L’INTERVISTA SUL CORRIERE DELLA SERA A PAOLO MANCA, PRESIDENTE DI FEDERALBERGHI: “FOCOLAI DI COVID IN SARDEGNA: ISOLA SICURA, FATALI ALCUNI STILI DI VITA”

di ALBERTO PINNA

Nella devastazione (causa Covid 19) della stagione turistica, uno spiraglio che incoraggia c’è: «La capacità di attrazione, l’appeal e il fascino della Sardegna si sono salvati, sono forse persino più forti». Paolo Manca, 42 anni, presidente regionale di Federalberghi — 700 associati su un totale di 920 strutture ricettive che operano nell’isola — avrebbe infinite ragioni per essere pessimista: «Due su dieci di noi non hanno aperto, inizio disastroso, cali degli stranieri dell’85 per cento, poi il ritorno del coronavirus ad agosto quando finalmente eravamo quasi al tutto esaurito. Stagione assolutamente negativa».

Che cosa è accaduto? «Il problema non è geografico, non è il luogo Sardegna a dover essere sotto accusa. È un problema socio-culturale. Si diceva: dopo il virus niente sarà come prima. Il giugno negativo ce lo aspettavamo dopo le paure del lockdown; luglio è andato in crescendo, tutto tranquillo. Ad agosto è cambiata soprattutto la tipologia antropologica dei turisti: sono arrivati decine di migliaia di giovani, e con loro un certo modo di vivere e un modello di vacanza, senza pensieri né freni. Tutte le sere, 3/4 discoteche di fila, assembramenti… Non voglio criminalizzare nessuno ma è incontestabile che sia partito tutto da lì».

Dunque, i focolai dalle discoteche. «Ripeto. Fino a luglio nessun focolaio. Sono stati fatali gli atteggiamenti irresponsabili ad agosto. La paura di marzo e aprile ha insegnato poco. Gli stili di vita dei giovani in vacanza non sono cambiati. Pensavano di poter fare come gli anni scorsi. Ma con certi eccessi il virus non poteva rimanere sottotraccia».

E adesso? «Si tenta di salvare questa coda d’estate. Diciamolo pure: in Sardegna i controlli ora sono efficaci, le discoteche sono chiuse, c’è molta meno gente e tanti spazi anche nelle spiagge. È più facile mantenere il distanziamento. Si può venire in tutta sicurezza. E c’è qualche buon segnale, prenotazioni last minute. Tuttavia in questo periodo arrivavano soprattutto gli stranieri e quest’anno non si potrà contare su loro. E riaprono le scuole, quindi gli italiani che hanno figli piccoli non vengono. Ci vorrebbero massicce campagne promozionali della Regione».

La Regione ha messo in campo 70 milioni e il presidente Solinas dice che non è andata poi così male, parla di 7 milioni di presenze. «A noi risultano 4 milioni e mezzo. Quanto ai 70 milioni per sostenere l’occupazione, stiamo aspettando che le graduatorie sui primi 25 si traducano in euro sui conti correnti. Speriamo che non arrivino troppo tardi. Questa estate abbiamo aperto i nostri alberghi con un solo obiettivo: esistere. Possiamo dire che nel disastro siamo riusciti a salvare quanto basta per tentare di risollevarci e abbiamo colto la base sulla quale lavorare: i nostri clienti, ma anche quelli che non sono potuti venire, ci dicono che la Sardegna è sempre al top fra i luoghi di vacanza».

Dunque: pessimismo? Fiducia? «Se rimaniamo aperti a settembre, anche con poche presenze, è perché ci crediamo, non perché si guadagna, e anche per un altro asset importante, i nostri collaboratori, i loro stipendi. Ma dobbiamo programmare adesso: la stagione 2021 si decide in autunno e la Regione, se crede nello sviluppo del turismo, deve rendersi conto che questo non è il momento di recriminare né di perdersi in polemiche, ma di investire».

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