I NURAGHI VERSO L’UNESCO: L’INCONTRO ONLINE CON GLI EMIGRATI SARDI NEL MONDO E L’ARCHEOLOGO FRANCO CAMPUS

di STEFANIA CUCCU

In data 14 gennaio 2023, si è svolto l’incontro dal titolo “ICHNOUSSA, L’ORMA DEL MEDITERRANEO: LA SARDEGNA DEI NURAGHI FRA ORIENTE ED OCCIDENTE (XVII-IX sec. a. C. ) In cammino verso il riconoscimento Unesco”, grazie al laboratorio “Distanti ma uniti. Casa Sardegna on line”.

L’incontro è stato animato da Franco Campus, Archeologo.

Campus laureato a “La Sapienza” di Roma, e specializzatosi alla stessa, si è da sempre occupato di protostoria Europea e dell’età Nuragica.

Studioso tra i più attenti alla divulgazione della civiltà nuragica lo si ricorda a Firenze per la  mostra al Museo Archeologico Nazionale su “Identità e orizzonti di una civiltà mediterranea :la Sardegna Nuragica”. Tra le ultime sue attività la consulenza per la trasmissione, di e con Alberto Angela, “Ulisse” andata in onda nello scorso aprile, dove si parlava del nuraghe di Sant’Antine.

Franco Campus ha catturato l’attenzione dei partecipanti spiegando il misterioso mondo dell’archeologia sarda e l’importanza del riconoscimento dei NURAGHI presso l’UNESCO.

Il nuraghe è considerato il simbolo della Sardegna tanto che alcuni lo hanno chiamato “il principe dell’orizzonte” in quanto si offre ad arricchire ed esaltare il paesaggio che sta intorno.

I primi nuraghi appaiono in Sardegna attorno al 1850 a. C. sottoforma di costruzioni poggianti su struttura a basamento con alzato in forma circolare troncoconica che assume il nome di proto nuraghe. Successivamente tale struttura originaria subisce una trasformazione architettonica tale da procedere all’abbandono del basamento e a realizzazioni megalitiche detti con volta a tholos (aggettante verso l’alto) che individuano i cosiddetti nuraghi semplici. In certi casi la struttura costruttiva sfrutta la conformazione favorevole di rocce o altre situazioni geologiche del suolo, appoggiandosi o riparandosi tramite rocce particolarmente indicate allo scopo; tali nuraghi vengono definiti anche pseudonuraghi, mentre in tempi successivi il primitivo torrione venne circondato da una o più torri che fanno assumere alla costruzione una forma piuttosto complessa. Si vanno formando così i complessi nuragici principeschi (spesso chiamate eufemisticamente ‘regge nuragiche’) come quelli di Santu Antine di Torralba (SS), il complesso di ‘Su Nuraxi’ di Barumini (CA) e quello di ‘Arrubiu’ ad Orroli (NU). Numerosissime sono le testimonianze, presenti ai giorni nostri, dell’esistenza di un numero elevatissimo di queste strutture megalitiche: attualmente se ne contano più di 7000 e forse altrettante sono state definitivamente distrutte dalla successiva azione dell’uomo nella sua trasformazione del territorio, specie nel più recente periodo storico, a seguito dell’emanazione della ‘Legge delle Chiudende’ (1820) che offriva a tutti di divenire proprietari degli appezzamenti di terre chiuse con muro a secco. Una vera e propria catastrofe per gli antichi monumenti più esposti al saccheggio necessario per il prelevamento dei materiali da recinzione (lastre, pietre).

Il nuraghe non sorge a caso: il territorio deve rispondere a speciali requisiti per garantire la sussistenza e la vita quotidiana degli abitanti; deve offrire una ricerca accurata della selvaggina e la possibilità della caccia, e l’acqua per l’abbeveramento e per l’agricoltura. È quindi chiaro che la ricerca dei punti per la costruzione dei nuraghi è estremamente precisa.

Il nuraghe è inoltre un edificio progettato sin dalle sue fondazioni per durare in eterno: viene studiata la planimetria, i tempi di costruzione, la quantità di materiale necessario.

Intorno al nuraghe si sviluppa il villaggio dove le persone organizzano le attività quotidiane. Tra queste, la lavorazione dell’argilla è particolarmente importante. Lo testimoniano i numerosi vasi ritrovati in molte località del Mediterraneo che ci fanno capire che i nuragici affrontano il mare, e il mondo. Entrando in contatto con nuovi popoli investono in cultura e innovazione. La presenza di questi vasi, quindi, testimonia che non c’è diffidenza, ma apertura agli altri…

Dopo la lavorazione dell’argilla i nuragici imparano la lavorazione dei metalli e inizia un grande lavoro di riproduzione attraverso la creazione dei bronzetti nuragici.

I bronzetti nuragici rappresentano tutte le caste del periodo: pastori, sacerdotesse, capi tribù, arcieri, spadaccini, ma anche mobili, navicelle, modelli di nuraghi, animali…Vengono costruiti attraverso la tecnica della cera persa, una tecnica molto particolare che è diffusa in tutto il Mediterraneo ed è usata tutt’oggi dagli orefici (anche se con elementi diversi). In epoca nuragica si usano i forni a carbone che vengono soffiati con dei mantici per dare ossigeno e aumentare la temperatura all’interno della camera di combustione.

Perché chiediamo il riconoscimento dell’UNESCO?

L’Unesco nasce nel dopoguerra dalle macerie del nazifascismo con l’obiettivo di costruire la pace nelle menti degli uomini e delle donne attraverso l’educazione, la scienza e la cultura. Per la prima volta si parla di UMANITA’!

Questo è il principio da cui partire: i beni archeologici non sono solo segni identitari della Sardegna, ma di tutto il mondo. Il patrimonio della nostra isola dev’essere messo a disposizione di tutti, come un dono offerto al mondo affinché faccia tesoro degli insegnamenti forniti da questa preziosa civiltà.

E di insegnamenti ne abbiamo avuto tanti:

-i nuragici vivono in armonia con la natura e la rispettano, principi che sembrano non appartenere all’uomo moderno che costruisce sui letti dei fiumi o in zone estremamente pericolose sfruttando il territorio per interessi prettamente economici;

-i nuragici costruiscono edifici destinati a durare in eterno e spesso li corredano di sistemi idraulici per la raccolta e la distribuzione dell’acqua;

-il loro desiderio è tramandare ai posteri, è non essere dimenticati. Per questo, dopo un periodo di circa 100 anni in cui i nuraghi vennero costruiti, inizia la fase di riproduzione attraverso i bronzetti nuragici con la tecnica della cera persa, che consente di farli arrivare sino ai giorni nostri.

Come possiamo vedere, nuraghi, tombe dei giganti, bronzetti nuragici, sono sì immagini di un popolo, ma sono soprattutto esito di una mente umana.

Questo significa che l’archeologia non racconta solo di monumenti: è la storia di uomini, di una comunità, di una civiltà che ha utilizzato tutte le strategie per restare immortale.

Questa storia di luoghi e di persone non può restare confinata alla Sardegna: la madre terra di chi è nato e vive in Sardegna, la madre terra di chi è nato e vive all’estero, ma deve essere parte della Madre complessiva che è l’Umanità.

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