UN SARDO NEL QUEBEC: A MONTREAL PER AMORE, LA SCELTA DI VITA DI MAURO CUBEDDU

ph: Mauro Cubeddu
di FEDERICA CABRAS

Mauro Cubeddu si trova a Montreal, in Québec, Canada. È lì da ben 15 anni, ormai, si è abituato al clima, estremamente rigido, e al diverso modo di vivere. Rimpiange la Sardegna? Un po’, certamente, come afferma gli manca, ciononostante lì ha una moglie e un figlio.«Mia madre è di Lanusei e mio padre di Arzana» racconta «ma io abitavo, prima di partire, a Tortolì».

Non parte subito in Canada, prima si trasferisce a Milano e poi a Monza, in Italia. D’altronde, avendo fatto un Corso per investigazione privata le opportunità lavorative son poche, in Ogliastra. Fa diversi lavori, tra cui l’agente di sicurezza, ma è l’amore a decidere il tragitto per lui:«Conobbi, nel 2002, una ragazza, era calabrese d’origine ma i suoi genitori si trasferirono negli anni ’50 a Montreal, in Canada. Lei si è sempre sentita più canadese che italiana, in effetti».

Da qui, la decisione. Partire. Possibile? si chiede Mauro. E fa il salto, direzione Canada.«Ho preso l’opportunità e ho cambiato i miei progetti. Non era una necessità di lavoro, la mia, ma ho rincorso l’amore».

Nel Québec è molto difficile sistemarsi. Per fortuna Mauro ha la fidanzata canadese, questo semplifica molto le cose che sarebbero state molto difficoltose.«Si è presa carico di me e di tutto quello che c’era da fare affinché mi sistemassi» dice Cubeddu. «Lei ha presentato tutte le domande per avere residenza permanente».

La partenza è bella, racconta, ma le enormi complicanze si fanno sentire: residenza, sanità, burocrazia, tutto rema contro i nuovi arrivati, anche se lui può contare sull’aiuto della sua fidanzata che diventerà presto moglie.Nel 2004 arriva il primo permesso di lavoro, in poco tempo la compagna di Mauro rimane incinta e nasce Luca, il figlio della coppia.Il Québec, ricordiamo, fu colonia della Francia per oltre due secoli (dal 1534 al 1763) e poi, dopo la conquista per mano inglese, divenne una colonia dell’Impero britannico dal 1763 al 1931, fino all’indipendenza del Canada; dal 1867 è membro della Confederazione del Canada. Proprio qui c’è il primo problema.«Una delle più grandi difficoltà è il bilinguismo della provincia del Québec: si parla sia inglese che francese, e questo crea ulteriori complicanze. Chi si sente francese, parla francese. Viceversa inglese. C’è una sorta di duello fra le due parti. Comunque, ambientarsi è difficile. Un’altra cosa che non mi piace è che il Québec non riconosce i titoli di studio inferiori a diploma o laurea: molte scuole fatte all’esterno qui non sono valide. Anche per quanto riguarda le valide, però, ci sono esami perché possano essere considerate valide».

Ci sono anche tantissimi italiani, racconta l’ogliastrino nel mondo, e la cosa bella è che «loro continuano a parlare italiano».

Una peculiarità del Québec è che tutti continuano a sentirsi ciò che sono, tenendo tradizioni e cultura.«Ho incontrato anche tantissimi sardi, mi trovo a mio agio con chi è venuto dalla mia stessa terra. C’è anche un’associazione sarda qui».

La cosa più difficile cui ambientarsi? Il freddo.«Le temperature sono veramente rigide qui, c’è tanta neve. Inizia a diventare difficile per me. La mancanza più grande? Famiglia, mare, amici, cugini… insomma, famiglia. Certo, ognuno prende la sua strada, ma mi manca il clima di familiarità».

Abita nell’isola di Montreal, non in pieno centro. Una scelta dettata da scelte economiche, la sua.«Il Québec è molto, molto caro: soprattutto, fioccano le tasse. Ci sono assicurazioni un po’ per tutto».

Quello che ama, come rimarca più volte, è l’attaccamento alla propria cultura che si respira in Québec. Ci sono gli indiani nelle riserve, che tengono alla propria tradizione e la difendono con unghie e denti, e ci sono gli immigrati che continuano a festeggiare le proprie feste, a parlare con la propria lingua, a curare la propria identità, pur integrandosi comunque in quella che è la terra che li ha ospitati.«C’è tanta acqua, qua, laghi, fiumi…»

Non è certo economico, vivere lì: «Si paga tutto, per stare bene davvero bisogna essere tranquilli sul versante economico. Anche creare un’attività per conto proprio è difficoltoso per tanti fattori».

Cosa non gli piace proprio? La freddezza della gente. Ognuno pensa a sé, racconta, nessuno si cura degli altri. C’è una mentalità diversa rispetto a quella che abbiamo noi sardi.«La Sardegna mi manca tantissimo» rivela «e se posso dare un consiglio a chi vuole partire sarebbe questo: provate a lottare per quella che è la vostra terra, la bellissima Sardegna che può sempre crescere. C’è il turismo e ci sono mille potenzialità. Se proprio si vuole partire, però, sconsiglio vivamente il Québec: troppo difficile. Come lavoro, come leggi, come lingue da imparare. E il clima! È complicato abituarsi a queste temperature. Il Canada è bellissimo e offre tante opportunità, ma meglio evitare il Québec».

La speranza? Be’, tornare in Sardegna per la pensione, godersela in piena tranquillità.

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