UNA REALTA’ PLURILINGUE: I SARDI DI PORDENONE E L’ASSOCIAZIONE INTITOLATA A “SALVATORE CRISPATZU”

di  ALBERTO MEDDA COSTELLA

Pordenone, città capoluogo dell’ultima, non certo per importanza, provincia del Friuli-Venezia Giulia, sorta scorporandosi da quella di Udine nel 1968. Molti oristanesi la ricorderanno perché insieme alla nostra città ha combattuto negli stessi anni per avere la sua autonomia amministrativa. Nella città di Eleonora le lotte per emanciparsi da Cagliari iniziarono dopo la seconda guerra mondiale, ma l’obiettivo venne raggiunto solo nel 1974. Pordenone, però, è anche provincia di contatto tra la realtà linguistica veneta e quella friulana. Nella parte sudovest, con la città di Sacile e il capoluogo, è il veneto a predominare (chiamato meneghel), nella restante parte è inveceè più  più utilizzato il friulano.

Quando si parla della città bagnata dal Noncello è inevitabile un riferimento alla fabbrica di elettrodomestici Zanussi. Fino agli anni ’60 del secolo scorso, questa zona, come tutto il Nordest, era terra di emigrazione e la “nostra” Arborea, non a caso, vanta anche qualche famiglia originaria del Pordenonese. Nel giro di qualche decennio, quest’area, oltre a divenire terra d’elezione dei metal-mezzadri, che alternavano le ore in fabbrica al campo da lavorare, richiamò prima numerosissimi immigrati da altre parti d’Italia, poi anche da altre nazioni. Tra questi tanti i sardi, anche se la strada per i nostri emigrati è stata aperta da chi era arruolato nell’esercito.

Il circolo è nato con la presenza dei militari, ma è stata poi la Zanussi a richiamare tanti conterranei. Alcuni hanno perfino lasciato le stellette per la fabbrica, perché economicamente era più conveniente  spiega Antonio Pala di Ula Tirso, presidente del circolo sardo di Pordenone. Appena fresco di elezione, lo incontro in sede la giornata precedente alla Domenica delle Palme, insieme a Valerio Loi di Ghilarza, Gisello Orrù di Carbonia, Emilia Piano, pordenonese di nascita, ma padre di San Vito (ha lasciato in eredità al circolo numerose sculture e opere). Siamo vicinissimi al centro e i preparativi fervono per l’indomani, perché il circolo sardo Sebastiano Crispatzu arricchisce, come di consuetudine, la funzione nella Chiesa del Cristo con le tradizionali palme, qui presenza rara per questioni climatiche (prevale il ramoscello di ulivo), fatte giungere appositamente dalla Sardegna e lavorate per l’occasione, per essere regalate ai soci. Una palma grande e particolare va invece al vescovo cittadino.

Quando è nato il circolo e chi era Salvatore Crispatzu a cui è intitolato? La nostra sezione è nata con la fondazione dell’Associazione a livello regionale nel ’77. Crispatzu era un vigile del fuoco sassarese, morto appena ventenne in servizio nell’alluvione di Pordenone del 1966.

Quanti sono i tesserati e da quali zone della Sardegna provengono? Siamo circa un centinaio, con una prevalenza di campidanesi, ma abbiamo anche soci friulani. Qualcuno di questi è più sardo di noi, come Daniele Filippig di Attimis: legge, scrive e parla il sardo. Eppure in Sardegna non ci ha mai messo piede.

Interviene Valerio. Passa un’immagine in video di un paese e ti dice quale paese è. È riuscito a riconoscere Giave anche da diverse angolature.

Riesco a incrociarlo poco prima di andar via. Ha una cultura sulla nostra terra che farebbe invidia a moltissimi sardi di nascita. Ha imparato a parlare il sardo frequentando un pastore di Orgosolo trasferitosi in Friuli con il suo gregge. Mi dice che verrà in Sardegna non appena si sentirà pronto.

Le istituzioni locali aiutano? Due anni fa per la prima volta ci hanno dato un contributo per la partecipazione alla festività delle palme. Ci sono però maggiori possibilità per avere un locale dal Comune.

La Regione Sardegna contribuisce in modo sufficiente? Ci sostiene per le spese vive per un 75%. Penso che la Regione dovrebbe acquistare direttamente i locali, anziché sprecare soldi negli affitti. Risparmierebbe permettendo a noi di levarci un gran peso.

Come nuovo direttivo che progetti avete? Oltre alla partecipazione alla Domenica delle Palme, col carnevale abbiamo organizzato la degustazione de sas tzipulas. Inoltre anche quest’anno festeggeremo Sa Die de Sa Sardigna. La più grande difficoltà che abbiamo è tramandare qualcosa della nostra cultura alle nuove generazioni.

Cosa si potrebbe fare? Risponde Valerio. Uscire da qui. Attirarli anche con qualcosa di banale, come un biliardo o le partite del Cagliari. Una volta che hai qualcosa di spicciolo da offrirgli puoi costruire qualcosa.

Come è visto il circolo dalla realtà pordenonese? Il friulano è molto simile a noi caratterialmente. Tutti gli emigrati in genere cercano di dare qualcosa in più, ma il sardo, essendo anche orgoglioso, si impegna maggiormente rispetto agli altri. Il friulano, gran lavoratore, in questo è uguale. Come soccorritore ho partecipato al terremoto del Friuli e a quello dell’Irpinia. Il friulano non ha avuto bisogno di essere aiutato. Lì, invece, aspettavano la manna dal cielo e questo mi ha un po’ deluso.

Come vedete l’esperimento della Natzionale sarda di calcio? Bene, peraltro ci giocheranno anche due giocatori del Pordenone, Burrai e Nieddu. È un modo intelligente per far conoscere la Sardegna nel mondo.

per gentile concessione de https://www.arborense.it/

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