Il cinema in Sardegna, dalle origini ad oggi

di Nicoletta Cavaglieri

 

I primi a raccontare la nostra isola attraverso delle immagini in movimento sono stati addirittura i fratelli Lumiere, gli inventori del cinema. Nel 1899 i Lumiere, per mezzo del regista Francesco Felicetti, girano Voyage du Roi Humbert Ier en Sardaigne. Le origini del documentario in Sardegna, infatti, sono molto più antiche di quanto si possa pensare. Questo avvenne in occasione della visita dei Reali a Sassari, dove proprio questi avevano inviato dei loro operatori per realizzare una cosiddetta cineattualità. Ovviamente in pochi minuti di immagini il pubblico poteva vedere il sovrano Umberto I e la regina Margherita in visita a una miniera, l’inaugurazione del monumento a Vittorio Emanuele e la cavalcata in costume sempre a Sassari. Un filmato di straordinaria importanza e di grande valore nella storia della documentaristica nell’isola, che è stato restaurato dalla Lumière nel 1995, in occasione del centenario del cinema, e dato poi in coppia alla cineteca sarda. Una testimonianza unica e un documento di memoria della Sardegna di fine 800, che sembra aver anche codificato lo schema di lavoro che sarà poi utilizzato dalla gran parte dei cineasti fino agli anni 60 con pochi, ma fermi elementi costitutivi: attività dei governatori, opere pubbliche e tradizioni popolari. In seguito il genere del documentario vero e proprio nascerà nel 1924, con l’avvento del fascismo. Proprio ai primi del 900 l’isola apparirà solamente in documentari, ormai perduti, come La Sardegna: usi e costumi, Visita ad una miniera d’argento, Piccoli mestieri del mare e Briganti in Sardegna. Altre testimonianze riguardano i rari film interamente girati o solo ambientati in Sardegna, ispirati prevalentemente alla scrittrice nuorese, premio Nobel per la Letteratura, Grazia Deledda, vissuta a cavallo tra 800 e 900, che ha dato un’immagine della Sardegna fatta di banditismo, folklore ed esotismo, soprattutto grazie al successo dei suoi romanzi. La Deledda è stata, infatti, per il cinema sardo fonte continua d’ispirazione, i richiami sono molti anche quando i film non sono ispirati direttamente ai suoi romanzi. Tuttavia alla scrittrice non interessa molto l’arte cinematografica, non partecipa neppure alla stesura della sceneggiatura di Cenere, il famoso film tratto dal suo più noto romanzo e interpretato da Eleonora Duse, che lo tradusse in sceneggiatura insieme al regista Febo Mari. L’unico documento ritrovato relativamente da poco, scritto dalla Deledda per il cinema è un soggetto del 1916, scoperto alcuni anni fa dal professor Cordova, docente di storia contemporanea all’Università di Roma. Questo documento fu ritrovato nell’epistolario della giornalista Olga Ossani, intellettuale di primo piano dell’epoca, amica di Grazia Deledda e Eleonora Duse. Il soggetto appare in anteprima sul quotidiano L’Unità il 1 febbraio 1994. Dal dopoguerra in Sardegna comincia a farsi strada un cinema documentario, più attento agli aspetti antropologici della nostra isola. Iniziano ad apparire i primi autori sardi come Enrico Costa, ma soprattutto Fiorenzo Serra che con una ricca attività filmografica realizza L’ultimo pugno di terra, premiato al Festival dei Popoli nel 1965. L’ultimo pugno di terra fu realizzato con il patrocinio della Regione Sardegna per celebrare il piano di rinascita, l’opera appunto doveva rappresentare un valido e duraturo documento della situazione economico sociale ed umana della Sardegna dell’epoca. Questi sono gli stessi anni in cui si girava Sardinia, opera prodotta dalla Walt Disney per la serie popoli e paesi in cui la gente di Sardegna era paragonata ai popoli primitivi. C’è un forte confronto tra l’opera della Disney e i documentati girati, anche da De Seta (Pastori di Orgosolo; Un giorno in Barbagia), che riescono a trasmettere una visione fortemente realistica dell’isola rispetto alla spettacolarizzazione disneyana. Fiorenzo Serra il più grande documentarista sardo, muore nel 2005 con l’intenzione di voler recuperare tutti gli spezzoni del suo film per poterli riversare in digitale. Al giorno d’oggi, infatti, questo tipo di documentario non esiste più, ma nella nostra isola stanno emergendo molti registi di grande valore che riescono a farsi seguire anche da un pubblico non isolano; portano in scena tematiche di ogni genere che oscillano dall’eterno problema della criminalità nelle zone interne (La destinazione di Piero Sanna o Arcipelaghi di Giovanni Columbu) al moderno racconto metropolitano (Un delitto impossibile di Antonello Grimaldi e Pesi leggeri di Enrico Pau) o al mondo dell’infanzia ritratto da Peter Marcias. Inoltre, per quanto riguarda il cinema sardo e i suoi registi, va ricordato l’uso costante della lingua sarda e la presenza, anche questa costante, di attori presi dalla strada.

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