L’ARTE DI PEPPINO SPANU: PRENDAS, VIDA E COLORES

di OTTAVIO OLITA

“Per me la pittura ha un valore immenso” dice Giuseppe (Peppino) Spanu, mentre gli si illuminano gli occhi sul viso asciutto. Un rapporto intenso, vitale, cominciato fin da bambino, ch’egli avrebbe voluto sviluppare dopo le medie iscrivendosi all’Artistico, allora privato, ma dirottato verso un istituto per geometri, per esigenze familiari così diffuse negli anni ’60. Peppino sapeva che il geometra non lo avrebbe mai fatto e così avvenne, mentre quel ‘valore immenso’ non lo abbandonò mai. Egli lo coltivò quasi con ritegno. Finché alla soglia dei 50 anni non decise che quella passione meritava di essere resa pubblica. Viaggiatore instancabile, dal Cammino di Santiago, ai musei delle grandi città europee, acquisisce tecnica e ispirazioni. Si affida solo alla memoria e poi, nel suo laboratorio, si abbandona per ore, dimentico di tutto il resto, a pennelli e colori, ma anche alle incisioni. Così nascono i suoi dipinti capaci di descrivere nel profondo umanità e ambienti, realtà urbane e chiese. Una decina di personali tra Cagliari e Nuoro, le facciate di 33 chiesette romaniche sparse sul territorio sardo che meriterebbero d’essere proposte in giro per l’isola. Le valigie sono la rappresentazione simbolica della voglia di viaggiare e conoscere, ma anche di chi è costretto ad emigrare. Così come l’incontro tra le persone nei bistrots parigini o la lettura nei caffè letterari. E l’intensità delle rappresentazioni dà al suo realismo un inconfondibile alone di spiritualità, di poesia.

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