LA TRAGEDIA DI 60 ANNI FA NELLA MINIERA DI MARCINELLE IN BELGIO: IL DRAMMATICO DESTINO DI MOLTI EMIGRATI


“La tragedia di Marcinelle è un simbolo universale delle morti bianche sul lavoro e ci permette di ricordare sia i tanti Sardi emigrati che i moltissimi lavoratori impegnati nelle nostre miniere, che hanno sofferto un uguale, terribile destino”. Sono le parole del presidente della Regione Francesco Pigliaru in ricordo delle vittime del tragico incidente di 60 anni fa ai pozzi di Bois du Cazier, commemorate nella “Giornata del sacrificio del lavoro italiano nel mondo”. L’omaggio, istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è alla memoria di tutti gli emigrati italiani che sono morti sul lavoro, mentre cercavano una via di scampo alla fame e alla povertà, e si celebra in concomitanza con l’anniversario dell’incidente minerario di Marcinelle in cui persero la vita 262 minatori, 136 dei quali italiani. Non c’era nessun sardo tra loro, al pozzo del Bois du Cazier, il più profondo della zona mineraria del Belgio, ma solo per una coincidenza: i numerosi minatori isolani avrebbero dovuto iniziare il loro turno in galleria solo poche ore dopo, nel pomeriggio. “Siamo stati alle miniere di Marcinelle il 30 giugno scorso, accompagnati da una delegazione dei circoli degli emigrati sardi in Belgio”, spiega Francesco Pigliaru. “La memoria di quella tragedia è ancora vivissima tra di loro, così come le disumane condizioni di vita che, insieme alle loro famiglie, lontano da casa, hanno dovuto accettare per poter sopravvivere. Oggi, quando affrontiamo la crisi dei rifugiati, dobbiamo ricordarci di tutto questo e fare in modo che non capiti più.” L’assessore del Lavoro e dell’Emigrazione Virginia Mura rivolge “un pensiero di affetto e gratitudine ai tanti emigrati sardi che, nel corso dei decenni passati, hanno pagato con la vita l’aspirazione ad un futuro migliore per sé e per le proprie famiglie. Tutto l’impegno della Giunta – sottolinea Virginia Mura – è rivolto a costruire in Sardegna un presente diverso, ricco di occasioni di lavoro per i nostri cittadini, in modo che nessuno debba più lasciare la sua terra costretto dalla necessità e che le esperienze di lavoro all’estero siano solo opportunità di formazione e arricchimento professionale. Lo scorso 30 aprile – prosegue Mura – abbiamo inaugurato il Museo dell’Emigrazione, nato grazie al sostegno della Regione, con sede non a caso nel piccolo paese di Asuni, nella Marmilla: un piccolissimo centro, emblema dello spopolamento che molte zone del centro Sardegna hanno sperimentato nel secolo scorso a causa dell’esodo dei suoi abitanti, emigrati all’estero. Quella struttura, un piccolo gioiello, è – insieme al sostegno che assicuriamo alle Comunità dei sardi nel mondo – uno dei contributi che la Regione fornisce alla conservazione di una memoria preziosa come quella della nostra emigrazione. Importante tanto più oggi, di fronte alla nostra contemporaneità così complessa, in cui una bussola anche morale è necessaria, per affrontare con il giusto senso di umanità l’accoglienza e l’assistenza che prestiamo ai tanti migranti che arrivano in Sardegna dalle tante zone di guerra vicine e lontane”.

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