A Verona, commemorato il bicentenario dalla morte di Giovanni Maria Angioy

di Costanzo Pazzona

  

Nel pomeriggio di sabato 6 dicembre, nella prestigiosa Porta Palio, si è tenuto un incontro/convegno per commemorare il bicentenario dalla morte di Giovanni Maria Angioy, da molti ritenuto uno dei "Padri della Patria", della nostra piccola patria. Figura di grande rilievo nella storia della nostra autonomia, intesa come determinazione in contradditorio con lo stato centrale dei poteri spettanti alla comunità locale, Angioy pur avendo raggiunto una delle massime cariche che erano accessibili ai sardi durante la dominazione piemontese, non esitò a mettersi a capo del "partito patriottico". Riconosciuto come capo del movimento antifeudale che spontaneamente infiammò l’Isola soprattutto nel triennio 1793/1796 fu sconfitto da un esercito molto più organizzato e costretto a lasciare la Sardegna  per raggiungere Parigi dove malato e privo di risorse economiche morì all’età di 57 anni. Ad illustrare la figura dell’Angioy ed il triennio rivoluzionario sardo hanno provveduto i proff. F.Francioni e G.Di Bernardo di fronte ad un pubblico attento ed interessato costituito di sardi e di veronesi. Dopo i saluti del Presidente Maurizio Solinas, del Coordinatore Fasi Nord-Est Maria Antonietta Deroma, dei rappresentanti del Consiglio Comunale di Verona e di altre autorità, ha introdotto i lavori Costanzo Pazzona del Circolo dei Sardi di Trento. Nella sua relazione Francioni, dopo aver inquadrato la figura di Angioy ed i fatti del triennio rivoluzionario, usando con un equilibrio molto apprezzato dal pubblico  la lingua sarda e quella italiana ha sottolineato che la Sardegna di fine ‘700 non era quella realtà arretrata, astorica che talvolta è descritta ma, per quanto periferica e marginale, l’Isola risultava aperta alle idee nuove di progresso, alle idee illuministiche che circolavano nel "continente europeo". Queste idee si radicavano non solamente tra gli intellettuali ma in strati sempre più ampi della popolazione isolana. Entrando nel vivo del tema dell’iniziativa, Francioni ha sostenuto che, allo stato attuale delle ricerche storiche, non ci sono prove che  in Sardegna in quel periodo operassero società segrete organizzate quali quelle giacobine o massoniche. Per quanto fossero presenti singoli individui che venivano qualificati come tali, soprattutto dai nemici in senso spregiativo, non è emersa dagli atti finora noti una presenza organizzata di club giacobini e di logge massoniche. Non è stato quindi possibile chiarire se lo stesso Angioy fosse o meno massone, come qualche storico sostiene. In garbata polemica è intervenuto successivamente il prof. Di Bernardo sottolineando, in accordo con quanto suggerito ad es. dallo storico L. Del Piano, che anche in Sardegna erano presenti organizzazioni segrete, anche massoniche. Non vi sono però elementi risolutivi circa l’appartenenza di Angioy a qualche club giacobino o massonico nel periodo della sua permanenza in Sardegna. Ma appare certo, a parere di Di Bernardo, che la filosofia giacobina e quella massonica, unitamente alle altre idee illuministiche, hanno indubbiamente influito nel determinare quel retroterra culturale e di relazioni personali che hanno portato agli avvenimenti del triennio. Ad intervallare le relazioni ed a concludere la serata ha provveduto Irene Frigo, docente al conservatorio di Verona, che ha eseguito al piano alcune arie di Brahms e Lizt ricreando quel clima di salotto buono che ha riscosso un caloroso successo di pubblico.

 

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