TRE GENERAZIONI DI ORAFI A OLIENA: I GIOIELLI MASTRONI ORNANO I COSTUMI DELLE DONNE SARDE

di LUCIA BECCHERE

Da tre generazioni la famiglia Mastroni di Oliena detiene i segreti più antichi dell’arte orafa. A soli 20 anni, nonno Giampietro (1860-1938) aveva appreso per primo il mestiere, lo aveva insegnato al figlio Salvatore ancora quindicenne che a sua volta lo aveva trasmesso alla figlia Maria (1943) che oggi continua a realizzare i più bei gioielli che impreziosiscono gli splendidi costumi delle donne sarde. Maria dunque, rappresenta la terza generazione dei Mastroni, ma anche il fratello Franceschino, 75 anni, ex insegnante di inglese, nonostante si definisca un hobbysta, disegna e crea oggetti unici con raffinata maestria. Nella parrocchia di Sant’Ignazio di Loyola ad Oliena, si può ammirare il reliquario d’argento collocato sul petto della statua dell’omonimo Santo, realizzato nel 2002 da Maria e Franceschino.

Salvatore Mastroni (1909-1991) fin da giovane aveva saputo imprimere su quel prezioso metallo la propria impronta e ogni sua creazione racconta usanze e tradizioni di vita comunitaria legate ad un sentire antico, come sos donos che la suocera regalava alla futura nuora, complemento essenziale del costume, sigillo identitario e specchio del ceto sociale di una nuova appartenenza espressi dal valore e dalla fattura dei gioielli. Non solo tradizione dunque, tanto che la scelta veniva accuratamente vagliata con la consapevolezza che durante le feste, le cerimonie, le ricorrenze e le sfilate, autentiche vetrine della tradizione, sos donos erano oggetto di ammirazione da parte di tutti. La fama della genialità di Badore Mastroni aveva presto travalicato i confini di Oliena, «non c’è famiglia che non custodisca gioielli di mio padre» ha affermato con orgoglio il figlio Franceschino mentre numerose sono le persone che giungevano e giungono ai piedi del Corrasi per acquistare le sue creazioni.

Badore Mastroni, era un esperto conoscitore delle tradizioni, sapeva ricostruire oggetti che appartenevano al passato, dare forma e bellezza alla materia prima e soddisfare le numerose richieste. Un solo rammarico: quello di aver dovuto fondere tantissimi oggetti antichi di valore inestimabile che sapevano di usanze della sua gente, secoli di storia persi per sempre. Il capostipe Giampietro aveva dovuto fondere tanti preziosi per insegnare il mestiere al figlio, ma anche Salvatore, durante la guerra quando la materia prima era pressoché introvabile, aveva sacrificato marenghi e antichi gioielli per rispettare le usanze de sos donos. «Mio padre – ha sostenuto ancora Franceschino – si era trovato a fondere un’enorme quantità di oggetti rari pur nella consapevolezza di distruggere un vero patrimonio culturale di notevole portata». In seguito, nonostante il metallo prezioso fosse di nuovo reperibile l’ondata del cambiamento travolse il vecchio per il nuovo, ma Badore Mastroni continuava a mettere da parte gli oggetti antichi di cui veniva in possesso, un vero ed inestimabile tesoro che ha voluto conservare in due enormi teche, le cosiddette teche della memoria, esponendole nel suo laboratorio perché fossero ammirate da tutti i visitatori, consapevole della grande funzione didattica di quei gioielli che si erano fatti storia di un paese, tanto che molti ne chiedevano la riproduzione fedele. Il maestro inoltre, per mantenere viva la tradizione e senza alcun compenso, si occupava anche della riparazione dei paramenti sacri custoditi nella parrocchia di Oliena, oggi curati da Maria e Franceschino.

Anche il Rosario d’argento per Papa Giovanni XXIII e la collana (disegno di Franceschino) che il presidente della Regione Sardegna Mario Melis aveva donato nel 1997 a Lady Diana in visita nella nostra isola, sono stati realizzati dal grande maestro olianese.

A Badore Mastroni, che negli anni ’70 aveva insegnato oreficeria agli alunni dell’Istituto d’arte di Nuoro, sono stati tributati numerosi riconoscimenti: Diploma per merito distinto per la collezione e la riproduzione fedele di gioielli antichi (1950), 1° premio ex equo con l’orafo Pinna alla Biennale Isola di Sassari (primi anni ’60). Nel 2014, in occasione delle cortes apertas, Oliena gli ha conferito un premio con la seguente motivazione: Un artigiano dalla grandissima capacità che traduceva le sue intuizioni artistiche in autentici capolavori, mentre nel 2015 in occasione delle cortes apertas proprio a lui dedicate, l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Martino Salis, a nome dell’intera comunità, ha insignito la famiglia Mastroni di un riconoscimento ufficiale per aver dato lustro e onore a tutta la cittadinanza con le loro creazioni, straordinario manufatto identitario di quel popolo.

Nel suo laboratorio, dove realizzava gutturadas, isprugadentes, buttones, soles, anelli, molti dei quali disegnati da Ciusa-Romagna e Giovannantonio Sulas, ziu Badore riservava la stessa accoglienza a persone umili e a personaggi importanti della cultura, della politica e dello spettacolo: Albertazzi e la Proclemer, Piovene e Biasi, Peppino e Luigi De Filippo, l’economista Paolo Savona e tanti altri dei quali rimangono numerosi attestati di stima.

A Franceschino abbiamo chiesto quale oggetto il padre preferisse realizzare: «Senza alcun dubbio i bottoni del costume, che si diversificano da quelli degli altri paesi. È il gioiello che richiede più tempo e più conoscenza tecnica e forse l’oggetto con il quale si guadagna di meno».

Così ricorda suo padre, «buono e generoso, socievole e amante della compagnia. In paese – prosegue Franceschino – godeva di un notevole ascendente, con il suo carisma era capace di risolvere situazioni difficili, il suo nome e la sua presenza erano sufficienti a ricomporre le disamistades. Insomma idi un’homine. Mio padre è entrato in tutte le case di Oliena perché era lui che consegnava personalmente i gioielli una volta finiti: questo gli chiedevano gli olianesi».

La madre, invece, «era la testa pensante della nostra famiglia, nel senso che governava e frenava la generosità a volte esagerata di mio padre perché a lei spettava mandare avanti la casa. Il loro sguardo era lo specchio dell’amore e del rispetto reciproci, colonne portanti della loro esistenza serena e armoniosa e per noi figli – conclude – sono stati un grande esempio di vita».

per gentile concessione de https://www.ortobene.net/

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