UN GIOIELLO NEL CUORE DELL’ISOLA, FRA STORIA, ARTE E NATURA: IL PARCO AYMERICH A LACONI

di ROBERTA CARBONI

Un luogo incantato e di grande fascino, immerso in un bosco di lecci, querce, carrubi, olivastri e ricco di ruscelli e cascate: il Parco Aymerich si trova a Laconi, come un prezioso gioiello incastonato nel cuore della Sardegna.

A volerne fortemente la realizzazione fu la nobile famiglia Aymerich, marchesi dell’omonimo paesino del Sarcidano dal XVII secolo e feudatari tra i più potenti dell’isola fin dal XIV secolo.

Gli Aymerich sono una tra le più antiche casate della Sardegna. Originari della Catalogna, si trasferirono sull’isola nel XIV secolo, partecipando attivamente alla presa dei territori dell’ex Giudicato di Cagliari, a loro volta sottratti dai Pisani nella seconda metà del XIII secolo. Oltre ad armare le navi della flotta d’Aragona a seguito dell’Infante Alfonso IV, gli Aymerich contribuirono in maniera significativa alla presa della città di Cagliari. La loro fedeltà al sovrano e i loro successi in battaglia gli valsero numerosi privilegi e rendite feudali in molti territori dell’isola.

Gli Aymerich compaiono nei documenti della cancelleria spagnola e in numerosi verbali della Reale Udienza, anche in relazione a numerosi fatti di cronaca. Alcuni di loro, tra cui Pietro, Salvatore e Silvestro, sono legati a crimini efferati ai danni della nobiltà e della Corona, tra cui – la più celebre – è la famosa congiura di Camarassa.

Costruito nel 1053 per segnare il confine tra i Regni di Arborea e Cagliari, il  Castello ha subito numerosi rifacimenti nei secoli ed oggi si erge ancora maestoso, nonostante sia ridotto allo stato di rudere. Le indagini stratigrafiche hanno evidenziato aggiunte e demolizioni di carattere funzionale, dovute senz’altro alla volontà di rispondere meglio alle esigenze della corte. Le poche notizie pervenuteci, unite ai resti archeologici, ci permettono di ipotizzare un impianto longitudinale, con mura possenti, un fossato e ampie finestre ogivali modanate e dotate di piccoli affacci lungo la vallata.

Era provvisto di torri merlate, di cui una, ancora oggi superstite, fu utilizzata come carcere nel Settecento. L’ingresso ad arco portava a un passaggio voltato a botte che a sua volta immetteva in una corte interna, su cui si affacciavano depositi, stalle e magazzini. Una scala introduceva alla grande sala di rappresentanza di pianta rettangolare, probabilmente usata per riunioni solenni ma anche sontuosi banchetti. Oggi sprovvista della copertura, la sala è ancora provvista di alcune finestre gotiche, sedute in pietra e un lavabo che serviva per i commensali.

Come ogni castello che si rispetti, anche quello degli Aymerich è legato a numerosi racconti e leggende, soprattutto di fantasmi. Si racconta, infatti, che ad infestare le rovine dell’antico maniero sia il fantasma di una nobildonna, la giovane Isabella Aymerich, morta assassinata nella sua camera da letto nel 1616. Ma la morte della giovane non fu tutto: pochi giorni prima, un clerigo, uomo di fiducia della nobildonna, fu ucciso ad archibugiate nel bosco ad opera di banditi. Il Vicerè de Gandia e la Reale Udienza incriminarono il marito della donna, Don Salvatore di Castelvì, per uxoricidio e lo condannarono alla pena del garrote, ovvero lo strangolamento per mezzo di un cerchio di ferro.

Contemporaneamente vennero accusati come complici del delitto il padre Don Giacomo di Castelvì, Marchese di Laconi, e il fratello don Paolo, Procuratore Reale (poi primo marchese di Cea), i quali vennero posti agli arresti domiciliari. Don Salvatore riuscì a fuggire da Laconi e si rifugiò in un convento vicino a Cagliari usufruendo del diritto d’asilo. Per sfuggire alla giustizia reale, essendo familiare del Sant’Uffizio, egli cercò di ottenere di essere giudicato dal Tribunale Ecclesiastico e domandò il privilegio di foro che competeva loro come Cavalieri di Sant’Jago. La causa finì a Madrid dove, grazie alle numerose conoscenze che i Castelvì avevano a Corte, fu possibile ottenere un nuovo processo davanti al compiacente Consejo de Ordenes. Don Paolo, per poter rientrare nei poteri della sua carica ottenne per sè e per suo padre una sentenza di innocenza. Don Salvatore, per sfuggire alla pena, fuggì dall’Isola, si arruolò nel tercio delle Fiandre e poi andò a combattere in Lombardia e in Sicilia. Per i suoi meriti militari e grazie al perdono della famiglia della defunta, ottenne la commutazione della pena nell’esilio nei Regni della Corona. Nel 1622 il Reale Consiglio di Aragona con il parere favorevole del nuovo Vicerè de Erill gli accordò il perdono. A quanto pare, però, l’anima tormentata della giovane Isabella non ha ancora trovato la pace.

Nel 1830 per volere di don Ignazio Aymerich Ripoll, senatore del Regno d’Italia e appassionato di botanica, attorno ai ruderi del castello fu realizzato il più grande parco urbano della Sardegna che oggi conta 24 ettari. Come da consuetudine nell’estetica romantica, il giardino fu arricchito da essenze floreali e piante esotiche come il Cedro del Libano, uno dei primi esemplari del genere introdotti in Europa e il Cedro dell’Hymalaia.

Oltre alla piantumazione di alberi e specie esotiche, il parco fu arricchito dalla presenza di ruscelli e laghetti, che lo rendono una località da vivere tutto l’anno, specialmente in estate, dove la presenza dell’acqua e la frescura dovuta all’ombra delle piante lo rendono un’oasi di ristoro e tranquillità.

Ancora visibili e molto ben conservate sono numerose grotte naturali, in parte nascoste dalla vegetazione rigogliosa e utilizzate come rifugio durante i bombardamenti del 1943. Furono proprio gli Aymerich ad aprire il parco affinchè potesse essere utilizzato come rifugio per gli sfollati cagliaritani.

Ma la regina indiscussa del Parco è la Cascata Maggiore che, con i suoi oltre 12 metri d’altezza, conquista il cuore di chiunque abbia la fortuna di mostrarsi al suo cospetto. Proprio l’acqua è l’elemento vitalizzante del parco, immerso nel quasi totale silenzio della natura. L’acqua crea rivoli, laghetti e cascate, contribuendo a caratterizzare il parco con un’atmosfera fiabesca e fuori dal tempo.

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