INTERVISTA AD ALBERTO MASALA, SCRITTORE E POETA: LA DIMENSIONE TECNOLOGICA TRA SITO, BLOG E FACEBOOK

Alberto Masala

Alberto Masala


di Giulia Madau

Nato in Sardegna, vive a Bologna da parecchi anni, è poeta, è scrittore, è traduttore: Alberto Masala è stato definitouno dei più importanti poeti che negli ultimi anni calpesta i palcoscenici della nuova società dello spettacolo in Italia”. Possiede un sito, due blog e varie pagine su Facebook. Per me  è molto interessante, mi incuriosisce, voglio andare più a fondo ed ecco che gli invio una mail e lo sommergo di domande relative ai temi trattati. Lui mi risponde dopo poche ore con tanta disponibilità e gentilezza. Del sito albertomasala.com (seconda versione) dice “è stato aperto dal mio webmaster, Thanitart, parecchi anni fa ed è fermo ad allora”. Non potendo intervenire direttamente, ne rinvia sempre l’aggiornamento. Il blog news è quello che ha più accessi ed è considerato dallo scrittore il suo sito ‘vivente’, viene aggiornato più o meno una volta alla settimana. Lo utilizza per dare notizie, esprimere opinioni personali, raccontare le cose più rilevanti che gli accadono come per esempio il suo viaggio in Iraq, fare piccoli reportage “dove non è rilevante parlare di me stesso”. “Mi serve per poter agire nel sociale evidenziando cause o questioni che mi stanno a cuore in ambito culturale, ambientale, politico in genere”. Il blog testi, afferma Alberto, procede lentamente e staticamente: immagazzina e riporta solo notizie, brani, link che riguardano la sua scrittura. “Lo considero il mio sito archivio personale“. Di pagine sul social network blu ne ha tre: una fan page (l’unica che sono riuscita a trovare!), una pagina semisconosciuta e privata con il suo nome, una abbastanza conosciuta, ma con un eteronimo. La fan page (con 611 fan) non è stata aperta da lui personalmente, ma è una vera e propria pagina “fans” con quattro o cinque amministratori. Ammette “io non volevo entrare in Fb per non impegnare la mia giornata in centinaia di ‘relazioni’ gratuite e ‘sfaccendate’, per non dare accesso a chiunque nel mio privato, nel mio quotidiano, per non perdere energie inutilmente coltivando ‘amicizie’ superficiali da consumare su una tastiera”. Dietro eteronimo, però, per poter gestire la sua fan page ha dovuto aprirsi un profilo “ma anche lì sono molto rigoroso… e quasi nessuno sa chi sono”. “Il sito e il blog testi sono propaggini interdipendenti della mia rappresentazione pubblica nell’ambito della scrittura. Il blog news conserva più l’attitudine a rappresentare il mio pensiero ed il mio impegno attivista nel sociale. La pagina facebook è una mediazione fra queste due tendenze”. “Tutti — in misura differente — mi servono per lavorare, ma ovviamente il blog news è il meno indirizzato alla mia attività professionale — direi quasi per niente”. Chiedo ad Alberto “da cosa nasce l’esigenza di comunicare?”. Risponde che nell’uomo nasce dalla necessità di costruire e mantenere un gruppo, un branco, una tribù e dall’esigenza di appartenere. “In me in maniera subliminale, archetipica, per le stesse esigenze. In maniera razionale, visto che opero nell’ambito culturale, la considero un’ovvietà necessaria alla professione”. “Dal punto di vista etico, spirituale, coltivo l’esigenza ad esprimere voce e, soprattutto, a dare spazio a voci inespresse, impedite, necessarie… trasportare voci e renderle visibili è il compito più rilevante e fondativo dell’essere poeta. Sei poeta perché qualcuno (una comunità, un gruppo) ti nomina tale. E lo fa perché ne trasporti la voce”. Gli domando se il suo mestiere influisce sulla stile di scrittura dei post: “certo: si è sempre una sola persona”. Ma c’è qualche differenza tra lo scrivere una pagina di un libro e il creare un testo per il blog? “Nel blog testi fornisco dati consultabili facilmente. E restano lì immagazzinati. Il blog news è un ottimo esercizio di sintesi. E la scrittura è più ‘commisurata’, più ‘generalizzata’, meno approfondita. Casomai, per allargare le possibilità del lettore, si creano indizi e poi si imbottisce di buoni link. Anche perché non ho la pretesa neanche minima di potermi occupare di tutto”. Lo scrittore blogger vede i post come una “gentile e disponibile” traslazione di ciò di cui si è interessato, occupato, preoccupato. E precisa “sto molto attento perché ho un rifiuto congenito per l’opinionismo, lo trovo uno dei peggiori fenomeni dell’epoca. Evidentemente, anch’io esprimo chiaramente e sempre le mie posizioni, ma spero di conservare un senso della misura, uno stile ‘discreto’ anche nel manifestare passioni. È come fare del ‘piccolo giornalismo basico’ e senza pretese professionali. Piuttosto linko chi il giornalismo lo fa seriamente”. Creare una pagina di un libro ha altri percorsi, più profondi e stabili: “chiudere un post non ti lascia quel senso di ‘definitivo’ che invece ti impone la pagina di un libro. In un blog l’evidenza dell’essenza resta solo affidata all’intuizione del lettore, a volte ha un aspetto effimero, temporaneo”. Scrivere su un blog è, per il poeta sardo, “come stendere lampi di esistenza forse attendendo di stabilizzarli nell’essenza della pagina di un libro” e aggiunge “la differenza tra un blog ed una pagina è la stessa che c’è fra un lampo, anche meraviglioso, ed una lampada accesa… una luce”. Punta il dito contro il lettore ‘rapido’, consumatore di trame più che degustatore di pagine. “Trovo che uno dei peggiori mali della scrittura contemporanea sia la ‘sindrome da blog’, che può portare all’approssimazione, allo ‘zapping’ del senso e fra i sensi”. “Altra metafora: c’è la differenza tra l’ingurgitare e il degustare. Sono rarissimi i casi di blog che smentiscono questa tendenza. Ed anche a loro ogni tanto capita di ‘cascare’”. Ora parliamo di Sardegna! Secondo Alberto Masala tutti i territori sono famosi per i loro peggiori luoghi comuni e per la banale rappresentazione che se ne fa. Quindi per la Sardegna sono “le coste, la natura, il carattere degli abitanti stranamente schizofrenico tra rigida oscurità e ospitale disponibilità (il tutto espresso con un accento paradossalmente marcato), formaggio e pecore, banditi e sequestri”. A suo avviso nella nostra isola sono tante le cose che mancano:

– un ottimo sistema del trasporto pubblico (all’interno e verso l’esterno dell’isola)

– un piano di riconversione in senso ambientalista delle zone sottoposte a servitù militare

– un piano di valorizzazione (vero) delle specificità produttive per rilanciare l’economia

– un centro di formazione per giovani che vogliano lavorare in ambito culturale a tutti i livelli. Con lezioni teoriche e laboratori pratici dove si realizza davvero un prodotto culturale e se ne gestisce la sorte sia tecnicamente che nella comunicazione e la gestione organizzativa ed amministrativa. Quest’ultimo, confida lo scrittore, è in effetti un progetto che ha scritto e coltiva già da molto tempo.

E poi ancora:

– un rigoroso piano di tutela dell’ambiente e del paesaggio storico e naturale

– un piano energetico ‘pulito’

– una banca etica “sarda” diffusa capillarmente

– il ripristino con potenziamento del “master and back” (soprattutto il “back”)

– l’autodeterminazione completa fino all’indipendenza.

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