UN MONDO DI STORIE NATE GUARDANDO IL MARE: BRUNO ENNA, SCENEGGIATORE DI FUMETTI, AUTORE PER DISNEY E BONELLI

ph: Bruno Enna


di Mariella Cortès

Vite parallele e storie che si rincorrono, momenti temporali che uniscono e dividono, personaggi eroici o vittime di se stessi. Quello di Bruno Enna, che scrive guardando il mare della Sardegna, è un mondo dove le vicende si sospendono sul filo di un momento di tensione costante, di poesia e raffinatezza ma anche di sguardi cupi e malinconia, di schiettezza e inevitabilità. E’ un mondo dove ogni storia è scandita dalle impetuose lancette di un tempo incontrollabile che “Talvolta unisce e stavolta separa. Spesso influisce sugli eventi e i destini” come specifica Enna nella prima tavola della nuova storia per il magazine Topolino “Paperino e la regina fuori tempo”, magistralmente disegnata da Giada Perissinotto. Nato lo stesso anno dello sbarco sulla luna, il 1969, dopo gli studi all’accademia di Belle arti di Sassari, sua città natale, vola a Milano dove frequenta l’Accademia Disney e dove vivrà per circa 10 anni per poi tornare in Sardegna. Sceneggiatore per Topolino dal 1997, ha scritto tra le pagine più importanti del mondo Disney, contribuendo alla creazione di Paperino Paperotto (un Paperino bambino) e dando vita alla saga Star Top (ispirata a Star Trek), realizzando pluripremiate parodie tratte da immortali capolavori della narrativa (Dracula di Bram Topker, Lo strano caso del Dr. Ratkyll e di Mr. Hyde, Duckenstein e La ballata del topo salato) insieme a mostri sacri del disegno italiano quali Fabio Celoni e Giorgio Cavazzano. Sue anche diverse avventure dell’investigare dell’incubo Dylan Dog e, sempre per Bonelli, quelle della miniserie Saguaro e del recente romanzo grafico La Bestia, disegnato da Luigi Siniscalchi. “Paperino e la regina senza tempo” storia a puntate in edicola nelle ultime settimane, è la fatica più recente di Enna che sancisce il ritorno in scena, dopo 25 anni, dello storico personaggio di Reginella creato da Cimino e Cavazzano. Nel nostro incontro, immersi nella frenesia della creazione artistica, abbiamo parlato degli ultimi lavori e del rapporto con la scrittura dello sceneggiatore sassarese con un tocco- disneyano- di Sardegna. 

Quando nasce l’amore per il fumetto? Ho sempre amato il mondo del fumetto, mia grande passione sin da bambino. Leggevo tantissimi numeri di Topolino e grazie a mio fratello mi avvicinai a Hugo Pratt e al suo immortale Corto Maltese. Il primo personaggio da me inventato – erano i tempi delle medie- fu un topo che si chiamava Ugobaldo. Il resto della storia lo conosciamo!

L’ultima grande parodia realizzata per la Disney, “Una ballata del topo salato”, ha rappresentato una vera e propria sfida oltre a un momento di rottura rispetto alle precedenti, ispirate a romanzi quali Dracula, Frankenstein, Dr. Jeckyll & Mr. Hyde.  Come è stato confrontarsi con Hugo Pratt? È stato un momento importantissimo della mia carriera di sceneggiatore. Ho avuto l’opportunità di confrontarmi con due grandi del fumetto: Hugo Pratt, autore della Ballata del mare salato e Giorgio Cavazzano che proprio nel 2017 ha celebrato i 50 anni di attività. Ho letto La ballata a 13 anni quando mio fratello Stefano portò a casa l’albo (lo stesso che ho usato per sceneggiare la parodia) che mi cambiò profondamente. La sua ampiezza narrativa, la figura eroica di Corto, la bellezza di una storia corale la resero anche per me un pezzo di immortalità narrativa. Quando mi è stato chiesto di realizzare la parodia sono rimasto senza parole. Si trattava di una operazione complessa e delicata.  Bisogna ricordare che, a differenza della storia di Pratt, quella di Topo Maltese è una avventura che in primo luogo deve coinvolgere i bambini ma, al contempo, bisogna tenere a mente che si sta mettendo in scena un mondo che il pubblico dei fumettisti conosce bene.

La storia originale è drammatica e avventurosa ma, al tempo stesso, cela uno spirito umoristico. E’ la storia perfetta, un pilastro del fumetto.  Quando si realizza una parodia si scelgono dei momenti topici per poi costruire il resto sulla base dei tuoi nuovi personaggi che, in questo caso sono quelli del mondo dei topi Disney. Ecco allora la prima immortale scena, quella della nave che solca l’oceano e Topolino che diventa Topo Maltese, un personaggio romantico, con una sua morale. Quando ho visto i disegni delle prime pagine mi sono emozionato. Cavazzano ha fatto in modo che tutti i personaggi recitassero in modo straordinario, rendendo la storia fluida e trasformando ogni scena in un’opera d’arte. Mi ha detto non solo di aver amato la storia ma di essersi divertito a disegnarla, ringraziandomi e facendomi emozionare come non mai.  

Cosa accomuna, invece, le sue precedenti parodie, Dracula di Bram Topker, Lo strano caso del Dr. Ratkyll e di Mr. Hyde e Duckenstein, tutte disegnate da Fabio Celoni? In primo luogo la voglia di raccontare qualcosa in più rispetto alla storia come già la conosciamo, basandomi sulle personalità dei personaggi Disney. Duckenstein, per esempio, mi ha permesso di parlare metaforicamente della creazione, uno dei principi cardine di Frankestein, con un linguaggio più vicino a quello dei bambini. In Dracula ho usato solo i topi e in Duckenstain i paperi mentre in Ratkyll e Hyde c’erano entrambi. Una rarità nel mondo Disney dove è molto difficile ottenere il permesso di usare insieme topi e paperi. Topolino rappresenta la razionalità e Paperino l’istinto e a fare da fil rouge a tutte le parodie c’è sicuramente questa dualità tra istinto e ragione più che tra bene e male.

Ha definito il suo romanzo grafico La Bestia, uscito lo scorso maggio per Bonelli come “Una storia particolare, dura e violenta, scritta con sincerità e urgenza, priva di fronzoli e di eroi”. Dove è nata  e come si è sviluppata l’urgenza narrativa di questa graphic novel? E’ una storia a cui tengo particolarmente, scritta senza nessun tipo di pressione o tempistiche. Un romanzo libero. L’idea era di realizzare una storia quasi cinematografica con pochi dialoghi e molti silenzi. Sapevo che a disegnare la storia sarebbe stato un talento della Bonelli, Luigi Siniscalchi, caratterizzato da un tratto non pulito e capace di conferire una forte drammatizzazione. Questo rende la storia “urgente”, veloce e manifesta quel certo disagio che attraversa tutta la narrazione. Con lui si è creata la stessa sintonia che vi è con Fabio Celoni per Disney. Queste collaborazioni felici nascono prima di tutto da una intesa umana.  

La storia, un thriller crudo, narrando le indagini legate ai delitti di un serial killer, presenta numerosi riferimenti ad eventi storici legati all’America degli anni 70 e 80. C’è il bureau dell’FBI e il rimando alle vicende di omicida seriali come Zodiac e, sopratutto c’è il giorno dell’allunaggio, quando Neil Armstrong e Buzz Aldrin mossero i primi passi sul suolo lunare.  Mio padre raccontava sempre di quella notte. Lo svegliai piangendo, avevo pochi mesi, e lui accese la tv assistendo all’arrivo dell’uomo sulla luna. E’ un ricordo che mi è sempre rimasto impresso e, dunque, eccolo qui in apertura de La Bestia. Volevo raccontare una storia che ho vissuto anche personalmente,seppur di riflesso, con un focus sulla condizione della donna nelle forze armate in quel periodo citando due donne realmente esistite attive nel bureau, soprannominate “La suora” e “Il Marine”. La protagonista de La Bestia è infatti una agente dell’FBI che deve farsi valere in un mondo di uomini. Gli anni di cui parliamo solo quelli in cui nasce l’RSU dell’FBI, l’ufficio che si occupa di studiare la psicologia degli assassini. I Profiler sono nati lì, in quel luogo nato non per arrestare criminali ma per dare supporto alla polizia. Citando i film di David Fincher o pellicole affini, come  Il silenzio degli Innocenti,  ho voluto mettere in evidenza anche la difficoltà delle forze di polizia di quel periodo di comunicare in modo coordinato e veloce. La Bestia non è solo la storia di un serial killer ma il racconto corale di un momento storico e sociale. È una storia realistica fatta di errori e disorganizzazione, in cui tutti i personaggi sono disillusi e nessuno di loro è positivo ma, anzi, cerca costantemente il proprio lato oscuro. Una storia di tensione costante e durezza senza eroi coraggiosi che andasse a riflettere su fatti realmente te accaduti dei quali ancora oggi non si conoscono i nomi dei colpevoli. 

Quanta Sardegna c’è nelle sue storie?  Inserisco spesso la Sardegna nei nomi, nei personaggi o nei dialoghi dove uno dei protagonisti usa una lingua inventata che in qualche modo ricorda il sardo. Non ho però mai scritto una storia sulla Sardegna. Ho lavorato con Roberta Migheli per Paperino Paperotto e Silvio Camboni e attualmente con il disegnatore guspinese Luca Usai. Tempo fa scrissi un soggetto sugli Shardana: mi piace pensare che i popoli del mare fossero i sardi. Era una storia con tante battaglie e tantissimi cavalli, difficile e complessa da disegnare. E’ nel cassetto, chissà, magari in futuro… 

E se i personaggi Disney abitassero in Sardegna? Paperino vivrebbe ai tempi dei nuraghi con Zio Paperone proprietario di un nuraghe deposito e Paperino si barcamenerebbe tra lui e la sua Paperina nuragica! (ride, ndr)

Ha, in Sardegna, un suo luogo del cuore? Trascorro l’estate a S. Teodoro e mi piace cercare l’ispirazione guardando il mare. Ho vissuto 10 anni in Lombardia. Lo sguardo verso le montagne mi bloccava la fantasia. Per scrivere ho bisogno di vedere il mare e spaziare, con gli occhi e la mente, verso l’orizzonte.

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