LA VALIGIA DEL PROFESSORE: UGO COLLU, UNA VITA DI STUDI TRA DELEDDA, NIVOLA E LA RISCOPERTA DI SATTA

di LUCIA BECCHERE

Grande studioso e autore di numerosi saggi, Ugo Collu ha curato diversi volumi su Grazia Deledda, Costantino Nivola e Salvatore Cambosu. Sotto la sua Presidenza (1980-1990) la Biblioteca Satta di Nuoro, sede d’importanti convegni su grandi nomi dell’Atene Sarda a cui hanno preso parte studiosi e intellettuali di grande spessore, diventò un polo di riferimento a livello internazionale. Componente del “Centro per la filosofia italiana”, Collu si è fatto promotore d’importanti incontri e dibattiti e fino a qualche anno fa è stato Presidente della Fondazione Nivola dove ha profuso impegno e competenza per la costruzione del Museo e la diffusione della conoscenza del grande artista oranese. Attualmente fa parte del Comitato scientifico dell’ISRE.

Professore, chi è oggi Ugo Collu? «Un semplice insegnante di filosofia e pedagogia oggi in pensione, animato da un’incessante ricerca di conoscenza e motivato da interessi culturali che abbracciano la letteratura, la saggistica, il cinema, il teatro e la musica».

Lei ha lavorato molto su Salvatore Satta e Costantino Nivola, c’è qualcosa che unisce questi due illustri personaggi? «Credo che entrambi abbiano avuto in comune non solo un grande amore per la propria terra, ma anche la straordinaria capacità di partire da una circoscritta, ma profonda esperienza natia per distillare l’essenza della vita umana. Satta per il carattere universale del suo romanzo tradotto in 18 lingue e Nivola per il timbro mediterraneo umanistico inconfondibile della sua opera pittorica e scultorea, sono diventati i più importanti ambasciatori della Sardegna nel mondo della seconda metà del Novecento».

Lei è considerato un punto di riferimento come autore e curatore di numerose opere letterarie, com’è nata questa passione? «Pur essendo la mia formazione saggistica e filosofica, ho sempre nutrito un forte interesse per la letteratura, alle medie divoravo romanzi storici e d’avventura, al ginnasio fui letteralmente rapito dagli autori russi, Dostoevskij, Tolstoj, Gogol e Turghenief, dalle problematiche individuali e sociali che essi ponevano ho tratto la convinzione che occorre impegnarsi per il conseguimento dei valori fondamentali della vita. Negli anni universitari mi sono nutrito di letture illuministiche, filosofiche e letterarie sia italiane che francesi, sentendomi oltremodo attratto dai romanzieri cattolici del Novecento. Il frutto di questa sete di conoscenza mi ha permesso di superare le contraddizioni dell’esistenza per intraprendere la ricerca di armonia del pensiero e di una tanto agognata verità, ricerca eterna e mai appagata perché la verità alberga solo nel già conosciuto».

Parliamo di Salvatore Satta. Che cosa ha determinato in lei il desiderio di riscoprirlo? «È stato il primo convegno promosso a suo tempo dal Presidente della Biblioteca Satta, Mario Zidda a cui partecipò anche il compianto Padre Giovanni Marchesi allora Direttore della Civiltà Cattolica. Durante quel simposio scattò in me il desiderio di approfondire le tematiche de Il giorno del giudizio, libro straordinario sia dal punto di vista letterario che filosofico-giuridico».

Che cosa apprezza in particolare dello scrittore nuorese? «La dolente e insieme partecipata varietà della natura umana. Credo che il valore del libro non sia legato né alla veridicità né alla falsità della narrazione, ma alla profonda umanità che ne emerge, anche al di là dalle intenzioni dell’autore, dal pathos soggettivo e dall’ironia mordace di cui egli lo intride, dalle atmosfere, dalle luci e dalle ombre che fungono da sfondo a fatti e situazioni ».

Professor Collu, lei è stata la prima persona a venire in possesso del manoscritto, ci può dire come lo ha avuto? «Durante un incontro avvenuto a Roma è stata la signora Laura a consegnarmi l’originale per essere consultato in biblioteca dopo il Convegno internazionale che si era tenuto a Nuoro nel 1989. L’originale fu tenuto in cassaforte e una fotocopia fu messa a disposizione del pubblico. Negli anni Novanta – io non ero più presidente della Satta – la famiglia ne chiese la restituzione e la cosa mi dispiacque molto perché c’erano le condizioni perché Nuoro lo acquisisse. Fu proprio in quell’occasione che rilevai tutte le discrepanze fra il manoscritto e la pubblicazione e lo sottoposi allo studio attento di esperti filologi. Mi attivai per promuovere delle conferenze e dei seminari di studio al riguardo, con l’intento di coinvolgere soprattutto le scuole. L’altro originale, sempre in fotocopia, che ho avuto modo di studiare è stato il corpusdelle Lettere all’amico Bernardo Albanese, queste lettere che io ho analizzato con molta cura calandole nel contesto storico-sociale, mi hanno consentito di capire meglio l’intera genesi de Il giorno. L’ultima lettera che Satta dettò alla moglie “ Grazie sempre della tua amicizia” riporta la data del 3 marzo 1975 circa un mese prima della morte avvenuta il 19 aprile 1975. Ho contezza che dopo la morte dello scrittore, le lettere sono state scambiate e che Albanese abbia distrutto le sue prima di morire per cui si ha l’epistolario di Satta, ma non il carteggio completo».

Cosa manca, a suo avviso, affinché la città acquisisca la piena consapevolezza della grandezza dei suoi personaggi celebri? «Ritengo di notevole importanza il coinvolgimento delle istituzioni educative sugli esempi culturali che ci appartengono. Penso che non si faccia abbastanza e che le nuove generazioni ignorino quanto di grande abbiano a portata di mano e su cui possono formarsi piuttosto che su arti e letterature che non ci appartengono e a torto ritenute superiori. È quanto succedeva al mio paese di Ballao, alle elementari mi veniva insegnato tutto sul Po e sul Tevere e nulla del Flumendosa, schema concreto generativo di ogni altra conoscenza similare che scorreva poco distante da casa e dove nuotavo d’estate. Quale migliore occasione per apprendere tratti scientifici di tutti i fiumi del mondo? Nuoro, sotto questo aspetto e soprattutto per quanto concerne la letteratura, è una miniera d’oro inesauribile. La rilevanza pedagogica consiste nella concretezza di un apprendimento in continuità col vissuto che richiede meno traduzioni o salti intellettualistici e che connettendosi al vissuto entra prima nei reticoli mentali per tradursi in concetti che operano incessantemente. Questo vale per Satta, ma anche per la Deledda che sulla realtà locale ancora oggi avrebbe tanto da insegnare ai ragazzi perché diventino adulti e critici. Sono convinto che la scuola che si disinteressa di questi nostri autori è una scuola “fuori luogo” che difficilmente insegna a vivere in qualsiasi luogo. Chi non ha avuto gli strumenti per vivere nel proprio luogo, difficilmente sarà capace di trovarli altrove. Ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano, costringendoci a riflettere sulla regressione del sistema scolastico alla quale stiamo assistendo».

per gentile concessione de https://www.ortobene.net/

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Un commento

  1. Valeria Magnani

    buongiorno, sono arrivata al vostro sito cercando il contatto (che non trovo) del prof.Ugo Collu. Volevo chiedergli ciò che segue, magari potete aiutarmi o, addirittura, rispondermi voi.
    Dopo un breve soggiorno nel Campidano, in inverno, quindi fuori dal periodo e dal circuito turistici, sono rimasta catturata dall’atmosfera del luogo. Ho quindi letto Emilio Lussu (ho visitato il suo Armungia) e ho appena terminato “Il giorno del giudizio” di Salvatore Satta, con la bellissima postfazione di Ugo Collu, appunto. Ho trovato come parallelo tra i due scrittori (coetanei) il tratteggio del carattere sardo nell’entroterra del novecento, per niente edulcorato, sebbene intriso di comprensione umana: arcigno, duro, riottoso, individualista, selvatico, vendicativo, violento addirittura. Mi sono chiesta: quali i rapporti e considerazioni sull’altro, tra i due scrittori? Quali altri eventuali paralleli culturali, politici, sociali?
    Personalmente ho trovato a Cagliari, Carbonia e negli altri paesi visitati persone gentilissime.
    Grazie…….

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