SA DIE DE SA SARDIGNA CON TONINO BUSSU: L’EVENTO A VERONA CON L’ASSOCIAZIONE “SEBASTIANO SATTA”

Tonino Bussu nella foto di Andrea Zonca

di ANNALISA ATZORI

La neo presidente Francesca Sanna introduce l’evento organizzato dalla Sebastiano Satta sottolineando quanto sia propizio tornare alla normale attività associativa (dopo due anni di chiusure forzate) proprio festeggiando una data che è di grande rilevanza storica e che allude alla liberazione! Coglie l’occasione per ringraziare ufficialmente il suo predecessore, Salvatore Pau, anche a nome del Direttivo. Presenta poi il relatore, il professor Tonino Bussu.

Bussu, prima di iniziare la rievocazione storica dei fatti del 28 aprile 1794, ringrazia la presidente e amica Francesca Sanna, ma anche l’ex presidente Salvatore Pau e la moglie Annalisa, i soci Piero Peddes e Salvatore Mameli per la loro attività in preparazione dell’evento e Maurizio Solinas, presidente emerito, per la collaborazione più che decennale. Bussu porta a Verona il caloroso saluto di Francesco Columbu, Sindaco di Ollolai (paese di Bussu).

“Sa Die de Sa Sardigna”, data istituita con legge specifica nel 1993, ricorda quando i Cagliaritani il 28 aprile 1794 assalirono il Castello di Cagliari, imprigionarono nella Torre di San Pancrazio il Viceré Balbiano, la sua truppa e quasi tutti i piemontesi. E’ parte della nostra identità, del nostro orgoglio di Sardi, delle nostre radici storiche, della nostra lingua, della nostra Autonomia, delle nostre più autentiche aspirazioni alla sovranità di Popolo.

All’epoca dei fatti (fine ‘700) in Sardegna c’era ancora il feudalesimo, per i sudditi c’erano molti gravami sui raccolti, se non si pagavano le decime sui prodotti arrivava la scomunica! Nel nord della Sardegna cresceva il malcontento e numerosi furono le ribellioni, scatenate dai parroci contro i signorotti insolenti e prepotenti. Ci furono rivolte a Thiesi, Ittiri, Semestene, Uri, Ossi, Sennori, Sorso, Nulvi.

Ci si aspettava come risposta da parte del feudatario e del re una dura repressione con condanne a morte (a sa furca).

Della stessa epoca sono alcune canzoni contro i potenti, come la famosa “Procurade e moderade Barones de Tirannia” di Frantziscu Ignazio Mannu, barone di Ozieri in esilio in Corsica. Tramite l’Università di Sassari e grazie ad alcuni ottimi funzionari pubblici circolavano varie tesi per il miglioramento della realtà agricola sarda, per il rilancio di agricoltura e pastorizia, per l’accumulo delle granaglie senza pagare interessi.

Nell’inverno 1792-93 ci fu un tentativo d’invasione da parte dei Francesi. Il Parlamento Sardo (gli Stamenti, che non si riunivano da novantasei anni!) si autoconvocò per fronteggiare l’emergenza. Il viceré pareva infatti disinteressarsi completamente della questione. I tre Bracci del Parlamento (Militare, Ecclesiastico e Reale) si organizzarono e affrontarono armati le flotte francesi a nord e nel golfo di Cagliari. Nel febbraio del 1793 respinsero gli invasori sbarcati a Quartu. I francesi prima di levare le ancore definitivamente avevano bombardato Cagliari e occupato le isole di San Pietro e Sant’Antioco. Nello stesso periodo, il nocchiero maddalenino Domenico Millelire respinse un altro tentativo di occupazione francese da parte del capitano Napoleone Bonaparte.

Il Parlamento sardo mobilitò forze provenienti da tutta l’isola per respingere i francesi, ma il viceré non riconobbe l’enorme impegno. I rappresentanti degli Stamenti decisero allora di ignorare il viceré, di formulare Cinque Domande e di inviare una loro delegazione a Torino per sottoporle direttamente al Re.

Le Domande erano:

Convocazione degli Stamenti (poiché non venivano riuniti dal 1698!)

Conferma dei privilegi agli ecclesiastici e ai baroni

I posti degli impiegati civili e militari dell’isola dovevano essere riservati ai sardi, tranne l’incarico di viceré

Istituzione a Torino di un Dicastero per trattare le questioni della Sardegna

Istituzione a Cagliari di un Consiglio di Stato per sostenere il Viceré

Il re Vittorio Amedeo III di Savoia, dopo averli fatti attendere mesi, non si degnò nemmeno di rispondere e, tramite il viceré Balbiano, disse di no a tutto … Uno storico monarchico commentò la questione: “da ambasciatori senza parola, erano poi riusciti messaggeri senza risposta”.

L’amarezza che seguì il rifiuto reale fu la scintilla che causò la rabbia contro i piemontesi. La rivolta sarebbe dovuta iniziare il 4 maggio (data di rientro di Sant’Efisio a Cagliari), ma i piani dei ribelli furono scoperti e il viceré fece imprigionare nella Torre di San Pancrazio l’avvocato Vincenzo Cabras e Bernardo Pintore. Era il 28 aprile. Il genero di Cabras (Efisio Luigi Pintore) salì a cavallo e, recatosi nel quartiere di Stampace, comunicò la notizia dell’arresto a tutto il popolo. Che scese in strada sempre più numeroso. Centinaia e poi migliaia di persone si riversarono da Stampace alla Marina e a Villanova, raggiunsero il Bastione. Entrarono nel Castello, ci furono scontri violenti con morti e feriti da ambo le parti. I dimostranti raggiunsero il viceré e le truppe che erano a sua difesa, imprigionandoli nella Torre di San Pancrazio. Il 7 maggio tutti i piemontesi, nizzardi e savoiardi furono costretti ad imbarcarsi da Cagliari verso il Piemonte.

Il Re di Savoia capì che era necessario cambiare atteggiamento verso la Sardegna … adottò quindi la politica del “divide et impera”, del bastone e della carota, del metodo di Governo più diplomatico e inviò nell’isola un nuovo viceré, il Vivalda. Quest’ultimo infatti divise i Sardi…dando premi a qualcuno e impegnando altri nel rabbonire i più bellicosi.  Nel 1796 spedì nel Sassarese il suo alternos, Giovanni Maria Angioy, che avrebbe dovuto fare da paciere tra Baroni e Vassalli (contadini). La mediazione era tra le piùcomplicate. Nonostante Angioy fosse un magistrato colto, professore di diritto all’università, giudice della Reale Udienza e condividesse i principi illuministi, alcuni fatti storici giocarono a suo sfavore. Non poté chiedere aiuto alla Francia per combattere il feudalesimo (a causa dell’armistizio di Cherasco tra Napoleone e il Re di Savoia). La marcia di Angioy verso Cagliari (per combattere il regime feudale) durò appena dieci giorni. Fu fermato a Oristano dalle truppe del viceré Vivalda, guidate da ex amici che avevano tradito Angioy. Fuggì a Torino e poi a Parigi, dove morì esule, povero e solo nel 1808.

Oggi la Sardegna ha uno Statuto Speciale, ma … chi la governa? Lo Stato o la Regione Autonoma? Si parla tanto di identità, di riscoperta della storia, di sovranità e indipendenza… forse serve una nuova “Sa Die”! Le istituzioni più importanti sono a gestione statale: la Scuola di ogni ordine e grado, l’amministrazione giudiziaria, l’Ordine Pubblico, l’ufficio delle imposte, la Prefettura, i Comuni, il Patrimonio Archeologico, le ferrovie e le strade principali dipendono dallo Stato. I trasporti in generale sono in mano allo Stato. Altro argomento controverso, l’esercito e le Basi Militari: tema delicato e di importanza strategica. Perché la Regione non deve occuparsene? Cosa rimane della nostra Autonomia? E’ urgente predisporre un’effettiva proposta di Riforma istituzionale e Costituzionale in senso federalista e andare verso una legislatura costituente innovativa, finalmente all’interno di un’Europa effettivamente Federale. Nel Governo della nostra Isola lo Stato adesso ha molte più competenze della Regione. E’ necessario su queste tematiche un attento, rigoroso, democratico dibattito.

(tratto dalla relazione di Tonino Bussu)

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