raffigurano simile a un pirata di salgariana memoria la figlia Rita mi fa: “secondo te, al babbo non piacevano le donne?”. Guardando i dipinti e gli acquarelli di questo straordinario artista in cui splendide donne e ragazze sono raffigurate in ogni posa mi pare che non ci debbano essere dubbi di sorta. Che a un certo punto della sua esistenza Eros Kara, definitivamente Kara con la K, si mette solo a dipingere ad olio e ad acquarello. Si trasferisce dalle parti di Parma dove crea l’ennesima galleria d’arte e dipinge, dipinge, dipinge. Le personali dei suoi lavori non si contano, in continente e nella Sardegna tutta, Cagliari, Nuoro, Oristano, Sassari, Alghero. Nell’82 a Nizza e a Parigi. E poi in tutta la Francia, da Le Mans a Nancy, e poi Strasburgo e ancora Parigi. Non è un caso che i critici lo definiscano quale maestro italiano dell’acquarello,  “le maitre italien de l’acquarelle”. Qui a Peschiera Borromeo sono alcune delle sue opere  che la figlia Rita ha messo a disposizione dei sardi e dei continentali che frequentano il circolo, solo per oggi eccezionalmente, troppo sarebbe costato il prezzo per una vigilanza che garantisse dal rischio di un furto. Ci sono disegni a matita, cavalli a criniere ventose, una bimba con la bambola in grembo che ti fissa triste e pensosa, un’altra che pare seduta su una discarica di robe vecchie. E poi acquarelli di madonne, ritratti di adolescenti e di bimbe, uno della figlia Rita a tre anni, con una somiglianza che non si è scolorita nel tempo. E donne di Sardegna coi lunghi veli da messa finemente ricamati. Opere che si situano nel periodo giovanile di Eros Kara, almeno a giudicare i quadri ricchissimi di colori che caratterizzarono la sua ultima pittura. O forse dovremmo dire penultima, che poi tornò all’acquarello degli inizi, raggiungendo vette d’abilità universalmente riconosciute. La sua ultima compagna si è rammaricata sia del numero scarso ( a suo dire) delle opere esposte, nonché della sede “poco prestigiosa” in cui si è allestita la mostra. D’accordo Eros Kara è artista che merita sicuramente una grande mostra antologica da far girare nelle sedi che l’hanno visto sempre protagonista, da Cagliari a Roma a Milano e Parigi, ma anche qui al circolo dei sardi si
è respirata un buona atmosfera, ricca di sentimenti e velata di nostalgie, per un babbo così bravo a dipingere, a disegnare, dal talento sì grande che non l’ha potuto tenere neanche la Sardegna tutta e se ne è andato davvero per il mondo a mostrare la sua arte. La figlia Rita ci ha voluto mostrare quei lavori che ha lasciato “tutti per lei”e per i suoi fratelli, per sua madre, di quando stavano a Cagliari e babbo allora dipingeva le insegne dei negozi.

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3 commenti

  1. vorrei vedere i quadri, se e posibile. GRAZIE

  2. Qualcuno mi può dire esattamente dove è nato e mi può dare notizie più precise del padre Filiberto e delle sue pubblicazioni? Grazie.

  3. Caro Tonino Loddo, posso darti informazioni sulle pubblicazioni di Berto Cara, padre di Eros. Contattami entertainsm@gmail.com ma vorrei sapere, come mai le cerchi? ciao

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