LO “STATO REALE DELLE COSE” DOPO L’INSERIMENTO DEL PRINCIPIO IN COSTITUZIONE: LA SARDEGNA E L’INSULARITA’ DIMEZZATA (LA STORIA DA RACCONTARE E QUELLA DA NASCONDERE AI SARDI)

di GIANRAIMONDO FARINA

L’inserimento in Costituzione dell’agognato principio dell’insularità, avvenuto a seguito della seconda e definitiva deliberazione in Senato del luglio scorso, non ha fatto altro che sviluppare nuovi elementi di riflessione e di analisi. La lettura attenta, infatti, degli atti e dei procedimenti legislativi che lo hanno riguardato, fanno emergere, da subito, una “doppia interpretazione” su quanto realmente avvenuto e sul reale “peso” economico e politico di una regione come la Sardegna e dei suoi rappresentanti parlamentari e regionali. Ruolo che, se raffrontato con quello svolto dai deputati nazionali e regionali siciliani (la Sicilia, naturalmente, altra regione interessata alla modifica dell’art.119 della Costituzione) non fa altro che evidenziare l’inconsistenza o, meglio, l’inefficacia delle azioni realmente intraprese dai politici sardi, tranne poche e preclare eccezioni.  Differenze che si sono notevolmente rimarcate con il maggiore, convinto e pesante coinvolgimento delle associazioni di categoria imprenditoriali e produttive siciliane, più incisivo rispetto a quelle sarde. Ed il recente convegno della prima settimana di luglio 2022, sapientemente messo su ed organizzato dall’Università di Catania (con l’ateneo cagliaritano, sulla carta organizzatore, ma in realtà ridotto a ruolo di comprimario) lo dimostra. Un incontro, quest’ultimo, che ha visto il coinvolgimento di tanti attori e soggetti e che, nell’ intento, riuscito, dei promotori avrebbe dovuto svolgere il ruolo di “pressione” sui parlamentari che di lì a poco avrebbero discusso, votato ed approvato il PdL d’iniziativa popolare. Per rendere chiaro il concetto, la complessa procedura costituzionale che ha portato alla modifica dell’art.119 della Costituzione ha due “storie” da far conoscere, soprattutto ai sardi, ma non solo. Una, chiara, alla “luce del sole”, detta e ben documentata, più “istituzionale”, da un “iter” apertosi e chiusosi in Senato fra il 2018 ed il 2022. Vicende in cui, come vedremo, emergerebbe, almeno all’ apparenza, il ruolo “decisivo” di deputati e consiglieri regionali sardi con, in primis, il compianto Roberto Frongia, venuto a mancare nel 2020 e, forse, in verità, l’unico o uno dei pochi figli di Ichnusa che credeva in questa battaglia, compimento reale della ultra secolare battaglia per la continuità territoriale, parte integrante ed inscindibile della Questione Sarda.

E questa è, appunto, come faremo anche noi, la “storia da raccontare ai sardi”, fatta propria, peraltro, senza colpo ferire, da tutti i mezzi di comunicazione isolani e dal mondo dell’emigrazione sarda organizzata, più propenso ad aver proposto in passato mega e flatui convegni-passerella, messi su per i politici regionali del momento. Parallela a questa vi è un’altra storia, quella da nascondere ai sardi. Una storia meno “istituzionale”, meno decantata con proclami, ma più concreta. Una storia iniziata non nelle aule parlamentari, ma in quelle non meno nobili del Parlamento regionale siciliano (non sardo) ed europeo, nel 2008, grazie all’on. Eleonora Lo Curto. Una storia, questa, meno conosciuta, che sta’ all’origine, certamente, del PdL d’iniziativa popolare in oggetto, e che troverà il suo compimento con la legge regionale siciliana sul riconoscimento della condizione di svantaggio dovuta alla insularità della Sicilia (prima firmataria la summenzionata Lo Curto). Un percorso, quest’ultimo, che proprio per via delle modifiche da apportare all’art.38 dello Statuto speciale siciliano, ha affrontato il doppio passaggio costituzionale.  Storia “nascosta”, questa, che troverà il suo diretto “sbocco” nell’art. 15 del D.L. 10 Settembre 2021 n.121, avente ad oggetto “Disposizioni urgenti in materia di perequazione infrastrutturale”. Per dirla e spiegarla in parole povere, crude e dure in tema d’insularità: mentre la Sardegna si “riempiva la bocca”, la Sicilia agiva concretamente. Ed i fatti stanno a dimostrarlo. Ma raccontiamole nel concreto queste “due storie”. E partiamo da quella istituzionale, quella che i sardi devono conoscere. Tutto inizia nel 2018 quando, a seguito di un’imponente raccolta firme d’iniziativa popolare, guidata dal compianto Roberto Frongia (deceduto nel 2020) ex assessore regionale e uno dei pochi (è giusto sottolinearlo) veri paladini sardi dell’insularità. Il progetto di legge, presentato in Senato nella seduta del 5 ottobre 2018, è stato rubricato come atto S (del Senato) n. 865 della passata XVIII legislatura. In seguito veniva assegnato alla Commissione permanente Affari Costituzionali nella seduta del 6 novembre 2018.   Tale PdL rimaneva in “quiescenza” presso la Commissione senatoriale per oltre un anno, fino a che non gli si diede nuovo impulso a partire dal febbraio 2020 quando veniva nominato come relatore in commissione il pugliese e vicepresidente Vincenzo Garruti che, poi, il 27 ottobre dello stesso anno, dopo alcune modifiche apportate al testo, ne diventerà relatore di maggioranza in Senato . I successivi “passaggi” sono presto delineati. Il testo viene, finalmente, presentato, in prima lettura, al Senato il 20 ottobre 2021 (a tre anni esatti dalla presentazione dell’iniziativa popolare). Il Senato trasmette il PdL alla Camera il 5 novembre 2021. Testo che assumerà la dicitura di proposta di legge    C .3353. La prima lettura alla Camera, prima in Commissione e poi in Assemblea, durerà dal 23 novembre 2021 al 30 marzo 2022. Il testo così deliberato passerà in seconda lettura alla camera alta (S. 865- B). Ivi vi permarrà fino al 28 aprile 2022 per poi essere nuovamente trasmesso alla Camera. Quest’ ultima , dal canto suo, procederà alla seconda e definitiva lettura, con nuovo passaggio in sede di commissione, nel giro di tre mesi esatti, dal 28 aprile al 28 luglio.  L’ultimo iter parlamentare, quello della decisiva discussione in aula, coprirà l’intera, ultima, settimana del mese di luglio, dal 22 al 28, concludendosi con l’approvazione definitiva del testo (C. 3353-B) a maggioranza assoluta dei componenti. Finalmente il principio d’insularità, almeno formalmente, trovava disciplina e riconoscimento costituzionale. Testo di modifica all’art.119 della Costituzione che ora così recita: “Modifica all’art.119 della Costituzione, concernente il riconoscimento delle peculiarità delle isole  ed il superamento degli svantaggi derivanti dall’insularità”. Fin qui, la storia che si deve raccontare ai sardi, dunque, fatta di “lotte” (solo quelle di Frongia e di pochi altri, peraltro) e di dichiarazioni eclatanti, sceniche e folcloristiche di molti rappresentanti sardi, come il “salude a tottus” di Cappellacci, ex governatore, incipit in limba al suo discorso al momento del voto finale. A questo non si sono sottratte le valutazioni favorevoli di tutti gli schieramenti dell’arco costituzionale, partendo dal presidente Solinas che, un po’riassumendole, ha parlato di “Grande risultato che rende la Sardegna più forte in Italia e in Europa nelle sue giuste rivendicazioni”. A queste prese di posizione, si aggiungevano quelle, peraltro fondate, di costituzionalisti sardi come Gianmario Demuro, già ex assessore della Giunta Pigliaru. Egli ha parlato, originalmente, dell’applicazione in Italia, del cosiddetto heco insular, fattore insulare, di chiara ispirazione iberica.

Fin qui, dunque tutto bene, con pagine e pagine dei giornali e media isolani tutte dedicate a celebrare il risultato conseguito. Senza dimenticare le dichiarazioni del mondo dell’emigrazione sarda “organizzata”. Quest’ultimo, peraltro, più impegnato a mettere su convegni sulla continuità territoriale e non riuscendo, invece, in un’azione più incisiva di moral suasion presso istituzioni e decision makers.

 L’altra storia “segreta”, da non raccontare ai sardi, ci parla, invece, della vera vicenda del principio d’insularità e di chi, realmente, si è battuto, concretamente e non solo a parole, per farlo valere. Una storia che non parla sardo ma siciliano. Storia che, come già ricordato, ha avuto origine nel 2008 grazie all’impegno dell’allora europarlamentare siciliana (ora deputata regionale uscente) Eleonora Lo Curto. Essa si era battuta per il riconoscimento dell’insularità già con l’art. 22 della legge 42/ 2009, riguardante la delega al governo in materia di federalismo fiscale in attuazione dell’art.119 della Costituzione. A seguito di ciò, nel giugno 2020, fu avviato al Senato ed alla Camera, con atti S.1792 e C. 2245, il percorso per la modifica costituzionale dello Statuto della Regione Siciliana per il riconoscimento della situazione di svantaggio dovuta all’ insularità della Sicilia. La legge fu approvata dall’Assemblea Regionale Siciliana (Ars) con la Lo Curto prima firmataria. Tale norma andava a modificare l’art.38 dello Statuto, decretando il principio di compensazione degli svantaggi.  Questo percorso ha portato, per merito dell’azione coordinata, precisa e concisa di tutti i deputati siciliani al riconoscimento del principio d’insularità nell’ordinamento dello Stato italiano, ancor prima che lo facesse la Costituzione e grazie alla revisione di una legge costituzionale come lo Statuto speciale. Il tutto mentre l’altra regione insulare, la Sardegna, a Statuto speciale come la Sicilia, rimaneva silente e viveva da spettatrice il dibattito. Un dibattito che in Sicilia aveva mosso e coinvolto tutti: deputati e senatori non solo eletti nell’isola, ma dentro ogni schieramento politico. Con il riconoscimento dell’insularità nello Statuto regionale siciliano, pertanto, la norma ha avuto dignità costituzionale già ben prima del luglio 2022, ed ha reso obbligatorio il fatto di coordinare sempre la legislazione nazionale con disposizioni di salvaguardia. Con il significato che ogni legge approvata dal Parlamento italiano in cui è rilevante il principio di insularità, dovrà prevedere e rendere conto di misure compensative a favore della Sicilia. Questo farà sì che la partecipazione della regione siciliana dovrà essere rivista e riequilibrata in ogni norma di finanza pubblica. Tanto per citare alcuni nomi, tale richiesta fu avanzata da Gaetano Armao, assessore all’Economia e vicepresidente della Regione Siciliana. E’ in quel momento che per la Sicilia, su richiesta della stessa regione, fu predisposto, da appositi enti, uno studio di fattibilità sui costi che lo status d’insularità faceva gravare sull’isola annualmente e su ogni siciliano mediamente. E si era giunti alla conclusione realistica, rispettivamente, di 6.5 miliardi in generale e di 1300 euro a persona. Un’altra onorevole siciliana, Giusi Bartolozzi, compagna di Armao, nel bilancio 2018, aveva richiamato il governo alla “quantificazione dei costi dell’insularità per la Regione Siciliana e la Regione Autonoma della Sardegna”. Per la prima volta compare la Sardegna nella vertenza e questo avviene per interessamento di una deputata siciliana. L’ “ingresso” sardo si ha in sede di Commissione paritetica Stato- Regioni. Questa volta, a “prendere in mano la situazione” era stato un sardo, uno dei pochi, il già ricordato Roberto Frongia dei Riformatori sardi, mossosi con determinazione fra i sardi riottosi per il riconoscimento dell’insularità in Costituzione.

Egli assumerà un ruolo di primo piano in seno al Comitato dell’insularità, partecipando ogni volta agli incontri con il governo.

Il risultato di questo lungo e nascosto percorso si raggiungeva con il summenzionato D. L. 121/2021, il cui articolo 15 riconosce i costi dell’insularità, individuandoli in quelli che verranno definiti dalla Commissione paritetica. Costi già fissati negli investimenti, nel fisco, nelle esenzioni e nelle maggiori quantità di euro a disposizione nella programmazione comunitaria. E che in Sardegna, secondo uno studio dell’istituto milanese “Bruno Leoni” (non della Regione Sarda si badi bene, a differenza della Regione Siciliana) ammonterebbe a circa 9 miliardi di euro l’anno. Per concludere, riassumendo e sovrapponendo le “due” storie sul principio d’insularità in Costituzione, non si può non riconoscere, obbiettivamente, alla Sicilia un primato. Primato che, però, possa fungere da monito alla classe politica sarda ad essere più propositiva, procedendo ad una revisione costituzionale dello Statuto (già suggerita dal citato costituzionalista Demuro in sede di audizioni parlamentari).  E, soprattutto, per evitare di continuare ad essere “servi del padrone di turno di un’isola” che rischia, ancora, di essere considerata colonia proprio per l’inerzia, inefficacia ed insipienza dei suoi rappresentanti.

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2 commenti

  1. Ho trovato l’articolo prolisso e ripetitivo (Lo Curto citata due volte con relative date e riferimenti…) comunque informativo. Ma avrei la curiosità di conoscere il nome del parlamentare o altra figura istituzionale che, dopo Frongia, ha preso in mano la situazione? Perché nn on viene nominato? Grazie saluti

  2. Analisi, come tuo solito, attenta e dettagliata….giusto dare i meriti a chi, non in tempi sospetti, “sollecitò” i vari politici, politichetti, Sardi ad interessarsi della questione insularità, che potrebbe, se riempita di reali contenuti finanziari, dare una mano di aiuto nell’evitare il sempre più vicino baratro. Personalmente ritengo che ben altro spessore ed efficacia avrebbe avuto l’attivazione della Zona franca….ma tant’è…questa è diventata solo promessa elettorale da tirare fuori alla bisogna, per il 25 settembre e per le prossime regionali…ad esempio. Certo, potrei anche “accontentarmi” se lo stato italiano ci riconoscesse, annualmente, 9 miliardi come indennizzo per il gap dall’ essere isola…ma qui, oh…per me eh!!!siamo su scherzi a parte.

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