SFREGIO A CAPO FRASCA: SBANCAMENTI IMPONENTI SULL’AREA NATURALISTICA ARCHEOLOGICA PROTETTA


di Mauro Pili

Ruspe di stato scavano da settimane indisturbate dentro il poligono di Capo Frasca. Sbancamenti imponenti in un’area protetta sotto ogni punto di vista. Trincee di decine di metri scavate a monte. Piramidi nere piene di tutto, da carcasse di missili a rifiuti di ogni genere. Macchia mediterranea cancellata per sempre. E soprattutto ruspe in azione su un’area archeologica dove emergono frammenti e reperti antichi. Un telo bianco che la delimita come a nascondere con velo pietoso quel che è stato trovato e divelto a colpi di mezzo meccanico. E’ lo scenario devastante che appare agli occhi e allo zoom di chi entra dentro il poligono vietato agli occhi indiscreti di chi vuole capire quel che avviene nel segreto militare imposto su quei lavori. Più che un appalto di bonifica appare un lavoro con un solo obiettivo: radere tutto al suolo, portando via anche la terra vegetale, con una ferita al paesaggio senza precedenti. Un lavoro da fare ad ogni costo per spendere quel milione e passa di euro affidato ancora una volta ad una società produttrice d’armi e tecnologia avanzata che questa volta compete e vince per il movimento terra. Tutto in silenzio. Senza nessuna autorizzazione. I progetti e i piani di intervento non richiamano nemmeno un ufficio regionale. Nessuna trasmissione di documenti alla forestale o alla soprintendenza appare nell’unico cartello affisso in un box in piena collina. E del resto nessuno avrebbe potuto autorizzare quella devastazione naturalistico ambientale dentro un Sic, un sito di interesse comunitario delimitato da un decreto nazionale e approvato dalla Commissione Europea. I cumuli di lentischio e macchia mediterranea sono imponenti a segnare la devastazione ambientale che ha raso al suolo tutto. Bonifica doveva essere, in realtà niente di tutto ciò. Considerato che in quell’area bisogna operare con i guanti di velluto proprio per la sensibilità ambientale imposta dal piano di gestione del Sito “STAGNO DI CORRU S’ITTIRI” che comprende l’intero poligono militare. Uno sfregio gravissimo testimoniato dalle immagini che ho pubblicato sul profilo Facebook. Nelle prossime ore  mi recherò in Procura per presentare un esposto perché la magistratura valuti l’entità del disastro ambientale e archeologico. Si tratta di un vero e proprio atto contrario ad ogni forma di tutela ambientale, naturalistica e archeologica. Per quale motivo non risulta nessuna autorizzazione per quel tipo di sbancamento in un’area protetta? Qualsiasi cittadino sardo che avesse compiuto tale scempio sarebbe stato rinchiuso nelle patrie galere, qui, invece, tutto tace e l’impunità la fa da padrona. Non si può nemmeno affermare che fosse necessario uno sbancamento per eliminare sostanze inquinanti o radioattive proprio perché è sempre stato affermato che in quell’area sono sempre state utilizzate munizioni inerti. Dunque uno sfregio gratuito, grave e comunque vietato. E’ incredibile che da sempre si è a conoscenza che proprio quell’area è oggetto di ritrovamenti archeologici di varia natura e di diverse epoche, da quella nuragica, passando per quella fenicia e romana. Gli archeologi sostengono che quell’area sia una vera e propria miniera archeologica vietata da sempre, ma con importanti ritrovamenti. E’ semplicemente inaccettabile che Capo Frasca sia l’unica zona franca della Sardegna dove il ministero della Difesa opera con una spregiudicatezza da padrone della colonia. La Forestale e la soprintendenza devono immediatamente intervenire per rilevare i danni. E guai a tentare di nascondere questo ennesimo misfatto. Siamo dinanzi ad un vero e proprio oltraggio alla Sardegna. Tutto questo grazie ad una Regione inesistente e inutile che accetta tutto e di più. Dopo la farsa della conferenza sulle servitù niente è stato fatto, nemmeno un metro quadrato di terra restituito alla Sardegna e per di più le violazioni sono sempre più spregiudicate.

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