17 GIUGNO 1918: RIPRENDE LA CONTROFFENSIVA DELLA BRIGATA “SASSARI” NEI PRESSI DI LOSSON CONTRO LE POSTAZIONI AUSTRIACHE

Foto da “La Battaglia del Piave di” Corrado Zoli

di DARIO DESSI’

 “Mitragliatrici, prima rade, poi fittissime sono scoperte. E’ un vespaio. Il nemico ne ha messo in posizione dappertutto: tra le siepi, sugli alberi, all’incrocio dei fossi”.

Lunedì 17 Giugno 1918Nelle prime ore della mattina la “Sassari” arrivava a Ca Tron e, tanto per ripianare le perdite subite, il Comando Divisione le assegnava due nuove compagnie mitragliatrici.

La giornata era piovosa ed, alle 14.00, la Brigata ricostituita era nuovamente   pronta all’azione. Alle ore 1700  iniziava un nuovo attacco  contro gli stessi obiettivi che le erano stati  assegnati il giorno precedente.

In questo secondo giorno furono impiegate forze pari a due Divisioni: la 1^ Divisione d’assalto, arrivata nella notte, la Brigata “Bergamo” e la “Bisagno”.

La Divisione d’assalto riusciva a spingersi fino a Fossalta e a Osteria, ma, non essendoci stato alcun progresso da parte  della “Bisagno”,  l’azione falliva, anche perché gli austriaci avevano forzano lo schieramento italiano sul fianco sinistro, minacciandolo, come il giorno precedente, di aggirarlo.

A sera la situazione non era modificata rispetto al mattino.

Intanto gli obiettivi previsti dall’operazione Albrecht, dopo appena tre giorni di tremende e sanguinose battaglie, erano ben lontani dall’essere stati raggiunti tanto  è ché, mentre era iniziata la controffensiva italiana e il fiume Piave andava  ingrossandosi sempre di più a causa delle abbondanti piogge, il generale Boroevic si decideva, a sua volta, a telefonare al generale Arz:

 

“ Mentre, il nemico diventa sempre più forte  –  concludeva  –  ed io più debole , avendo immediatamente alle mie spalle un fiume perfido, il più piccolo inconveniente coinvolgerebbe il gruppo d’eserciti in una catastrofe,

 Devesi prendere,  finalmente, una risoluzione.

Come la Monarchia ha compiuto il suo dovere  d’alleanza e non può esporsi al pericolo di divenire inerme e di perdere importanza, faccio la proposta di ritirare il gruppo d’eserciti sulla riva est del Piave e più tardi eventualmente, ricominciare l’attacco”.

 

Martedì 18 Giugno 1918.Al Comando della III Armata a Mogliano Veneto, arriva un telegramma da Roma con aggiornamenti sulle operazioni tra  Zensone il mare.

 

“ Comunicato serale della situazione lungo il Piave: Importanti azioni si sono sviluppate nella zona tra Zenson e Fossalta, ma l’avversario fu ovunque arrestato  dai nostri combattenti e lasciando nelle nostre mani parecchie centinaia di prigionieri.Sul Basso Piave altre azioni controffensive in corso di svolgimento ci hanno assicurato vantaggi”.                                                                             Diaz            Stefani. 18 giugno ore 0,30.

 

Martedì 18 Giugno 1918Il nemico occupa saldamente Capo d’Argine ed il tratto dello Scolo Correggio che unisce Capo d’Argine a Losson.

Il Comando della Brigata Sassari si sposta a Castelletto.

Il 151° reggimento deve tenersi pronto, assieme alla 1371^ compagnia mitragliatrici, a sferrare un attacco ai capisaldi di Capo d’Argine e di Osteria di Fossalta.

Tuttavia l’azione, pianificata per la giornata, è stata rinviata al giorno successivo.

Martedì 18 giugno 1918Fraccaroli, corrispondente del Corriere della Sera, scriveva:

“Oltre il Piave si sta male.  La pressione nemica è forte sul medio Piave, ma la nostra resistenza la limita ad una breve fascia lungo il fiume.

Nella zona Fossalta  –  Musile gli austriaci lavorano ad allargare la loro testa di ponte volgendosi minacciosi verso le strade di Mestre e Treviso, ma sono ancora assai lontani  e il loro espandersi è contrastatissimo.

E’ trattenuto dalla nostra resistenza tumultua  da episodi superbi.

Pochi soldati hanno riconquistato una batteria, pattuglie si cacciano nelle linee nemiche e n’escono con prigionieri”.

 

Martedì 18 Giugno 1918Spinti al macello dalla cecità dei loro comandi, che speravano ancora in una vittoria impossibile. A breve distanza dal Piave,nel corso di  tutta la giornata, gli Austriaci hanno continuato a gettarsi con furia pazzesca  sulle baionette italiane, tentando di sfondare una barriera di ferro e di fuoco che impedisce la loro avanzata.

Senza che venisse a  diminuire la grandiosità e la violenza, la battaglia si era frantumata in una serie di episodi sanguinosissimi che avevano luogo lungo la linea di resistenza e che portavano alla cattura di capisaldi che venivano espugnati per essere poi  abbandonati e quindi riconquistati di nuovo dagli invasori e dai difensori che lottavano tra mucchi di cadaveri e cumuli di rovine.

Ormai dopo tre giorni di battaglia le unità non avevano più una formazione organica ben definita. Sovente i sopravvissuti di una compagnia si univano al battaglione intervenuto in loro aiuto, i prigionieri sfuggiti al nemico si univano al reggimento che li aveva liberati. Spesso gli artiglieri privi di artiglieria andavano all’assalto assieme a i mitraglieri formando un reparto senza mitragliatrici e senza bombarde.

Soldati privi dei propri  ufficiali si univano ad ufficiali di altri reparti.

Dalle retrovia, immediatamente dietro alle prime linee, gli ordini si perdevano a causa dei difficoltosi collegamenti, mentre la situazione mutava per poi ricomporsi sotto la furia del cannone, nell’urto tremendo di uomini che si lanciavano per uccidere altri uomini. La battaglia seguiva l‘iniziativa dei combattenti, che di certo non aveva nulla a che fare con quello che avevano previsto gli alti comandi austriaci.

 

18 giugno 1918    I diritti della Sardegna.

 

Dalla prima pagina dell’Unione Sarda:“E’ doveroso segnalare una serie di gravi inconvenienti cui da luogo la grave crisi delle comunicazioni ferroviarie e marittime nella Sardegna che pure ha tanto ben meritato dalla Patria durante la guerra.

I treni, provenienti dall’interno, a Golfo Aranci arrivano mezzora dopo la partenza del piroscafo.

Dopo la prima  metà del mese di giugno  1918 il presidente del Consiglio Orlando comunicava alla camera l’inizio della grande offensiva austriaca di giugno, e la situazione di quasi tutto il fronte italiano impegnato tra l’Astico e il mare Adriatico dall’imponente  attacco nemico. In quegli stessi giorni, sempre alla camera, c’era stato un intervento  dell’onorevole Pala  col seguente ordine del giorno: “La camera invita il governo a provvedere seriamente alla sollecita esecuzione delle leggi che interessano la  Sardegna che da troppi anni le attende”.

Rinnova le raccomandazioni ripetutamente fatte, ricordando gli affidamenti avuti tutte le volte dal governo e augurandosi che siano tradotti in atto.

Si deplorano le condizioni in cui versano le ferrovie sarde, condizioni alle quali non si è posto riparo affidandone l’amministrazione all’elemento militare: una sola è la soluzione del problema ferroviario sardo e consiste nell’esercizio di stato.

Raccomanda di migliorare il servizio della linea di  navigazione tra Civitavecchia e Golfo Aranci, per quanto riguarda le merci, specie nell’ultimo tratto tra Golfo Aranci e Terranova (Olbia odierna) che è porto di tanta importanza commerciale.

E’ tempo che anche per la  Sardegna sia  fatta quella giustizia di trattamento alla quale ha diritto, che sia considerata alla stregua delle altre regioni.

La  Sardegna ha dato nobili prove di patriottismo, se si vuole che questa fiamma si mantenga viva, dimostri il governo che la  Sardegna non è dimenticata e abbia un trattamento pari a quello delle altre regioni italiane: faccia il Governo  che i sardi non abbiano a pentirsi di avere compiuto tutto intero il loro dovere”.

 

Rispondeva Nitti, Ministro del Tesoro, dichiarando che la  Sardegna non deve dubitare dell’affetto del governo per essa e del fermo proposito che lo anima di corrispondere alle sue necessità.

 

“Lo stato ha un gran dovere verso la patriottica isola, ma la Sardegna è anche ricca di  infinite risorse naturali tuttora inesplorate.

 Provvedere alla  Sardegna  sarà dunque nello stesso tempo  l’adempimento di un dovere e un eccellente affare per il nostro paese”.

 

Intanto in prossimità del fiume Piave i  fanti sardi della Brigata “Sassari” stavano combattendo, come al solito, con tutte le loro energie e il loro entusiasmo,  tra mucchi di cadaveri e interi reggimenti distrutti, per arginare il disperato furore austriaco nel tentativo di dilagare nella pianura veneta.

 

Mercoledì 19 giugno 1918Nell’ambito del XXIII corpo d’armata austro ungarico, il fronte viene rinforzato dalla 46° divisione Schuetzen; di questa, il 13° reggimento si trovava già presso la 10° divisione di fanteria, il 15° stava raggiungendo  la 12° divisione e la 91° Brigata, attraversato il Piave sul ponte di San Donà, reso nuovamente transitabile alle 06.40, si raccolse nei pressi di Musile. La 46° divisione , assunta la responsabilità della zona del settore tenuto dalla 10° e rinforzata dal 5° reggimento Ussari della 1° divisione di cavalleria, si sarebbe dovuta preparare all’attacco del giorno 19 verso il Meolo. Il nemico è in forze così schiaccianti che dai prigionieri catturati dal 151° si apprende che solo alla stazione di Fossalta esistono due reggimenti austriaci.I prigionieri raccontano anche che spesse volte il nemico toglie ai soldati italiani berretto e giubba per travestire i suoi soldati e mischiarli alle nostre truppe allo scopo di spargere il panico.

I comandi pregano la massima attenzione e ordinano che verificandosi una tale situazione,i soldati nemici, una volta catturati con tale travestimento, vengano immediatamente passati per le armi.

Alle ore 13.00 del 19 giugno 1918 riprende l’attacco con la Brigata Bisagno, che era riuscita ad arrivare all’altezza delle Scuole lungo il Canale Fossetta.

Stava manovrando per riuscire a raggiungere lo Scolo Gorgazzo o almeno per cercare di avanzare verso quel corso d’acqua fino ad ottenere il collegamento col 151° Reggimento lungo il Canale della Fossetta all’altezza della Stazione di Fossalta.

Ma, dopo un ora sulla sinistra un pattuglione nemico riusciva a sopraffare le difese e a portarsi su San Pietro Novello e su Fornaci.  Il conseguente sbandamento delle truppe in seconda linea rendeva la situazione alquanto precaria per i reparti avanzati.

Con la cattura del pattuglione viene   prontamente ristabilito l’ordine.

La Brigata Bisagno, però, anziché continuare ad avanzare lungo il Canale Fossetta, è costretta a retrocedere lasciando completamente scoperta l’ala destra del 151°.

Il 3° Gruppo Bersaglieri  ciclisti tenta, a sua volta, di avanzare ad est del caposaldo di  Meolo per raggiungere lo Scolo Perissina e stabilire il collegamento con l’ala destra del 151°, ma senza alcun risultato. Per evitare quella situazione di pericolo, alle ore 20.00 il 151° e il XXIII Battaglione d’assalto sono costretti a riprendere l’attacco verso  Capodargine. Vani sono però i tentativi da parte della Brigata Bisagno di progredire  verso lo  Scolo Gorgazzo e allo stesso tempo  di  avvicinarsi  alla stazione di Fossalta.

 

Mercoledì 19 Giugno 1918Alle ore 12.30 le artiglierie aprono il fuoco ed alle ore 13 inizia l’attacco.

Il battaglione d’assalto ed il 151° Reggimento escono dal caposaldo di Losson e, nonostante un violento fuoco d’artiglieria avversario, riescono a superare la resistenza nemica e ad avanzare per quasi un chilometro ad est, ma qui devono fermarsi perché il fuoco dell’ artiglieria e delle mitragliatrici austriache sta aprendo varchi paurosi nelle fila italiane. Verso le ore 14, mentre prosegue il combattimento, un grosso pattuglione austriaco riesce a sfondare a sinistra la linea tenuta dalla 25^ Divisione, facendo arretrare i fanti della Brigata “Ancona”, e ad arrivare sino a S. Pietro Novello ed a Fornaci, creando scompiglio nelle seconde linee e mettendo a repentaglio la sicurezza degli arditi e del 151° che si trovano in avanti. Gli Ufficiali del 151° procedono all’arresto di numerosi soldati,  ma, finalmente, la 25^ Divisione riesce ad arginare l’irruzione austriaca ed a ristabilire la situazione.  Il 151° ed il battaglione d’assalto combattono duramente ed alle ore 16 i fanti sardi della Brigata Sassari si trovano a 500 metri da Capo d’Argine, davanti al fuoco delle mitragliatrici nemiche, sempre più numerose, che batte implacabile da  sinistra e da  destra.   Anche il battaglione d’assalto  deve  fermarsi prima di Capo d’Argine, mentre sulla destra  la Brigata  Bisagno, sopraffatta dal fuoco nemico, anziché avanzare, è costretta a retrocedere, incalzata dagli austriaci, dalle Scuole alle Case Gradenigo, rendendo in tal modo pericolosissima la situazione del 151° che, fermo poco prima di Capo d’Argine, ha ora il fianco destro completamente scoperto. Il comando di Divisione invia subito un gruppo di bersaglieri ciclisti verso lo scolo Peressina per coprire quel settore, ma neanche questo reparto riesce a spingersi avanti. Alle ore 20, dopo una nuova intensa preparazione d’ artiglieria, viene sferrato un nuovo attacco.  Il 151° avanza ancora per un centinaio di metri verso Capod’Argine, da cui dista poco meno di cinquecento metri, ma accolto da potenti raffiche di mitragliatrici da nord, da est e da sud, in quanto la “Bisagno” non è riuscita ad avanzare, si dispone nuovamente in posizione di attesa, riuscendo, però, a infliggere al nemico gravissime perdite.

Alcuni austriaci catturati dai fanti del  151° riferiscono che a sud della ferrovia, fra la stazione di Fossalta e Case Panciera, si stanno radunando due reggimenti a.u. con l’intenzione  di puntare su Case Fantinello per tagliare la ritirata alle truppe sarde, che sono quasi arrivate a Capo d’Argine.

Il 151° può, da un momento all’altro,  trovarsi in una posizione disperata  ed  il  comando Brigata propone, perciò, al Comando Divisione di interrompere qualsiasi ulteriore progresso e di far consolidare l’ unità sulle posizioni raggiunte. Il comando Divisione non accetta ed ordina la conquista di Capo d’Argine, il cui  possesso è troppo importante in quel momento, ad ogni costo.

Alle ore 22, dopo un intenso fuoco di preparazione, l’attacco è ripetuto ed i due battaglioni del 151°  riescono ad avanzare per un altro centinaio di metri, sino a un punto, dove potenti raffiche di mitragliatrici, provenienti da tutte le direzioni, impongono di fermarsi e di consolidarsi sulle posizioni raggiunte.

Alla fine del giorno il 151° ha perso 207 uomini.

L’immane lotta, spezzettata in tanti accaniti combattimenti isolati, era andata avanti per una decina d’ore mentre tra Capo d’Argine e Losson, nelle acque sudice e torbide dei canali e dei fossi, nei campi e nelle siepi sconvolte dalle esplosioni, nei viottoli devastati e nelle case in rovina erano andati  pian piano accumulandosi centinaia di cadaveri, macabra testimonianza dell’inaudito accanimento di quella battaglia.

Lungo e faticoso fu il compito delle squadre sanitarie, intervenute a rimuovere le tracce di quella strage disumana, ma quel pietoso lavoro contribuì certamente a dare un idea del serio pericolo corso, in quei pochi giorni di battaglia, dalle linee difensive italiane, sistemate  a protezione del Campo Trincerato di Treviso.

A Capod’ Argine, una volta raccolti i caduti, sgombrato tutto il materiale bellico abbandonato assieme  alle macerie delle case distrutte e ripristinato un aspetto di normalità nelle abitazioni e nei campi, furono  purtroppo rimossi tutti i segni tangibili  del passaggio della Grande  Guerra.

Ma oltre a tale  deffailance, al giorno d’oggi,  non si può fare a meno di provare sorpresa e giusto  disappunto,  nel constatare l’assenza di una qualsiasi lapide,  cippo o monumento che commemori quelle truci, assurde vicende di quella tragica guerra oltre al sacrificio di tanti giovani soldati, così come invece è avvenuto  in tante altre  località venete, dove è stata combattuta la guerra e dove il tempo non ha cancellato la riconoscenza e la memoria nei cuori.

 

Dai corrispondenti di guerra

 

“Il nemico è passato subito,  nel mattino della prima giornata,  all’offensiva.

S’è buttato avanti per un chilometro, per 2, per 3, per 4.

Voleva dilagare, voleva  travolgere la difesa prontamente ristabilita.

Da quattro giorni invece non fa un passo avanti.

Urta dappertutto e non passa. Contrattacchi nemici paralizzano il suo slancio, lo ricacciano indietro, in una lotta furiosa nel terreno più ostacolato che si può  immaginare: alta vegetazione, alberi, filari di vigne, fossi innumerevoli, argini, paludi. Paesetti e case frequentissimi.

Il nemico piega, si riordina, rimbalza elastico. E’ fermato, risospinto.  E’ la lotta d’ogni ora: senza tregua, senza respiro.

Nelle prime ore di sabato 15 giugno i reparti austriaci sono passati quando ancora sulla nostra riva tempestava il bombardamento.

Sono passati intorpidendo e accecando la difesa con i gas  e con le nubi di fumo.

Per il traghetto molte barche leggere preparate da qualche tempo lungo la Livenza, dove i plotoni d’assalto si sono allenati.  Su ogni barca cinque,  sei uomini: non più. Intanto di là si mettevano in acqua i primi barconi per creare le passerelle.

 I primi assalitori passano da sotto le Porte del Taglio, dinnanzi aIntestadura e dalle curve fra San Donà e le Scuole. 

Poi di qua,  di là: velocemente sotto il tiro nostro d’ artiglieria. 

E,  sono apparsi sulle prime linee dei difensori, tra la nebbia artificiale.

Mitragliatrici leggere sulle spalle, lanciafiamme, bombe a mano.

Dei primi momenti della difesa non si sa nulla con precisione.

Le seconde linee si trovano subito gli assalitori dappertutto. Si sono infiltrati a piccoli nuclei, si sono  sparsi di sorpresa.

I pontoni ormai gettati sul fiume alimentano l’irruzione. Il terreno è prezioso per azioni d’infiltramento. 

Il nemico ne profitta con abilità. Spuntano mitragliatrici dovunque. Nella zona le prime file di difesa non rispondono più.

Si sentono ancora delle fucilate lungo il fiume, fragore di mischie più in qua. Ma,  il nemico è più avanti.

Dalle seconde linee, pattuglie di fanteria tentano di avvicinarsi all’Argine San Marco che qua e là è a 500  metri dal fiume, per esplorare. 

E’ già perduto.

Mitraglieri austriaci assalgono le pattuglie ai fianchi, alle spalle. Qualcuna non ritorna.  Le prime posizioni si sfaldano aggirate  dai piccoli nuclei.

Ora sono stormi che invadono la campagna.

Il paese di Croce, a mezzo chilometro dal fiume, cade quasi subito.

Reparti di fanteria accorrono per riprenderlo.

Mentre,  lì si combatte, l’irruzione dilaga. E’ un movimento fulmineo. Le mitragliatrici austriache crepitano fra gli alberi”.

 

Da un comunicato Stefani:

 

“Di fronte a San Donà la Bisagno dovette vincere anche le infami insidie con le quali il nemico spera spesso raggiungere quei risultati che la lotta aperta e leale gli nega.

Sulla strada tra Croce e Ca Malipiero, presso il canale Fossetta, un gruppo di nemici si fece incontro ai fanti della Bisagno agitando una bandiera bianca, ma quando furono vicini alla nostra linea quei falsi disertori austriaci rovesciarono una pioggia di bombe a mano sui nostri soldati.

La pronta reazione e la fermezza della Bisagno  fecero sì  che l’insidia nemica fallisse. Gettatisi sugli infami austriaci i nostri tenaci fanti liguri seminarono il terreno di cadaveri”.

 

Mercoledì 19 giugno 1918Il Berliner Tageblatt annuncia:

 

“La sorpresa sulla fronte italiana non è riuscita.

 L’attacco, dopo il successo iniziale, si è arrestato  e la situazione sul Montello e sul Piave  non è abbastanza chiara”.

 

 

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