Palazzo Reale (Milano): gli anni d'oro di Aligi Sassu

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Gli anni ’30, la stagione più ricca di fervore e ricerca di Aligi Sassu, sono stati ricordati in una grande mostra milanese che, a Palazzo Reale ha portato un’ottantina di dipinti provenienti da collezioni pubbliche e private. Intitolata Aligi Sassu: dal mito alla realtà, l’importante esposizione di opere significative, tra cui una mirata selezione della saga degli Uomini rossi, dagli Argonauti ai Cavalieri, dai Suonatori ai Giocatori di dadi. Il nucleo più consistente di dipinti, circa 40, sono stati concessi dalla Fondazione Aligi Sassu e Selenita Olivares di Lugano, che ha realizzato la rassegna in collaborazione con lo Studio Archivio Sassu di Milano puntando proprio sull’evoluzione del linguaggio pittorico per far luce su un periodo di grande creatività dell’artista. Sassu fu anche validissimo scultore, autore di numerose opere monumentali, nonché ceramista, illustratore e scenografo, ma è dai celebri dipinti che emerge con maggior nitore la vivace sperimentazione linguistica, che si riverberà nella sua lunga produzione. La mostra si apre con "I Costruttori" del 1929, un’opera che ancora risente molto, per la sintesi rigorosa delle forme e la geometrizzazione degli spazi, degli esordi futuristi di Sassu. Artista estremamente precoce, il giovane Aligi viene scoperto da Martinetti e a soli 16 anni espone alla Biennale di Venezia. Quella lettura della realtà si prolungherà fino ai primi anni 30, quando Sassu intraprende la saga degli Uomini Rossi (ampiamente documentata in mostra), che esibiscono nella loro gioiosa nudità il rifiuto del tempo storico. L’artista approda dunque, alla messa a punto del linguaggio realista che segnerà la sua adesione al movimento di Corrente, di cui è ispiratore e protagonista. L’esito ideale di questa ricerca è il Grande Caffè, iniziato nel 1936, ma portato a termine solo nel 1939, dopo la lunga interruzione dovuta all’arresto di Sassu, accusato di cospirazione. Il grande dipinto è emblematico dell’approdo di Sassu a una scrittura del reale che si rifiuta ormai ogni sovrapposizione formale. Ma il realismo di Sassu non si riduce mai a cronaca del vero e tenta spesso le strade del "racconto di una possibilità esemplare". Come accade nella splendida "Sortita dei cavalieri veneti a Famagosta", del 1940, il grande dipinto che chiude la mostra, dove un episodio del 1571 (la battaglia davanti alla città cipriota di Famagosta, dominio di Venezia, stretta d’assedio dai turchi) diventa pretesto per una battaglia che l’artista vorrebbe combattere contro i tiranni del suo tempo.

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