TAPPA DELL’APPENNINO FESTIVAL NELLA CHIESA DI SAN QUINTINO A GOSSOLENGO: LA SARDEGNA ARCAICA DEGLI “ANIMAS” CON IL GREMIO “EFISIO TOLA” DI PIACENZA

di BETTY PARABOSCHI

E’ colpa di leso sardismo la mancanza di ammirazione incondizionata per gli Animas. Questa è la consapevolezza con la quale i piacentini (quelli doc ma pure quelli che sono arrivati dalla Sardegna) sono usciti dalla chiesa di San Quintino di Gossolengo dopo aver assistito al concerto di Stefano Pinna, Sabrina Sanna e Alessandro Melis. Per la cronaca loro sono gli Animas, usano launeddas, corde vocali e chitarra con rara maestria e hanno raccontato la Sardegna più atavica e limpida grazie all’Appennino Festival. La rassegna diretta artisticamente da Maddalena Scagnelli si è infatti coalizzata anche stavolta con il Gremio Sardo “Efisio Tola” di Piacenza e ha offerto al numeroso pubblico l’occasione di compiere un viaggio intimo nell’isola accompagnato dalle musiche della tradizione e degli strumenti antichi del Mediterraneo. Tali sono appunto le launeddas, uno strumento ad ancia doppia che Pinna ha saputo domare con eleganza e forza accompagnando la voce di Sanna nei canti, ma anche esibendosi in un pregevole duetto con Melis su un classico brano, “La pastorella”. Ma restando fra i classici, il concerto ne ha sciorinati parecchi che di volta in volta hanno dato corpo e consistenza a una Sardegna esotica e arcaica, biblica e orientale, senza tempo e primordiale: la serata si è aperta sulle note di un antichissimo canto inneggiante la nostalgia dei tempi passati che non torneranno più. “Eppure io sono certa che certe sensazioni non passino, ma ancora resistano al tempo che passa” ha affermato con convinzione la cantora Sanna e la conferma si è avuta nel calore e nella meraviglia del pubblico. Certo la musica ha fatto la sua parte ed è stata una parte da protagonista, da attrice navigata: pochi esempi valgono oro e allora ecco il brano struggente “Si Migratu” dedicato a chi deve lasciare la sua terra e il canto “Procurade ‘e moderare” che fu scritto dal nobile magistrato di Ozieri Francesco Ignazio Mannu durante i moti antifeudali del 1794. Ad un certo punto vi si legge: “Su mundu dè reformare sas cosas ch’andana male” ossia “il mondo deve riformare le cose che vanno male”. Ma l’altra sera in San Quintino di cose “andate male” non ce ne sono state: ci sono stati invece canti liturgici, ninnananne da cantare, laudi come “Deus ti salvet Maria” che venne composto dal poeta Bonaventura Licheri intorno al 1725 e cantato oggi nelle forme del gosos, balli suonati alla chitarra con tre dita e omaggi a quella matriarca dei sardi che fu Maria Carta. Le memorie della Barbagia, le proteste contro i soprusi ma anche la devozione e l’orgoglio di una terra grandiosa e arcana sono state riconsegnate intatte dagli Animas al pubblico: struggenti ma consolanti come se il tempo non le avesse toccate.

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