PICCOLA AMBASCIATA DI CONFINE: I SARDI EMIGRATI CHE VIVONO A GORIZIA

di ALBERTO MEDDA COSTELLA

Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico, una cortina di ferro è calata lungo il Continente (From Stettin in the Baltic to Trieste in the Adriatic, an iron curtain has descended across the Continent)

È Winston Churchill ad aver pronunciato queste parole nel lontano 1946. Quando si pensa all’Europa divisa in blocchi e a una città separata da un confine è inevitabile rivolgere lo sguardo a nord, in Germania, nella vecchia capitale del Terzo Reich. Eppure anche l’Italia ha avuto la sua Berlino. Certo, non era una metropoli, ma dall’oggi al domani, anche lì è stato eretto un muro, sorvegliato e armato, quando per secoli le popolazioni che vivevano lungo le sponde del fiume Isonzo avevano interagito fondendosi in un’unica comunità.

Oggi la mitteleuropea Gorizia non esiste più. Anche i militari sono andati via e i valichi non sono più presidiati. Dal 2007, anno in cui la Slovenia è entrata nella zona Schenghen, le due comunità hanno ripreso a incontrarsi. La nuova Europa, costruita però più sugli interessi economici, ha creato non poche storture in quest’area. Gorizia in un bel sabato di sole si presenta semideserta. In giorni come questi, qualsiasi città dovrebbe vedere le piazze e vie animarsi per i preparativi della domenica. Per vedere una città diversa basta superare il confine e passare nella parte slovena, a Nova Gorica. Casinò, rifornitori di carburanti e negozi a buon mercato. Non a caso il più grande centro commerciale è affollato soprattutto di italiani che arrivano per fare provviste.

Le mie impressioni vengono confermate da Piero Porcedda di Giba, Paolo Iddas di Ozieri e da Salvatore Garau di San Nicolò d’Arcidano, quest’ultimo presidente da sei anni della sezione goriziana dell’Associazione regionale dei sardi in Friuli Venezia Giulia. Il circolo è la sede italiana più vicina a un confine di stato. La distanza che lo separa dallo storico valico della Casa Rossa è minima. Saranno approssimativamente 500 metri.

I rapporti di Gorizia con la Sardegna, peraltro gemellata con Sassari dal 1985, sono centenari. Numerosi i fanti sassarini del 151° e 152° reggimento che hanno perso la vita per strappare questa città all’impero austro-ungarico e donarla al Re Vittorio Emanuele III.

Oh Gorizia tu sei maledetta, per ogni cuore che sente coscienza; dolorosa ci fu la partenza e il ritorno per molti non fu recitava una nota canzone di guerra. Il circolo custodisce anche il cippo della Brigata Sassari nel Carso.

L’unico problema è che ogni volta ci rubano le bandiera. I 4 mori sono molto ambiti – spiega Salvatore. La sede del circolo goriziano, forte dei suoi 250 soci, assomiglia più a un’ambasciata. All’esterno bandiera al vento. Dentro segreteria, bar, spaccio prodotti aziendali, sala conferenze, sala ristoro, etc, per un totale di 250 mq. Se avessimo un ente Regione più lungimirante, questi luoghi che non godono il diritto di extraterritorialità, ma che sono una grande vetrina promozionale per la Sardegna, potrebbero svolgere un ruolo simile a delle sedi diplomatiche vere e proprie. Sei anni fa rischiavamo la chiusura. Avevamo a malapena 36 soci – riprende Salvatore – Oggi siamo ben radicati e portiamo avanti varie iniziative.

Quali per esempio? Abbiamo la scuola di musica, pianoforte e chitarra. Tra gli appuntamenti fissi Gusti di frontiera e Birre di frontiera, dove valorizziamo e promuoviamo i prodotti della nostra Sardegna. L’anno scorso per l’occasione hanno partecipato anche l’oristanese Vanni Masala e il villaputzese Andrea Pisu. Senza dimenticare che possediamo una discreta biblioteca, di circa 3.000 volumi, inserita nel catalogo regionale del FVG e quindi fruibili anche per i non tesserati. Nel 2017, per le varie e numerose attività svolte, abbiamo ricevuto il premio Maria Carta.

Progetti per il futuro? Proprio con la Fondazione Maria Carta vorremmo portare qua in Friuli il festival Freemos, che si propone di contrastare lo spopolamento dei piccoli paesi. Sarebbe fantastico se riuscissimo a portarlo a Drenchia (118 abitanti n.d.a.), il comune più piccolo del FVG.

Come riuscite a coprire le spese? Le spese si aggirano sui 10.000 euro l’anno. Il circolo si sostiene attraverso i tesseramenti (30 euro per i soci ordinari e 15 per i simpatizzanti), con la vendita di prodotti tipici e la bigliettazione. Siamo uno dei pochi circoli che ha la cucina certificata e siamo aperti dal lunedì al sabato.

Da dove arrivano i tesserati? Sardi e non sardi da tutta la provincia. Gran parte dei nostri conterranei sono arrivati qui prevalentemente con le attività militari. Dall’Oristanese ci sono molti ex finanzieri.

Quali i rapporti con la vicina Slovenia? Abbiamo diversi soci che vengono da oltre confine. Non è facile però organizzare manifestazioni dall’altra parte, perché i costi sono esorbitanti. C’è da dire che per il fatto che non possiamo importare dalla Sardegna i maialetti per il problema della peste suina, li compriamo da un nostro socio sloveno, che li alleva come si usa dalle nostre parti.

Quali i problemi che da sardi emigrati siete costretti ad affrontare? Risponde Paolo. La possibilità di rientrare agevolmente in Sardegna. Ciò che è di ostacolo per noi, ma soprattutto per la nostra terra, sono i costi di trasporto sia delle persone che delle merci.

per gentile concessione de https://www.arborense.it/

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