GAVINO DOBBO PRESIDENTE A VIGEVANO: S'EMIGRADU ALLO SPECCHIO

di Massimiliano Perlato

 

 

"Tottus in Pari" incontra Gavino Dobbo, Presidente del circolo "S’Emigradu" di Vigevano in provincia di Pavia. Un viaggio a ritroso per ripercorrere le tappe della personale emigrazione condita da episodi, soddisfazioni ma anche tanta sofferenza. L’amore per la Sardegna mai domo tanto da essere parte attiva nel mondo migratorio sardo organizzato.

Gavino, la tua storia come emigrato…

Sono nato a Perfugas (Sassari) nel 1943. Fin dalla giovanissima età, in Sardegna, ho iniziato a fare il pastore e il contadino: che vita dura, ai tempi!! Però ho anche avuto la possibilità di frequentare una scuola di avviamento professionale, che insegnava a lavorare il sughero, ed è stata un’ottima base per il lavoro che mi attendeva una volta emigrato. Si studiavano Fisica, Meccanica, Matematica, Chimica. A 19 anni, primi anni Sessanta, sono arrivato a Vigevano, con la sorella di mio padre e la sua famiglia. Loro avevano già la casa "prenotata", quindi non ci siamo trovati a disagio; subito ho trovato lavoro, allora ce n’era tanto, come meccanico. Occupazione che ho tenuto per 10 anni, poi ho preso la patente per conduttore di generatori di vapore e ho svolto questo lavoro per 25 anni. Non sono stato molto tempo insieme alla famiglia di mia zia, perché dopo un anno ho cercato casa e sono arrivati mio padre, una sorella e un fratello. Mia madre è morta quando avevo solo 13 anni.  Da emigrato non ho mai sofferto troppo la nostalgia o la solitudine, piuttosto ne ero vittima quando ero in Sardegna ad accudire gli animali: passavo intere giornate da solo, senza vedere nessuno né poter scambiare parola con qualcuno.

Come ti sei avvicinato al circolo?

Il primo circolo che ho frequentato è stato quello di Milano (quello di Vigevano ancora non c’era), nei pressi della stazione di Porta Genova: era il 1974. Lì ho conosciuto quella che sarebbe diventata mia moglie, Maria Cleofe Accalai, di Turri (Cagliari), che era già tesserata. Per starle vicino mi sono tesserato anch’io. Galeotto fu quel circolo! Frequentandolo oggi, frequentandolo domani, ci siamo sposati e abbiamo avuto due figli, Fabrizio e Mauro. Quanta fatica per crescerli e farli studiare… ora sono grandi, sono ingegneri e ce la fanno da soli, ma quando ho bisogno di qualche aiuto (soprattutto per il computer), si prestano volentieri. Al circolo di Vigevano praticamente ci sono da quando è nato, nel 1976. Sono venuti a cercarmi a casa uno studente universitario sardo, Giovannino, e un altro paio di giovani, per chiedermi se volevo aiutarli a fondare un’associazione, e ho accettato con entusiasmo. Riuscimmo nella nostra impresa e quel circolo è ancora in piedi, dopo tanti alti e bassi. Ho svolto diversi incarichi: da quello di tesoriere, a revisore dei conti, fino a quello di presidente, ruolo che rivesto da due legislature.

In trent’anni hai visto cambiare il mondo dell’emigrazione sarda organizzata. Quali sono le differenze sostanziali?

Nei primi vent’anni il circolo era molto frequentato, soprattutto da intere famiglie: bambini, giovani, donne; si organizzavano incontri ricreativi e culturali. Quando i figli sono diventati adulti hanno iniziato a partecipare meno, e le mamme li hanno seguiti, insieme ai padri. Ora c’è meno partecipazione, anche perché le persone anziane non ci sono più, e i ragazzi frequentano altri ambienti.

Da Presidente del "S’Emigradu" ti sei tolto tante adempimenti… Qualcuna ha lasciato il segno… Sono stato eletto presidente la prima volta nel 2004; il nostro obiettivo, come direttivo e come insieme di soci, è sempre stato quello di essere presenti alle manifestazioni non solo nostre ma anche dei circoli vicini e della FASI. L’evento più importante che ricordo con emozione è Sa die de sa Sardigna, nel 2005, che si è svolta nella nostra città, in collaborazione con gli altri circoli della Lombardia, il cui aiuto è stato fondamentale. Altro punto sostanziale delle nostre attività è la presenza sul territorio, coinvolti dalla Pro loco, grazie alla quale abbiamo promosso l’esibizione di molti artisti sardi nella città di Vigevano, in luoghi prestigiosi come la piazza Ducale e palazzo Merula. Inoltre, ogni anno, organizziamo una festa in un paese vicino, Cilavegna, dove promuoviamo la cucina e la cultura sarda. L’anno scorso siamo stati tra i promotori di incontri su Giuseppe Garibaldi, Antonio Gramsci e Giuseppe Dessì, per far conoscere queste figure ai pavesi, e anche ai ragazzi delle scuole.

Begli adempimenti. Ma ora, come vedi il futuro delle associazioni, dove vorresti che migliorassero?

Sinceramente sono un po’ preoccupato. Manca la partecipazione soprattutto dei giovani, e sono sempre meno quelli che si impegnano e mettono a disposizione il loro tempo per mandare avanti i circoli. Se continuasse a diminuire questo coinvolgimento, penso che una soluzione potrebbe essere l’accorpamento di associazioni, un po’ come fanno le banche, in modo da unire le forze (poche ma buone), e se qualcuno non riesce con le proprie risorse, potrebbe intervenire il circolo vicino. Certo, riuscire a camminare con le proprie gambe sarebbe ancora meglio. Come strumento per migliorare, si potrebbe seguire la strada dell’aggiornamento delle attività culturali e della partecipazione al volontariato, sia a livello locale che nazionale; dobbiamo far sentire che ci siamo, e renderci sempre utili agli altri. Vanno bene i convegni sugli uomini che hanno fatto la Storia, ma sono altrettanto importanti quelli sulla Storia moderna, sull’economia e sulla politica attuale, perché è sulla situazione odierna che dobbiamo misurarci, come soci dei circoli e come cittadini.

 

 

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