IL CONTRIBUTO AL CONGRESSO F.A.S.I. DELLA PRESIDENTE DELLA FEDERAZIONE DEI CIRCOLI SARDI IN SVIZZERA

Francesca Fais, 38enne, originaria di Sindia, vive a Losanna


di Francesca Fais

Un susseguirsi di interventi ricchi di contenuti oltre che della passione che sempre ci anima quando ciò di cui parliamo tocca il nostro cuore e i nostri valori più intimi e profondi, hanno permesso un excursus a 360° di proposte, analisi e rivendicazioni.  Intervenire adesso significa ripetersi a colpo sicuro.

Per questo motivo, permettetemi di portare il mio modesto contributo ai vostri lavori basandolo sulla mia esperienza personale anche da quando, proprio al vostro ultimo congresso a Milano,Domenico Scaladopo 29 anni di presidenza annunciava la sua prossima sostituzione con una giovane e donna, secondo chiara indicazione del Consiglio Nazionale.  Sono quindi teoricamente in possesso di entrambi quei requisiti che per molti costituiscono il futuro della straordinaria reti di sardi nel mondo che rappresentiamo, pur senza alcun merito, essendo per convinzione personale contraria alle quote protette e favorevole invece alla meritocrazia.  Dopo quasi 5 anni di mandato invece vi dirò che a mio avviso non è la mancanza di ricambio generazionale ad farci correre il rischio, ma ben altro.

Non riesco a immaginare la mia attività all’interno della Federazione se non protesa al raggiungimento di un obiettivo concreto che non può essere la sopravvivenza delle nostre associazioni cosi come un riesco a concepire il mio operato in un susseguirsi di aspettative deluse.  Non sono diventata presidente di federazione solo per aggiungere un’esperienza al mio percorso perché l’esperienza è anche il nome che troppo spesso diamo alle nostre sconfitte. E lasciatemelo dire, per generazione, per genere ma soprattutto perché consapevole e fiera della mia identità di sarda,cosi come tutti voi, la sconfitta ha un significato molto ristretto nella mia percezione personale.  Se ho accettato di mettermi in gioco con questo ruolo, come per tanti, quello dei pochi onori e dei tanti oneri è stato perché convinta ( forse erroneamente ) di poter dare un contributo decisivo alla svolta che deve investire le nostre organizzazioni se vogliamo che si rinnovino e che quindi continuino ad esistere in una forma più attuale e consona alle loro esigenze. Adesso, dopo quasi 5 anni da questa nomina, anche ascoltando e condividendo quanti mi hanno preceduto mi sorge per l’ennesima volta una domanda: per quanto tempo abbiamo ancora intenzione di perdere tempo? Avrei potuto porre la domanda diversamente e quindi chiedervi se, a prescindere dall’analisi tristemente attuale della Sardegna e della situazione nella quale versa, le rivendicazioni che tutti quanti voi avete fatto in nome del nostro mondo siano state una novità. Credo che le abbiamo già fatte o sentite innumerevoli altre volte, in quanto si tratta di temi che, con poche eccezioni affrontiamo da anni, nelle stesse occasioni e con le stesse istituzioni.

Ecco : se questo ripetersi di continuo a chi ha qualche anno in più può infastidire, per molti di noi, è assolutamente inaccettabile. Le nostre capacità, le nostre professionalità, il nostro spirito, ma soprattutto i ritmi frenetici di questi tempi fanno di noi una generazione che va di corsa per stare al passo con i tempi. Usciamo dagli schemi, più informali, più concreti, ma per certi versi anche più impazienti. Siamo più consapevoli però del patrimonio che rappresentiamo e del ruolo che vorremmo svolgere.  Alla luce di questa riflessione sorge legittimo chiedersi quanto tempo ognuno di noi e disposto a perdere nel continuare a ripetere le stesse cose…  Ecco nel mio caso personale, vedo una breccia nella mia motivazione a perseguire nel mio operato proprio in questo: nel dovere aspettare per quanto secondo me ci è dovuto, nei tempi troppo lunghi tra il germogliare dell’idea e la sua realizzazione, nell’assenza di continuità programmatica. Nell’assenza di prospettiva perché non si vede la luce alla fine del tunnel. Stiamo avanzando alla cieca.  Dal 2007 a oggi, l’Assessore Liori,  è il 5° assessore a cui fa capo il nostro mondo. Ciascuno dei 4 che l’ha preceduto, ha chiesto, anche a ragione per alcuni versi di poter prima osservare per conosce e capire  … per poi agire. Noi quindi abbiamo ricominciato ogni volta tutto daccapo. Il problema è che spesso anche per la breve durata dei mandati, il loro operato si è militato all’osservare. E’ stata citata più volte la riforma della legge 7/91. Prima di questa riforma a mio avviso deve cristallizzarsi e delinearsi chiaramente e in modo univoco e inequivocabile la visione che la Regione Sardegna ha del mondo dell’emigrazione. Visione intesa come obiettivo ideale.

Da questa visione deve poi scaturire la missione del mostro mondo con un’asserzione ancora una volta chiara e inequivocabile di cosa rappresentiamo per la Sardegna politica nonché gli obiettivi che tutti assieme, con i nostri partner come li ha definiti anche Tonino Mulas, ci prefiggiamo di realizzare.  Fin quando ciò non avverrà, ogni nuovo Assessore ricomincerà daccapo influenzato non solo dalla sua sensibilità, ma anche dai pregiudizi e troppo spesso dagli stereotipi che ancora purtroppo troppo spesso ci portiamo dietro. Ebbene, la valutazione sulle nostre capacità, ma soprattutto sul nostro potenziale, non solo di persone, ma più ancora di rete, di contatti, di diversità di professionalità e quant’altro, non può essere lasciata alla mera soggettività di un singolo o comunque di un gruppo ristretto di persone. Va definita assieme, alla pari e poi documentata a creare quel filo conduttore che tutti seguiremo e che ci poterà al conseguimento di un unico obiettivo comune : la crescita e lo sviluppo della nostra terra. La legge poi, assieme ai piani annuali e triennali e a tutti gli altri strumenti che vigono le nostre organizzazioni, deve rappresentare la strategia e ci deve indicare la via sul COME raggiungere gli obiettivi.  Noi ci siamo e siamo pronti a portare il nostro contributo ma la condizioni per farlo devono essere realizzate, e quindi sono responsabilità, delle istituzioni.

L’Assessore Liori ha detto che da noi si aspetta tanto il ché ci onora perché testimonia la sua fiducia nei nostri confronti e di questo lo ringraziamo.

 

Vorremmo poter dire altrettanto ma temo che ciò non sia possibile. Non per Liori in quanto persona, ma per la classe politica che rappresenta: una classe assente e assolutamente inadempiente del proprio ruolo. La fiducia si regala o si conquista: la nostra è tutta da conquistare purtroppo e le assicuro che non sarà facile farlo con la sola retorica, con la demagogia o con le false promesse da campagna elettorale. Anche noi impariamo dai nostri errori… Nella veste di referente politico del mondo dell’emigrazione mi preme fare a Liori anche una richiesta ben precisa e che riguarda le Federazioni che oggi hanno perso credibilità.  Le chiediamo di aiutarci a ritrovare il nostre ruolo di referenti di forza del mondo dell’emigrazione organizzata contribuendo cosi al nostro rafforzamento delle politiche di sviluppo.  La nostra stessa presenza in Consulta, come invitati contribuirebbe a questo processo di recupero della credibilità.

Le propongo anche di mettere in calendario 2 riunioni annue con in presidenti di Federazione.  Tutto questo per poter anche prevenire a tempo situazioni che poi, se trascinate creano disagi di cui, le ripercussioni negative ricadono su tutti.

Lo snellimento della burocrazia, sarebbe il raggiungimento di una pietra miliare unica nelle relazioni tra istituzioni. Si trovi un modo per rendere fluido e agile il nostro interagire nonché regolare e se questo già esiste rendere noto il ruolo dei funzionari e quello dei nostri rappresentanti.  Eviteremo cosi confusioni, malintesi e sicuramente anche tensioni che non fanno altro che aggiungere difficoltà a questa strada già tutta in salita. Collaborare nella consapevolezza dei propri diritti e delle proprie responsabilità quindi, delle proprie competenze e dei propri limiti.

Senza questa base nelle nostre relazioni sarà difficile fermare l’onda di malcontento che vige i nostri rapporti con l’amministrazione sicuramente dovuta anche alla percezione sbagliata che ogni parte ha nei confronti dell’altro. Cosi magari la smetteremo di chiederci, all’arrivo di ogni Circolare a firma del direttore di servizio, se essa è lecita perché supportata dalla legge o dal regolamento di attuazione oppure se si  tratti di un’ abuso.  Mi permetto di insistere su questo punto perché gli uffici sono l’interlocutore principale e quotidiano delle nostre organizzazioni e l’armonia oltre che la sintonia nelle nostre relazioni sono elementi fondamentali per collaborare in un clima sano.   A proposito delle struttura snella e al passo con i tempi mi preme ribadire un concetto che la nostra Federazione ha affrontato nel suo congresso dello scorso novembre: quello delle sedi. Con lo svantaggio che rappresenta in questo momento il cambio euro franco svizzero, le nostre organizzazioni hanno perso negli ultimi 2 anni il 30% del loro contributo. Per questo motivo tra l’altro, Assessore abbiamo sollecitato la sua attenzione richiedendo un’indicizzazione del contributo oppure l’esonero dal dover rendicontare tendendo conto della suddivisione tra funzionamento e attività. Tornando comunque alle sedi dei Circoli, siamo del parere che l’obbligo della sede debba essere una delle 2 opzioni, l’altra essendo che un Circolo può esistere come associazione, anche se non possiede una sede fissa. Il mondo dell’emigrazione è cambiato e continua a cambiare ma resta comunque una realtà : non è necessariamente la forma a definirlo ma anche il contenuto.  Dobbiamo avere il coraggio di tentare nuovi schemi e altri percorsi.

E’ adesso che dobbiamo immaginare e creare le soluzioni per il futuro, che poi tanto futuro non è… E in ogni modo al punto in cui siamo lo possiamo affrontare senza alcun timore, perché sia il passato che il presente ci spingono in quella direzione, ma forti della mostra identità e della nostra sardità, dentro o fuori dalle organizzazioni, ma ben privi della nostra dignità, e questo, non di certo per colpa nostra…  Riconquisteremo anche quella però se tutti assieme creiamo un progetto comune che ci veda finalmente tutti uniti : noi tutti,  l’unico popolo sardo.

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Un commento

  1. Massimo Cossu (Alessandria)

    Bell’articolo: in gamba questa donna!

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