FILOSOFIA DE LOGU, GRUPPO DI LAVORO E RICERCA PER LA DECOLONIZZAZIONE DEL PENSIERO E DELLA CULTURA IN SARDEGNA

di OMAR ONNIS

È sorto un gruppo di lavoro e di ricerca multidisciplinare che ha preso il nome di Filosofia de logu. Ne fanno parte studiosi e attivisti, dentro e fuori dall’accademia, provenienti dall’ambito delle scienze umane, sociali e filosofiche. Il nostro intento è quello di sviluppare un approccio di ricerca non subalterno e forme di concettualizzazione libere dallo sguardo coloniale e auto-colonizzato sulla Sardegna. Filosofia de logu dispone già di un suo sito (filosofiadelogu.eu) e nella giornata di oggi procederà alla diffusione della sua Dichiarazione di intenti. In questo momento stiamo lavorando alla pubblicazione di una raccolta collettiva di saggi, a un evento pubblico in rete, e a una serie di incontri sul territorio. Il gruppo è aperto a ogni collaborazione fattiva e basata sulla condivisione dei principi enunciati nei suoi documenti fondativi.


L’Ulisse della sarda liberazione
Dichiarazione d’intenti


Filosofia de Logu è un programma di studi, è una proposta di ricerca e di analisi epistemologica della ricerca, è un progetto collettivo, è una teoria e una pratica di liberazione.
Le lacerazioni prodotte dalla filosofia, le visioni critiche teoreticamente scandalose, hanno un carattere dirompente perché pongono il pensiero di tutti davanti a se stesso, disvelandolo. In Sardegna queste lacerazioni non hanno avuto luogo o non sono emerse, anche perché è stato impedito che succedesse.
In Sardegna vige il “pensiero solo” e vige il “come se”.
Il pensiero solo è l’esasperazione del pensiero unico, è il pensiero isolato, sterile, autoreferenziale, privo di connessioni con la realtà materiale, sociale, storica.
Il “come se” è l’estraneazione-da-sé eretta a sistema, il costruire il pensiero sulla base di una finzione, di una falsa rappresentazione. Il “come se” costituisce il tratto distintivo di tutte le relazioni di potere e delle sue rappresentazioni ideologiche.
Non si può far finta di essere altrove e di essere ovunque. Non è lecito istituire un’opposizione polarizzata tra locale e globale.
Noi intendiamo decostruire il “come se”, liberando il campo dall’ottica puramente “finzionalista”, che riduce la Sardegna a una mera appendice amministrativa dello Stato italiano.
Intendiamo con questo criticare radicalmente la “metafisica dello Stato” e l’idea che esistano entità politiche immutabili e indivisibili, concetto di chiara matrice ideologica. Intendiamo in estrema sintesi destituire di fondamento l’idea che esista un solo modello di statualità.
Intendiamo mettere in discussione la concezione che non contempla una società sarda a prescindere da una società e una cultura italiane.
Riteniamo necessaria una riflessione sui concetti di “autodeterminazione”, “autogoverno”, “sovranità”, “democrazia compiuta”, come avvio di un processo di definizione delle istituzioni della Sardegna di domani, in relazione al contesto europeo, mediterraneo, mondiale.
La filosofia che ci proponiamo di rintracciare vuol essere innanzitutto critica dei rapporti di dominio che incombono sulla Sardegna, la soffocano, la attraversano. Un anticorpo all’estraneazione culturale che alligna nel pensiero dei sardi, specie di quelli acculturati e con responsabilità di alto grado nel sistema di produzione e riproduzione del sapere ufficiale.
Intendiamo mettere in rete tutti coloro che esercitano con rigore la critica verso le pratiche di sapere sottomesse alla ragion coloniale che intossicano il dibattito intellettuale sardo.
Intendiamo ri-costruire una filosofia plurale, ma orientata e orientante, che sappia incidere nello spazio sardo e che elabori competenze adeguate e una lettura autonoma, col pieno coinvolgimento di tutte le scienze umane.
Intendiamo istituire connessioni e avviare ragionamenti e nuove pratiche sul rapporto tra filosofia e lingua sarda (e lingue sarde), dando dignità filosofica al sardo, compresa la costruzione di un linguaggio concettuale proprio, a partire dalla concettualità filosofica che già vi è presente in nuce.
Intendiamo istituire connessioni tra filosofia e ambito culturale, chiedendoci: è presente nella cultura sarda una – e, se sì, quale – filosofia, intesa come articolazione di dispositivi socio-tecnici e come insieme delle produzioni culturali?
Ci interessa indagare sul ruolo degli intellettuali rispetto alle questioni socio-economiche, culturali e politiche, nonché sul rapporto tra subalternità e industria culturale in Sardegna.
Intendiamo indagare e criticare la stessa dimensione istituzionale, analizzando la correlazione tra identità e dipendenza. Cercare di vedere quali sono, come hanno funzionato e come funzionano i meccanismi di costruzione di una soggettività subalterna e dipendente. Nell’ottica di un’analisi non solo culturalista ma anche economica e sociale.
Intendiamo affrontare il problema della modernizzazione, nei suoi aspetti materiali, politici e teorici, vale a dire indagare nel dettaglio le teorie della modernizzazione così come si sono imposte nella vita pubblica e nel dibattito intellettuale, e le modalità attraverso cui è avvenuta l’operazione di espunzione del conflitto di interessi e di classe.
Intendiamo ri-discutere il concetto di nazione, in un’ottica nostra, sarda. La nazione è una costruzione storica, materiale, collettiva, discorsiva. Possiamo dunque definire la Sardegna una nazione? I finzionalisti lo negano. Il rapporto tra “regionalizzazione” della Sardegna e i processi di periferizzazione e marginalizzazione va indagato e criticato.
Riteniamo utile lavorare a un nuovo materialismo per la Sardegna, riguardo la sua storia e la sua società. Materialismo non lineare, non positivistico, non scientista e aperto ad approcci ibridi socio-materiali, postumani, femministi, ecologici in generale non essenzialisti e non meccanicisti.
Intendiamo riappropriarci di Gramsci, impiegando proficuamente le categorie gramsciane (subalternità, rivoluzione passiva, questione meridionale, ruolo degli intellettuali, egemonia culturale…). E, con Gramsci, riannodare i fili spezzati della ricerca già svolta da autori che hanno indagato e criticato la “ragion coloniale” (Pira, Masala, Simon Mossa, Cherchi, Bandinu…).
Il modello che intendiamo perseguire è quello della rete, contrapposto al modello gerarchico-piramidale.
Il nostro orizzonte di discussione, ricerca e organizzazione culturale è aperto a quanti possano dimostrare una serie di competenze di studio, analisi, elaborazione e ricerca di livello alto, e condividano l’analisi della condizione sarda così come configurata nel nostro Manifesto.
Aspettiamo nuovi sguardi e nuove intersezioni.

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