A PROPOSITO DI POESIA, INTERVISTA AD ENRICO JAMES SCANO

Enrico James Scano

di MARIAZZURRA LAI

Enrico James Scano è nato a Iglesias, nel sud-ovest della Sardegna, ma è cresciuto nella città di Cagliari. Due lauree, una in Lingue e Comunicazione e l’altra in Ingegneria dei Trasporti. Enrico da parecchi anni insegna inglese e inglese tecnico dell’Informatica nelle scuole con corsi per adulti e bambini. Suo padre era un pittore e da lui ha ereditato la sua vena artistica. Anche sua sorella Eleonora scrive e ha all’attivo un libro giallo intitolato “Omicidio d’artista” ambientato a Torino, città nella quale lei vive da anni. E. J. Scano ha un rapporto molto stretto con Torino, città elegante e dalle atmosfere magiche, che gli hanno ispirato tante storie.

La scrittura è la grande passione di Enrico James Scano. Scrivere e comunicare sono i suoi due capisaldi e attraverso i versi ama esprimere le emozioni sue e di chi lo circonda.

A novembre 2022 Scano ha pubblicato la sua nuova raccolta poetica intitolata Perle. La silloge contiene 100 poesie che ancora una volta hanno come temi fondanti le emozioni legate all’amore, alla malinconia, alla gioia, alla tristezza, alla speranza, al sogno, al dubbio, alla morte, alla natura che palpita di vita. Per questo motivo il poeta ama autodefinirsi il Poeta dell’anima.  Scano predilige infatti la descrizione degli “stati interiori”, visti metaforicamente come un viaggio all’interno di sè stessi per la ricerca della propria essenza e della felicità, 

Precedente a Perle è la silloge Piume che è stata pubblicata a novembre del 2021 dopo gli anni dell’Era Covid. Piume si riferisce al bisogno di ritrovare la leggerezza dopo il periodo tormentato e pesante che tutti noi abbiamo trascorso negli ultimi anni della pandemia. Entrambi i libri sono disponibili per l’acquisto su Amazon. 

Le raccolte poetiche precedenti si intitolano Tempi moderni (2014) e Una finestra sull’anima (2015) che contengono anche dei racconti brevi mentre con la Inknot Edizioni Scano ha pubblicato la favola per bambini L’Eremita di Fontanablu  (2014).

A proposito di poesia. Intervista a Enrico James Scano

Ingegnere civile, insegnante di Inglese e scrittore. Il poeta delle due menti, quella che sente e quella che pensa. Incuriosita dalla sua anima poliedrica, gli ho posto una moltitudine di singolari quesiti per poi immergerci nella sua ultima e leggiadra opera letteraria, dal titolo “Piume”.

I tuoi libri fin dal primo edito nel 2014, Tempi Moderni, tra le righe risultano portatori di luce e speranze in questa oscurità moderna. Hanno tutti il mezzo del valore e del sentimento e come traguardo, la riflessione e il cuore. Da amante della poesia, trovo siano delle leggendarie intuizioni contemporanee. Raccontaci il tuo approccio alla scrittura. Hai iniziato a scrivere a seguito di qualche avvenimento cruciale? Come ti senti quando alleni il respiro della scrittura e poi, nero su bianco, assecondi la tua ispirazione? Quando scrivo è perché sento la necessità impellente di farlo, è come un’energia che mi possiede e mi trascina con sé in un vortice di sensazioni e parole. Sono pensieri che nascono senza preavviso sull’onda di una ispirazione – non scrivo a tavolino – e possono nascere a qualsiasi ora del giorno o della notte. Spesso mi capita di svegliarmi nel cuore della notte con dei versi nella mente. Allora accendo la luce e mi metto a scrivere prima che svanisca il ricordo dell’idea poetica. Scrivere per me è come una catarsi, come un rito di purificazione. Mi sento meglio dopo che ho messo nero su bianco ciò che volevo dire. Allo stesso modo credo che anche leggere lo sia.   Ho iniziato a scrivere poesie in seguito alla morte di mio padre. Prima di quell’evento doloroso scrivevo solamente dei racconti ma poi è come se la grandezza di quel dolore avesse aperto una porta verso l’anima e le sue declinazioni.

Raccontaci la scelta di auto-pubblicarti. L’auto-pubblicazione è arrivata per due motivi distinti. Dapprima ho provato a inviare la mia prima raccolta poetica a svariate case editrici nazionali, alle più famose e importanti, ma da tutte ho avuto le stesse risposte: nonostante il mio lavoro fosse di grande interesse, la grande editoria è interessata a pubblicare solo narrativa perché la poesia non fa vendere e non produce guadagni. Il mondo gira attorno al business ormai.  È anche vero che viviamo nel Ventunesimo secolo, in cui il mondo sta cambiando. Siamo sempre più immersi nella tecnologia e nel giro di pochi anni vivremo il Metaverso. Già da adesso grazie alla Rete vi sono numerose aziende che offrono la possibilità di auto pubblicarsi con un ottimo sistema di vendita, promozione e distribuzione delle copie. Anche molti famosi autori del passato si sono auto-pubblicati come Edgar Allan Poe, Gabriele D’Annunzio, Goethe e non avevano a disposizione i mezzi tecnologici di oggi. Per cui mi sono detto: “Perché non farlo anch’io?”.  Con i mezzi tecnologici ho un buon rapporto e grazie all’aiuto di mia sorella che si occupa di grafica ho potuto creare anche le copertine accattivanti che desideravo per i miei libri.   Mi piace autopromuovermi e sono convinto che questo sarà il futuro dell’editoria digitale e non. 

Che differenza esiste, a tuo parere, in quanto per me c’è, tra lo scrittore e il poeta? C’è una grande differenza tra scrittore e poeta, tra prosa e poesia. Lo scrittore deve fare un lavoro più ingegneristico e razionale quando pensa a un romanzo o a un saggio. Deve creare una struttura, prevedere la trama e le sue svolte, pensare al finale. Deve limare più e più volte ciò che scrive e lo deve rendere credibile per fare stare in piedi la storia. Il poeta invece scrive più di getto, come in un flusso di coscienza.  Al massimo sistema qualche rima e deve badare alla metrica ma oggi si scrive anche in versi sciolti e a schema libero per cui anche quello viene meno.  In realtà la poesia per me è la madre della letteratura, tutte le grandi intuizioni, anche quelle dei romanzieri, nascono da un’idea poetica. Poi il lavoro però si diversifica.

Ti senti più poesia o prosa? Mi piace scrivere anche dei racconti in prosa, racconti brevi. Il mio sogno è scrivere un romanzo. Ci sto lavorando da un po’ di tempo, ho varie storie aperte da concludere ma – come detto prima – il lavoro di scrittura di un romanzo è diverso, richiede più tempo e molti accorgimenti per cui vado a rilento. In ogni caso inserisco la poesia anche nella prosa, la poesia è onnipresente per cui mi sento senza dubbio più poesia.

“Piume”, il tuo libro di poesie. Possiamo considerarlo un viaggio interiore, fra i meandri del proprio respiro in momento storico e che è già storia, in cui il distacco sociale imposto dalla pandemia costringe l’individuo a ripiegarsi su sé stesso e a riflettere sulle proprie ombre. Raccontaci come la tua vena poetica è stata “influenzata” dalla clausura sociale e quanto abbia spronato la tua prosa e ispirazione. La pandemia ci ha costretto tutti a casa per un lungo tempo, lontani dai contatti sociali, in un esilio forzato ma casalingo. In tutto quel lasso di tempo ho avuto tanto tempo per stare da solo con me stesso e sperimentare il peso di quella situazione oscura, sconosciuta a tutti e per questo portatrice di ansie e tante paure. Il desiderio di normalità e del ritorno alla presenza si è fatto forte. C’era bisogno di speranza e leggerezza per tutti. Così sono nati tanti racconti e tante poesie dedicate a queste sensazioni e la raccolta non poteva che intitolarsi Piume, metafora non solo della penna con cui si scriveva una volta ma anche di quella leggerezza che andiamo cercando dopo questo periodo molto buio che abbiamo affrontato. La prefazione del libro è stata scritta da una mia collega, docente di italiano, Francesca Atzei che in poche righe è riuscita a riassumere il mio sentire.

Come per “Piume”, hai scelto dei titoli che profumano di talco. Raccontaci di “Perle”, la tua ultima raccolta.  Perle È l’ultima nata in casa Scano. Si tratta di una raccolta di poesie che considero preziose alla stregua di perle, che il lettore deve scoprire come un tesoro prezioso nascosto agli sguardi superficiali. Sono poesie che parlano della vita, del tempo che scorre, di ciò che è stato e che vivrà per sempre attraverso parole e sentimenti condivisi. C’è spazio anche per temi diversi come, ad esempio, il cibo e per qualche filastrocca divertente. La prefazione è stata scritta da un’altra mia collega, docente di Inglese, Elisabetta Boi, che mi conosce da anni e conosce il mio animo e ciò che scrivo. Il libro è stato presentato per la prima volta a Cagliari a dicembre 2022 in una serata condotta da Alessandra Sorcinelli con le letture di Rita Lo Nardo, Franco Carta e Francesca Petrucci. Una nuova presentazione è prevista il 3 febbraio 2023 a Iglesias presso la Biblioteca Comunale e stavolta sarà a cura di Paola Omezzolli e dell ‘Associazione Culturale di cui faccio parte, NOA.

Le tue poesie, i tuoi personaggi sono tutti reali o anche inventati? Le mie poesie non sempre sono autobiografiche. Nelle maggior parte dei casi mi ispiro a ciò che vedo è sento attorno a me. Sono un buon osservatore silenzioso, ho una certa sensibilità che mi porta a leggere tra le righe anche il non detto e spesso mi interrogo sui pensieri e i dolori degli altri, cero di comprenderli e questa sensibilità mi porta poi alla necessità di mettere in versi passioni e tormenti della gente. A volte sono anche le mie, altre volte no. Difficilmente invento personaggi, lo faccio solo quando scrivo i racconti.

Quando scrivi, ti concentri nel creare concordanza fra il mondo interiore e quello circostante oppure ti perdi in quello ideale? C’è sempre concordanza tra il mondo interiore e quello circostante. È la realtà che nella maggior parte dei casi influenza il nostro io interiore, il nostro vissuto. Il mondo ideale è l’unico che non esiste ma influenza anch’esso il nostro mondo interiore ma lo fa in senso negativo, ciò che non è o non è stato o non sarà ci fa soffrire e da questo strappo nascono molte delle mie liriche.

Nell’impugnare la penna, le tue idee fluttuano facilmente o le elabori dall’osservazione del mondo circostante? Cosa ti ispira? Chi ti ispira? Come ho detto prima, i miei versi nascono dell’ispirazione di un momento, da qualcosa che avverto dentro di me consapevolmente o inconsapevolmente. Spesso sono ispirazioni prepotenti, dei veri e   propri fiumi in piena pronti ad esplodere, che non mi lasciano tregua fino a che non li metto nero su bianco. Mi ispirano tutte le storie, umane e no, la natura e la sua bellezza, felicità e malinconia che      spesso sono due lati di una stessa medaglia.

Domanda di rito: ami scrivere con la penna o al pc? A prescindere dalla risposta, ti chiedo di regalarci un tuo pensiero su quale risulta per te, la differenza nell’approccio alla scrittura attraverso questi due mezzi così opposti. Un tempo scrivevo solamente con la penna su fogli di carta, non ne potevo fare a meno.  Amo il profumo della carta e il rumore dei fogli pieni di inchiostro. Da parecchi anni ormai invece non posso più fare a meno di scrivere sulle note del mio smartphone. È un dispositivo che ho sempre con me per cui mi aiuta a conservare le idee, ad effettuare veloci modifiche, a condividere ciò che scrivo.  Spesso condivido delle mie poesie anche sui social e tramite lo smartphone bastano pochi click per arrivare a tante persone in contemporanea. Di notte lo tengo sul comodino per cui è a portata di mano nel caso arrivino versi mentre dormo.

È fondamentale ma non scontato chiederti, ti piace leggere? Qual è il tuo genere riflessivo? Riflessivo perché un libro, ha il potere di insegnare e segnare il suo lettore. Adoro leggere e immergermi nelle storie, vivere le vite degli altri. Ho divorato tutti i libri degli scrittori europei e americani del 1800 e di inizio 1900. Le mie letture preferite sono i Grandi Classici inglesi come i romanzi di Charles Dickens, di Oscar Wilde (adoro il suo humour), Henry James, Jane Austen, le sorelle Bronte. Il Romanticismo è il mio genere riflessivo, le poesie di Lord Byron, William Wordsworth, Ugo Foscolo mi hanno sicuramente segnato e fatto crescere in me la passione per questo genere letterario. Dei poeti contemporanei mi piace leggere le opere di Pablo Neruda, Charles Bukowski e Alda Merini.

Quanto incide il parere altrui sul tuo estro? Il parere altrui sul mio estro non ha alcuna influenza. Io scrivo indipendentemente da ciò che gli altri pensano o vogliono che io scriva. Per me è quasi impossibile scrivere a comando, è sempre qualcosa che viene da me, lo devo sentire. Mi sento molto libero in questo.

Cosa provi quando i lettori ti fanno i complimenti per il tuo libro? Raccontaci un aneddoto. Quando ricevo complimenti per ciò che scrivo è sempre un piacere ma non perché io sia uno che ami i complimenti. Mi rendo infelice perché è in quel momento che io so con certezza che ciò che     volevo comunicare è stato recepito o che comunque il lettore ha ricevuto una sensazione forte, qualsiasi essa sia in seguito alla lettura della poesia, per cui sono riuscito a comunicare. Ed è l’unica cosa che mi interessa, al di là del mero complimento. Sono felice quando qualcuno mi            ringrazia per aver scritto qualcosa perché magari aveva bisogno di leggere proprio quello che ho scritto. Per me la poesia ha un   ruolo taumaturgico, di guarigione. Nel libro Perle parlo del poeta come di un sacerdote che prova a illuminare il cammino delle anime. Una volta mi scrisse un lettore che aveva appena letto una mia poesia che parlava di seconde possibilità, di nuovi orizzonti             e del fatto che non era mai troppo tardi per ricominciare. Lui stava vivendo un periodo in cui sentiva      che tutto era perduto e mi scrisse che grazie alle mie parole aveva riacquistato la fiducia e che dal giorno dopo avrebbe lottato per riprendere in mano le redini della sua vita. Queste sono le cose che mi fanno veramente piacere.

Come ti senti in modo sincero e reagisci quando, d’altro canto, ricevi delle critiche? Raccontaci la peggiore. Anni fa quando ricevevo una critica ci rimanevo male. Col tempo ho imparato ad apprezzare anche  le critiche, quelle costruttive si intende. Sono del parere che c’è sempre da imparare, anche dalle critiche. Non amo le critiche gratuite, fatte da persone senza nome o da chi vuole a priori screditare opere e lavori senza averne analizzato bene la sostanza. Ciò che scrivo può non piacere a tutti e questo è un dato di fatto di cui sono conscio. A molti non piacciono proprio le poesie come genere per cui non riescono a sentire le vibrazioni. A me, ad esempio, non piacciono le poesie troppo criptiche. Ci deve essere sempre uno spiraglio di comprensione per dare un terreno e uno spazio di manovra al lettore. Se l’autore è troppo ermetico rischia di capirsi da solo. Una volta una lettrice che aveva letto sia i miei primi racconti che le mie poesie mi disse che mi         riuscivano bene le poesie ma che dovevo lasciar perdere i racconti perché non ero all’altezza. La critica mi colpì parecchio ma mi indusse non a smettere ma a cercare di curare di più la stesura dei racconti, che, come ho detto prima, è una cosa completamente diversa da quella dei versi. Dunque, ogni critica è qualcosa che può solo spronare a correggere il tiro quando tu non lo noti. Il piedistallo non fa per me, l’umiltà è il mio faro nella notte.

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13 commenti

  1. Antonella Manca

    Congratulazioni Enrico James

  2. Enrico James Scano

    E sono sulla rivista dei sardi “Tottus in pari” nel bellissimo articolo-intervista di Mariazzurra Lai che mi ha posto delle domande davvero interessanti sulla poesia. Si parla anche di Perle

  3. Congratulazioni

  4. Elisabetta Bou

    Wowwwwwww HENRYYYYY UN INTERVISTA SUPER!@!!!! DOMANDE ORIGINALISSIME MA LE TUE RISPOSTE SUPERTOP. DAVVERO MILIARDI DI COMPLIMENTI!@!@!!STAI DIVENTANDO SEMPRE PIÙ GRANDE!@!!!!!!

  5. Ke bello con il libro condivido felice serata

  6. Alessandra Sorcinelli

    Favoloso

  7. Alessandra Sorcinelli

    Un sensibile poeta che ho avuto il piacere e l’onore di presentare a Cagliari

  8. Piume, da leggere sicuramente

  9. Complimenti , belle domande buone risposte

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