L’ISOLA, TERRA DI LUCE: LA LONTANA SARDEGNA VISTA CON GLI OCCHI DEI FRANCESI

di LUCIA BECCHERE

Anni cinquanta del ‘900, nelle librerie parigine si notava l’assenza di opere dedicate alla Sardegna mentre la Sicilia era rappresentata da moltissimi scritti. Col contributo della Regione Sarda, presidente Giuseppe Brotzu e assessore al turismo Antonio Gardu, gli autori Fernand Hayward e Jean Imbert, nel 1956 pubblicavano in Francia il libro: “Sardaigne terre de lumière” – Nouvelle édition latine. L’opera voleva essere un invito a tutti i turisti che, giunti a Parigi, intendessero visitare la nostra isola.

Ad infrangere il muro d’indifferenza nei confronti della cosiddetta cenerentola sarda, fu lo storico greco Cristian Zervos (1889-1970) con il suo libro sulla protostoria sarda “La Civilisation de la Sardaigne”, 1954. Fatta eccezione per l’opera di La Marmora “Voyage en Sardaigne pubblicata a Parigi  nel 1826, vera summa  delle conoscenze dell’isola, tutti gli scritti fino a quel momento dedicati alla nostra isola la presentavano dal punto di vista ora storico, folcloristico, archeologico, economico, ma non tutte queste cose insieme come nel testo in oggetto.

Hayard e Imbert, durante la traversata sulla nave Campania Felix che li avrebbe condotti in Sardegna, incontrarono degli emigrati isolani con i quali disquisirono sulla lingua sarda, sulla malaria che aveva colpito l’isola e sul buon vino, per i sardi un antidoto per guarire molti mali, più efficace di tutte le farmacopee. L’incontro assurse a premessa dell’accoglienza e dell’ospitalità di cui avrebbero beneficiato durante il soggiorno.

Colpiti dall’accento secco, dalla musicalità e dalla dolcezza delle inflessioni di una lingua del tutto particolare, attribuirono la maniera di pronunciare la “o” e di raddoppiare certe consonanti ad un vezzo che contrastava con la corporatura bassa e tarchiata degli abitanti. Tutto questo creò in loro un certo smarrimento.

L’obiettivo dei due viaggiatori era quello di studiare i molteplici aspetti di uno dei paesi più interessanti del vecchio continente, portarli a conoscenza del pubblico francese presentando in un solo volume, geografia e storia, lingua e tradizioni, risorse e possibilità di sviluppo, perfino un quadro di lavori in corso per una cultura intensiva della terra e una corretta ripartizione dell’acqua, ma soprattutto per indicare la strada ad altri che avrebbero potuto meglio approfondire i temi oggetto del loro studio.

I due studiosi, non trovarono certo la Nuoro della Deledda, ma i quartieri serrati fra le vie strette dalle case basse avevano conservato un sapore antico di un vissuto sottraendolo alla solitudine del tempo: l’Ortobene, la celebre processione del Redentore, i nuraghi, le sorgenti d’acqua. E ancora Dorgali con il suo artigianato e le sue grotte, i preziosi costumi delle donne di Oliena. Orgosolo misteriosa e primitiva, il Gennargentu ricco di sughereti e castagneti e Bruncu Spina con i suoi 1829 metri. Orani e Sarule, il monte Gonare col santuario, Gavoi, Ollolai e Olzai, paesi pittoreschi che fanno della Barbagia una regione unica in Europa. Il loro viaggio si concluderà dopo avere visitato la provincia di Cagliari e Sassari.

L’opera, pur non essendo esaustiva in tutte le sue parti, è certo un vademecum evocativo e accattivante per chi volesse conoscere questa isola. “Terra vecchia – recita il libro – sul cui suolo pulsa il cuore di un intero popolo il cui attaccamento alla terra madre è risaputo. Il peggiore castigo in cui un suo figlio possa incorrere è di esserne allontanato. Occorre accostarsi alla Sardegna con amore sincero, si è fortunati se si vive in questa terra dolce e aspra e si è fortunati a non dimenticarla mai”.

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Un commento

  1. Auguriiii

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