NON SCRIVO POESIE DI DOMENICA: LETTURE IN COMPAGNIA DI … CLAUDIO MOICA E LA SUA ULTIMA PUBBLICAZIONE

Claudio Moica e la copertina del suo libro

di MANUELA ZURRU

Claudio Moica è nato in Sardegna nel 1963; nel 1984 si trasferisce in Toscana, Firenze, dove scopre le sue doti di Poeta per poi rientrare nel suo paese nativo venti anni dopo. Ha pubblicato “Vertigini di vita” (lampi di stampa 2004), “Oltre lo sguardo” (Il filo 2005), “Angoli nascosti” (Il filo 2008), il suo primo romanzo “Lasciati tradire” (Gruppo albatros 2010), con Rita Pacilio “Di ala in ala” (Lietocolle 2011), con Sergio Onnis e Giovanni L.F. Fiabane “La solitudine degli elementi” (Pettirosso editore 2012), “Spargimi di te” (Pettirosso editore 2014) tradotto in lingua inglese nel 2018 e pubblicato con il titolo “Yearning for you” (pettirosso editore) il suo secondo romanzo “Contraddizioni di un uomo” (Pettirosso editore 2015), “Prima che sia tardi” (Pettirosso editore 2019). Cura il laboratorio di poesie presso il rep. Psichiatrico dell’ospedale di Carbonia e nel 2015 ha pubblicato “Poesie +o-xfette” (Pettirosso editore), raccolta di poesie dei pazienti e nel 2016 “Anime inquiete…boh!” racconti scritti dai pazienti del CSM. Vincitore di numerosi premi letterari tra cui spicca la selezione per la “Biennale di Venezia per la Poesia” con l’opera “L’uomo nella torre” recitata da Arnoldo Foà. Nel 2008 il Presidente della Repubblica gli ha conferito, su segnalazione della Presidenza del Consiglio, l’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana per meriti socio-culturali. È direttore artistico dal 2012 del festival culturale “LiberEvento” che si tiene nel sulcis iglesiente, manifestazione da lui ideata. Nel 2012 ha fondato insieme ad altri due soci la casa editrice Pettirosso editore. È giornalista iscritto all’albo dei giornalisti della Sardegna e ora dirige il giornale online “Ajonoas – L’informazione sarda”.
Dopo aver letto il libro…
C’è sempre bisogno di Poesia per vivere una vita più leggera, più bella? Questa è una domanda che mi sono sempre posta scrivendo in primis i miei versi e leggendo sia i grandi poeti sia quelli sconosciuti. Ogni poesia mi regala emozioni. A volte positive e altre meno.
Il modo di scrivere poesie si è sicuramente evoluto nel tempo, ma alcuni punti restano. E qui entra in gioco un Poeta nostrano: il Cavaliere Claudio Moica che come armatura ha la sua Anima e come arma la sua Penna.
Ho avuto il piacere di leggere il suo libro e come mia abitudine l’ho “divorato” in meno di un’ora. Una lettura veloce perché conoscendo l’autore volevo in qualche modo “ritrovarLo” nei suoi versi. E poi sono tornata a rileggerlo, cercando di non farmi sopraffare dalle mie emozioni, ma dalla visione oggettiva che il ruolo della “curatrice” della rubrica “Letture in compagnia di …” mi impone.
L’opera di Claudio Moica dal titolo “Non scrivo poesie di domenica”, ti accompagna per tutta la settimana con delle frasi esistenziali, a volte strazianti ma spudoratamente vere che non puoi leggerle solo una volta. Bisogna farlo spesso, in diversi momenti della vita, perché credetemi quando vi dico che questo libro è un piccolo grande regalo che il nostro Cavaliere ci ha donato. Ora spetta a noi prendercene cura.
Abbiamo posto qualche domanda al Poeta. Partiamo dal titolo, “Non scrivo poesie di domenica”, nell’introduzione lei spiega bene il perché ha deciso di darglielo, ma io vorrei sapere se l’ha deciso prima o dopo aver scritto la sua opera? Il titolo l’ho ideato per una serie di motivazioni, quella principale è legata alla metafora della vita. Per me la domenica è sacra sia in termini religiosi che laici. La domenica per la religione cristiana è dedicata al riposo, così come è scritto proprio nella genesi “e al settimo giorno Dio si riposò” e quindi ci si dovrebbe dedicare alla cura di noi stessi e di chi amiamo. Lo stesso in termini laici, i lavoratori dopo una settimana di fatica possono riposarsi. Io oltre a questo ho legato la domenica alla vita e se il sabato lo immagino come il termine del nostro cammino terreno, la domenica finalmente è il raggiungimento della luce, quindi sarebbe blasfemo scrivere una poesia perché già la luce stessa è la poesia più alta.
Leggendo le sue Poesie si ha l’impressione di un uomo che vuole condividere con il lettore le sue più intime scoperte esistenziali, quelle a cui si arriva solo con l’esperienza e la ricerca di se stessi. Conferma? La condivisione nella società dovrebbe essere alla base di ogni rapporto e specialmente con le poesie si possono trasmettere una serie di emozioni e di significati che chiaramente cambiano da lettore a lettore, in base al proprio vissuto. Ognuno di noi percorre delle strade che sono uniche e dovrebbe essere doveroso contaminare gli altri con ciò che per noi è una nuova scoperta, specialmente nel campo emozionale. Non ho la pretesa di voler insegnare nulla a nessuno ma se anche solo una riga di un mio verso può suscitare una riflessione è già un grande risultato.
All’inizio della prefazione, Beppe Costa, scrive “Non scrivo poesie di domenica un titolo – questo – contro l’indifferenza, contro tante parole spese senza andare troppo spesso a capo […]”. Lei cosa ne pensa di questa frase? È veramente stato scritto per suscitare “attenzione”? Il titolo è una parte importante di un libro e deve attrarre l’attenzione di un lettore, altrimenti resterebbe in una libreria a prendere polvere. Il titolo è anche una provocazione in questo caso, ed è riferito a quel mondo della poesia che alcune volte è fatto di “Pensierini” e non di poesie. Questo succede anche per colpa degli addetti ai lavori che pur di non deludere le aspettative incensano degli autori come dei nuovi Leopardi o Manzoni, ma poi non è così. Per poter scrivere, specialmente di poesia, bisogna studiare, soprattutto leggere di poesia e di poeti, capire la metrica, gli endecasillabi, ma anche i cosiddetti versi liberi che hanno delle regole ben precise e come dice il maestro Beppe Costa non basta andare a capo perché si possa scrivere di poesia. Il poeta ha una visione diversa della vita interpretata dalla massa e la espone attraverso i versi, per questo da sempre sono emarginati, perché la maggior parte delle persone non vuol vedere e non vuole sentire nulla che dia un’immagine critica della vita, preferisce vivere nell’inganno della mente e dei mass media. Il poeta per molti è un virus che andrebbe ucciso.
Ci sono diverse espressioni che mi hanno colpito quando ho letto il suo libro in anteprima. Le riporto alcune: “Voglio sentirmi sudicio almeno per un giorno. Voglio essere come chi non chiude mai la porta, chi infanga i ricordi e graffia le auto eppure mantiene il sorriso fisso, come disegnato.” Perché utilizza il termine sudicio? Perché essere sporchi non vuol dire essere sbagliati. Diffido sempre di coloro che sono molto profumati perché se nascondono il proprio odore vuol dire che non hanno una vera personalità oppure si vergognano di essere se stessi o ancora hanno qualcosa da celare e quindi preferisco essere sudicio, non maleodorante ma pieno degli odori del mio corpo e della mia anima.
Non solo parole scritte ma immagini introduttive. Crede che una foto, un’immagine, un disegno, un dipinto possano in qualche modo emozionare quanto o come le parole scritte? Non viviamo di solo parole ma anche di immagini e in un mondo legato a ciò che si vede non si può fare a meno, talvolta, di accompagnare le parole a dei disegni o delle foto. Per quanto mi riguarda alcune delle immagini presenti sono parte integrante della mia vita e per me guardarle sono già una poesia ma per chi non conosce il significato di quella foto, c’è bisogno di accompagnarlo in quel mio mondo personale che poi può diventare anche di un altro, magari legato ad un suo ricordo simile. Il connubio poesia/immagine non sempre è importante ma in questo libro, fatto del trascorrere del tempo, l’ho ritenuto interessante.
Potrebbe dire ai nostri lettori perché dovrebbero acquistare il suo libro? Cosa possono trovare nella lettura delle sue Poesie? Generalmente io faccio una presentazione ufficiale e basta, quasi sempre un reading con una musicista in questo caso con la cantautrice Rafaella Bandiera, e poi lascio che chi vuole si avvicini alla mia poesia. Non invito mai a comprare i miei libri, non mercanteggio, sinceramente non sono appassionato di numeri ma solo di numerologia. Dico solo che bisogna ritornare alla poesia che possa essere la mia o di altri, perché come diceva il compianto Mario Luzi “solo la poesia potrà salvare il mondo”, perché riaccende le nostre emozioni, ci consente di riflettere liberamente e soprattutto ci da quella libertà che i romanzi di sicuro non possono trasmettere. Il romanzo ci porta dove vuole lo scrittore, la poesia ci conduce all’interno di noi stessi senza limiti e confini, proprio come avrebbero detto Lucio Battisti o Mogol. Quindi chi vuole riscoprire la parte nascosta di se stesso compri un bel libro di poesie, lo legga in silenzio e ascolti solo il proprio cuore, di sicuro avrà risposte più sincere e concrete di quello che ci propina la società.
Buona poesia a tutti!

https://www.ajonoas.it/

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