LA SUA QUALITA’ PIU’ SPICCATA ERA L’INTUITO: UMBERTO TICCA UNA FIGURA DA RISCOPRIRE, INTERVISTA ALLA FIGLIA SERENELLA

Umberto Ticca

di LUCIA BECCHERE

Era il 2005, quando il Comune di Cagliari ha intitolato al noto imprenditore dorgalese, Umberto Ticca (1913-1992), il viale che collega la Carlo Felice alla Statale 554. Antesignano della ricostruzione della città, l’ingegner Ticca aveva dotato la Sardegna di infrastrutture, contribuendo alla rinascita del territorio. Avendo capito che l’egemonia di un potere non si può detenere in eterno, aveva agevolato la formazione dei giovani, insegnando loro ad essere innovativi, ad agire piuttosto che eseguire. Nel 1977 è stato insignito del titolo Cavaliere di Gran Croce, massima onorificenza della Repubblica italiana.

La storia della “Famiglia Grande”, che ha origine a Dorgali con don Francesco Ticca e donna Maria Luigia Mariani, è stata raccontata nel libro “C’era una volta…il mondo negato” edizioni Albatros, dalla figlia di Umberto, Serenella, avvocato e giornalista la quale, dal 1978 al 1989 ha guidato l’ufficio stampa e le relazioni esterne di Confindustria Sardegna, ha collaborato con numerose testate locali e nazionali, ha tenuto corsi di Comunicazione aziendale allo IED e nel 1983 ha fondato la I.M.C., prima azienda di comunicazione integrata in Sardegna, contribuendo alla formazione di nuove figure professionali. Attualmente è presidente dell’Associazione no profit The cosmic Tree, a favore delle persone colpite da patologie rare.

Avvocato, cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?  Quando è stato intitolato un nuovo viale a mio padre, il Comune di Cagliari mi aveva chiesto di scrivere il suo curriculum. Poiché lui era tanto altro, quella è stata l’occasione per farlo.

Quale il significato del titolo? A metà della mia vita, mi sono trovata improvvisamente in un mondo cambiato nella sua concretezza. Cagliari, che prima aveva una identità molto forte con i suoi strati sociali, culturali e professionali ben distinti, oggi è una città caotica dove c’è una massa che corre senza progetto. Mi sono resa conto che tante cose, di cui ho goduto senza neppure chiederle, mi sono venute meno e questo ha cambiato la mia vita da un momento all’altro.

Quanto è importante il passato? Se non si custodisce un passato, il futuro lo si nega. Del mio passato non ho perduto niente perché tutto è rimasto dentro di me, anche se, da adulta, questo mondo non ha continuato ad accompagnarmi. Ecco perché dico negato.

Chi è per lei suo padre? Un filo conduttore, una persona nella cui scia mi sono inserita. Devo a lui quella che sono, perché il suo esempio mi ha sempre guidato e da cui mi sono anche scostata. Avendo vissuto il ’68, non potevo condividere le idee di una persona nata 30 anni prima con dei retaggi educazionali difficili da sradicare e quando lui mi ha avversato, cercando di mettermi dei limiti, io non li ho rispettati. Ho lasciato tutto e sono partita a Roma con i soldi che un amico mi aveva prestato, rifiutando soluzioni più comode.

In che cosa gli somiglia?  Gli somiglio molto sia fisicamente che nel carattere. Come lui, non vivo il presente perché progetto il futuro.

Invece, in che cosa si discosta? Non la pensavamo allo stesso modo nel decidere della mia vita autonomamente.

Cosa apprezzava maggiormente in lui?  Il basso profilo, la generosità e l’intelligenza, il valore dell’amicizia e della famiglia, l’amore per la natura e per gli animali. Tuttavia, l’intuito era la sua qualità più spiccata.

Oggi, cosa gli chiederebbe?  Di raccontarmi di lui, delle tante cose che mi ha taciuto.

Ha fatto un viaggio di nozze da mille e una notte in Medio Oriente, lo rifarebbe? Ho visto cose che altri non possono più vedere. Ho visto una Persia, attuale Iran, che non esiste più. Oggi non andrei in quei luoghi, perché tutto è diverso.

Un rimpianto? Non aver detto abbastanza “ti voglio bene” ai miei genitori.

https://www.ortobene.net/

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