"SU CALARIGHE", IL ROMANZO DI STEFANIA SABA

Stefania Saba in compagnia di Filippo Soggiu. Entrambi sono originari di Buddusò

Stefania Saba in compagnia di Filippo Soggiu. Entrambi sono originari di Buddusò


di Cristoforo Puddu

SU CALARIGHE -ossia “Il Biancospino”, l’arbusto spinoso delle Rosacee dai fiori bianchi  e frutti rossi- è il titolo del romanzo in limba di Stefania Saba, pubblicato dall’editore Condaghes nella collana Paberiles (colletzione pro pàschere e connoschere sa limba sarda). L’autrice nativa di Olbia, dove attualmente vive, è cresciuta “e fata manna” in Buddusò. Insegnante con la passione del teatro,  per cui scrive dei testi, è attiva presidente e guida della giovane compagnia Butos e Bandhos.   

Deus meu, so coxuada, apo unu fizu, una domo manna, no mi mancat nudha, ite mì est capitendhe?” E’ questa l’angosciosa lacerante domanda che la giovane ventottenne  Taresa, si pone all’improvvisa scoperta della sua passione amorosa per l’avvocato sassarese Pedru. La prima pagina delinea subito il centrale argomento narrativo determinante della storia e a questa vicenda attinge, nel serbatoio della memoria, la vecchia mannedha narrante per ricostruire una profonda riflessione sulla tormentata esistenza (con finale tragico) segnata da “unu coju male fadadu”. La mannedha, con la potenza evocativa del linguaggio della saggezza e della maturità, ripercorre l’intera vita familiare, comunitaria e rivela i suoi segreti dettati dalla condizione di donna alla nipote, cui la dividono “sessant’annos de diferéntzia”. Tantissimi i quadretti e le descrizioni di originali personaggi paesani. Un ricco glossario, a ìncuru di Mario Puddu facilita la comprensione di termini e varianti particolari del logudorese. Gli ormai numerosi “gioielli” in limba della collana Paberiles, a ragione di qualità delle produzioni e coerenza editoriale, rappresentano un riferimento importante quanto insostituibile del patrimonio letterario sardo attuale. Inoltre negli ultimi anni, e non solo nella poesia dove spesso rappresentano l’eccellenza, vede le donne protagoniste di un impegno continuo e consapevole nella prosa narrativa. Il “rosa” coltiva sempre più i valori dell’identità linguistica e pareggia i conti con una letteratura originariamente di prevalenza “maschile”. L’autrice esterna un doveroso ringraziamento a quanti hanno creduto e fortemente voluto la pubblicazione del romanzo; tra i tanti Filippo Soggiu, figura di rilievo nel mondo dell’emigrazione organizzata e presidente onorario della F.A.S.I., Michele Pinna, direttore della “Camillo Bellieni”, Mario Puddu, linguista-vocabolarista, e l’editore Francesco Cheratzu.

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Un commento

  1. ..e ite kerides a bos narrere sa Tzia, po esser peus menzus goi! 🙂

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