LA CAMPAGNA DI CROWDFOUNDING CON BOOKABOOK.IT PER LA PUBBLICAZIONE DEL LIBRO “TORNIAMOCENE A CASA” DI MARIA GRAZIA GROSSO

Questo è il link per il preordine:

https://bookabook.it/libri/torniamocene-a-casa/

Sono nata a Nuoro 46 anni fa, ma ho vissuto a Cagliari per 15 anni. Ho avuto un passato da libera professionista nel campo della consulenza aziendale, e poi sono finalmente approdata nella mia dimensione: la scuola. Adesso insegno Scienze naturali al liceo. Ma nonostante i numerosi cambi di rotta nella mia vita, una cosa non è mai mutata: la mia passione per storie fantastiche. Così ho deciso di imparare a scriverle, continuando a leggerne, frequentando corsi e scrivendo tanto, tutti i giorni. Questo è il banco di prova per il mio primo romanzo.

Perché ho scritto questo libro? Ho vissuto tante vite da quando abito questo mondo e ho imparato che c’è sempre un’altra possibilità se le cose vanno male. Questa storia rappresenta proprio questo. Da qualche parte, nascosta anche molto bene, c’è una strada nuova. Spesso addirittura ce l’abbiamo davanti agli occhi, ma mica la vediamo, presi come siamo dal presente che sembra non possa essere cambiato mai.

Sinossi

A Nuoro esistono porte che celano mondi segreti e montagne con alberi dai poteri sconfinati. Solo donne potenti e coraggiose li sanno maneggiare.

Arianna è una quarantenne un po’ superficiale con un passato di abbandono e un marito dal quale dipende in tutti i sensi; Luisa è ultranovantenne e ha alle spalle una vita di sfruttamenti. Sarà colpa del caso o sarà un vento impertinente che in Sardegna non manca mai, ma si troveranno ad affrontare insieme un’avventura fantastica. Un viaggio nel tempo, che servirà a rimettere le cose al proprio posto. Si scontreranno, le due donne, ma scopriranno di essere molto più vicine di quello che credono, dimostrando che la magia è femmina fino in fondo e fino alla fine del mondo.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Chischedda uscì dalla casa dei Porcu, e pure se pioveva a dirotto, si diresse verso il Monte Ortobene. Che era lontano lo sapeva, e sapeva anche che le sue gambe vecchie non le avrebbero sopportate quelle salite. Quindi, si fermò alle sue pendici. In un posto chiamato Mamudine. Anche lì c’erano i lecci. Si inoltrò nel sottobosco e trovò uno spiazzo coperto di foglie, funghi e ciclamini. Sembrava sospeso tra rami e terra, un posto senza cielo, circondato da alberi messi tutti in cerchio. Un posto che esiste solo per chi è lì in mezzo, perché non lo si può vedere da nessun altro luogo.

Chischedda si mise al centro della radura e iniziò a respirare, inspirando a fondo quell’odore intenso di pioggia e foglie morte e soffiando insieme al vento che non accennava a diminuire, anzi, si rinforzava giungendo in quel punto e risalendo la valle.

Continuò Chischedda a respirare a fondo, e iniziò ad agitare le mani sollevandole dal basso all’alto, come a obbligare l’aria a sollevarsi, e il vento si sollevò ancora di più. Arrivò dal basso e le foglie del sottobosco cominciarono a danzare in aria formando un vortice intorno alla donna che cominciò, a occhi chiusi, a recitare:
«Sole, luna, monte e bentu

azzudaemi a che lu cambiare

custu tempu.

Sole, luna, monte e bentu

pica sa linfa de custa linna

e pone tottu in su zustu sensu».

Il vento potente sconvolgeva le fronde degli alberi, li pestava al suo passaggio, staccava le foglie e i rami volavano impazziti, guidati dalle mani di Chischedda che continuava a recitare la sua nenia. Si fermò solo quando non ne trovò uno, di albero, quello giusto: un leccio antico che pareva avere scolpita sulla corteccia tutta la storia di quel posto. Le mani della vecchia, che sembravano di legno pure quelle, insistevano nell’agitare l’aria e la pioggia, sempre più forte, su quel punto. Su quell’albero. Lo sbatteva, lo smuoveva, ancora. Fino a quando le radici iniziarono a spuntare dal terreno ricoperto di foglie, fino a quando il grande albero iniziò a volteggiare in aria e su ordine della donna si depositò sul terreno. L’indomani, Remundu, avrebbe saputo quale albero usare.

Chischedda abbassò le mani, il vento continuava a girarle intorno, tra i piedi, ora calmo, amico. Lei si avvicinò al grosso albero sradicato e vi versò sopra la pozione di anemone rosso, la stessa che aveva fatto bere a Maddalena. Poi, con un ultimo gesto, mandò via il vento. Lo aveva spedito alla ricerca della verità, e lui non si sarebbe fermato mai, finché non l’avesse trovata.

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