SUONALA ANCORA, SAM! MUSICA E CINEMA AL CENTRO SOCIALE CULTURALE SARDO DI MILANO CON IL LIBRO DI ROBERTO CASALINI

di SERGIO PORTAS

Anche il centro culturale sardo di Milano nulla ha potuto contro il virus che subdolamente fa del contatto umano la sua terra di semina, da qui ogni tentativo di distanziamento, di segregazione, per di più l’età media dei soci è quella che più ti espone a esiti nefasti della malattia, insomma sono un paio d’anni che è rigorosamente chiuso e che prende a prestito siti, i più spaziosi possibili, per eventi sempre più rari. Ma comunque estremamente godibili, anche nella loro singolarità. Quello che si è svolto sabato 27 novembre scorso presso la sede degli “Amici del Loggione del Teatro alla Scala”, sede prestigiosa sita com’è in via Silvio Pellico, di fronte a Piazza Duomo, ne è dimostrazione lampante. “Un pomeriggio fra cinema e musica”, sponsor anche La Regione Sardegna e la Fasi (fed. Ass. sardi ital.). Galeotto il libro di Roberto Casalini: “Suonala Ancora, Sam, le più belle battute del grande cinema”, in uscita per Bompiani.  Lui, l’autore, nasce a Cagliari nel ’53 ma fa scuole e liceo e università a Sassari, anzi diciamola tutta si considera “tattaresu” a tutti gli effetti, ed ha alle spalle una lunga carriera giornalistica milanese culminata nelle pagine culturali del “Corriere della Sera”, nonché nella pubblicazione di svariati libri che trattano non solo di cinema, anche se il tema cinematografico è quello che più lo ha intrigato negli anni ( ha scritto anche: “L’avventurosa storia degli Oscar, Rizzoli 2002). Tanto che di questo “Suonala ancora, Sam” era già uscita un’edizione nel 1999 ( più di vent’anni fa) e che fece anche un bel cammino con 35.000 copie vendute e ben 13 edizioni. Allestito, scrive Roberto nella Premessa di quest’ultimo ( che firma con la figlia Paola, istradata sulle orme paterne) “con frettolosa spavalderia nel giro di un anno, mobilitando gli amici perché reperissero film e imprestassero videocassette, requisendo il televisore  domestico e militarizzando i familiari: che accettassero di vedere anche pellicole di cui avrebbero fatto volentieri a meno…”. Se già nella prima edizione i film “antologizzati” erano più di mille in questa sono 1523 con 7575 frasi, film che vanno dal 1920 al 2019, cento anni di filmografia che non ha la pretesa di essere esaustiva, quasi fosse una storia del cinema attraverso alcune battute topiche,  tra i film più “saccheggiati”: Casablanca (36 frasi), Sorrisi di una notte d’estate ( 35 frasi, la commedia di Ingmar Bergman era uno dei film preferiti di Kubrick), Via col vento (31), Amore e guerra (29), Manhattan (26) e Full metal jacket (24). Il film italiano più citato è Il Sorpasso (20 frasi) e poi La grande bellezza (15).  “Le istruzioni per l’uso: Il libro è organizzato come una sorte di “dizionario delle citazioni”, con temi-contenitore di riferimento generale che al loro interno raggruppano le frasi in vari sottotemi, per esempio: amore, innamoramento, affetto, corteggiamento, civetteria, bacio, amanti, sofferenza, odio, disprezzo, rispetto … All’interno di ogni sottotema le frasi sono ordinate in sequenza alfabetica e seguite dal nome dell’attore che le pronuncia e, se necessario, dal nome del destinatario, nonché dal titolo del film”. Messa giù in questo modo sembra che possa interessare solo cinefili di professione, ma vi assicuro che non è così: il libro è godibilissimo anche per un non addetto ai lavori: solo un esempio a caso: il mare: frase 4451: “Ma che ce mettete, er ghiaccio in questo Atlantico?”, Vittorio Gassman fa il bagno in Argentina, “Il gaucho”, pag.346. E sentite Tom Ewell smascherato mentre tenta un’avventura con Marilyn Monroe in Quando la moglie è in vacanza”: “Ma… Lei è sposato! – Sì, un po’… E ha anche dei figli? No, cioè sì: uno, ma piccolo…”. Il Matrimonio, frase 3719, pag.290. Per quello che riguarda lo spettacolo di cui vi parlo dovete immaginare uno scenario vagamente cabarettistico, con un pianoforte sullo sfondo su cui Pierluigi Framarin, “Maestro” per definizione e per carriera ultra decennale, sciarpa di seta bianca regolamentare, ripropone magicamente i temi dei film di cui Casalini si incarica di dare parzialissima lettura, alle spalle dei due i cartelloni originali che li reclamizzavano. Iniziano con il “Dottor Zivago” di David Lean ( tra gli altri “Lawrence d’Arabia” e “La figlia di Rayan”) , Roberto che legge le frasi d’amore che Yuri Zivago ( Omar Shariff) rivolge alla sua Lara, la Julie Christie di cui ogni spettatore sopra i dieci anni non può che innamorarsi perdutamente, sullo sfondo della locandina le bandiere dell’armata rossa che sventolano a segnare un secolo di speranze proletarie, di rivoluzioni che si reggono sul filo delle baionette. E il “tema di Lara”a sottofondo: chi non lo sente come litania che accarezza le corde di una memoria che ti fa fare un tuffo su percorsi di storia che svaporano oramai nella favola. Il film è del ’65, la rivoluzione d’ottobre del ’17, Vladimir Putin un soggetto da fantascienza allora neanche minimamente immaginabile. Segue il film di Victor Fleming che nel ’39 vinse due Oscar: “Il Mago di Oz” in cui una giovanissima Judy Garland deve cavarsela dalle mire di streghe che più cattive non si può. Anno d’oro quello per il cinema americano (leggi mondiale): Via col vento, Ombre rosse. Frase celebre quanto banale: casa dolce casa. Poi Framarin attacca la sua versione di “Moon river” che magicamente fa evocare sul palco la figura di Audrey Hepburn, la Holly che si fa incantare dai brillanti della celebre casa newyorkese di preziosi (Colazione da Tiffany) ma finisce per cedere al fascino del suo squattrinato vicino di casa (un giovanissimo George Peppard), uno scrittore in erba che si fa mantenere da una ricca signora. Il romanzo di Truman Capote è un’altra cosa ma il film è un gioiello d’interpretazione e di fascino, le battute imperdibili innumerevoli, quando i due litigano e Holly caccia di casa Paul: “ Ti ci vorrebbero almeno quattro secondi  per andare di qui alla porta: te ne do due”. E quando Holly si rivolge a una torma di milionari che tutti vorrebbero portarsela a letto: “ Io, signori, negli ultimi due mesi sono stata invitata a cena da ventisei vermi diversi”. La Hepburn continua a essere “la ragazza più sofisticata del mondo” anche in “Sabrina”, mentre canta “La vie en rose” a un allampanato Humprey Bogart, di cui francamente si fatica a comprendere il fascino, eppure lo deve possedere davvero ( la risposta magari verrà da parte femminile) se, fin questo libro, ha scelto “Casablanca” e la Ingrid Bergman del 1942 (bellissima!) per la sua copertina. Il film a tutt’oggi è giudicato dalla “Writers Guild of America” quello con la miglior sceneggiatura di tutti i tempi. Quando uscì le armate tedesche erano padrone di tutta l’Europa e del nord Africa, Marocco compreso, il fatto che i nazisti, una volta tanto, venissero gabbati dai “nostri” ne determinò da subito un successo mondiale. Il Sam pianista che avrebbe dovuto suonare ancora una volta “la nostra canzone”, neppure sapeva suonarlo il piano, era un batterista. Ma la magia del cinema sa fare cose che “voi umani non potreste immaginarvi” (da Blade Runner, ovviamente). Perché volenti o nolenti queste frasi fanno parte del nostro sentire collettivo, che è intriso di storie, di favole e naturalmente di film, che abbiamo visto all’oratorio, la sera d’estate in qualche cinema all’aperto, succhiando una gazzosa con una cannuccia di liquirizia. Per cui le frasi iconiche che Casalini sceglie: “Ho ordinato il plenilunio per te…”, da “L’amore è una cosa meravigliosa”, film del ’50 con William Olden e Jennifer Jons, hanno il sentore di quelle che un vecchio zio ha pronunciato in quella tal festa quel tale anno.  La canzone che  fa da sottofondo l’hanno continuata a cantare sino a ieri un po’ tutti: “… ha questo amore splendido, è la cosa più preziosa che possa esistere…”, qui a Milano, a grande richiesta la canta ( e bene) Pierangela Abis, che da anni fa parte del coro “Amici del Loggione”, lei che è stata per anni presidentessa del circolo sardo milanese, e che ha sicuramente brigato perché questo spettacolo si facesse in questa sede. Nelle scelte che fa Roberto vi è indubbiamente un fatto di simpatia di genere, eppure è singolare che alcune parole, le più strambe che non si può, siano conosciute da tutti, ma proprio tutti, giovani e meno giovani: “Supercalifragilisticespiralidoso” di una Mary Poppins che è, indubbiamente, altrettanto reale che la tata a cui affidiamo la sera i nostri figli e nipoti. Casalini poi è una enciclopedia vivente, conosce particolari e retroscena originalissimi: le musiche di “West side story” (La storia di Giulietta e Romeo in salsa portoricana) Leonard Bernstein le ha scritte a Milano, ospite in casa di Nanni Ricordi, in Porta Romana: “I like tu bi in America! OK by me in America!…” e :  tonight, tonight ther’s only you tonight, ci sei solo tu stanotte”. Roba del ’61, la versione appena uscita di Steven Spielberg non ha entusiasmato critica e pubblico, mica facile  rifare meglio oggi i “capolavori” del passato. Come prendere il coraggio a due mani per osare dire l’indicibile a un bambino, come ha fatto il nostro Benigni in “La vita è bella?”. Persino in campo di sterminio.  Poi ci sono “gli archetipi”: Via col vento è del ’39, diretto da Victor Fleming dopo che il produttore David O. Selznick ne aveva cacciati altri tre, tra gli sceneggiatori licenziati durante la lavorazione anche Francis Scott Fitgerald ( tra gli altri libri : Il grande Gatsby, Tenera è la notte), costato uno sproposito, quattro milioni di dollari di allora, frase iconica pronunciata da Rossella ‘O Hara ( Vivien Leight) sperando di intenerire uno sprezzante quanto fascinoso Clark Gable: “Se mi lasci cosa sarà di me…” “Francamente me ne infischio”. E ancora lei: “Voi non siete un gentiluomo”. Col finale di prammatica: “Dopotutto, domani è un altro giorno”.

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