LA “GIORNATA DELLA MEMORIA” CELEBRATA DAL CIRCOLO “DOMO NOSTRA” DI CESANO BOSCONE CON LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BRUNA MURGIA “I FIORI DELLA LIBERTÀ”

Cesano Boscone. Nelle foto di Fernando Marras, da sin. Pulina, Depalmas, Murgia, Longo, Ariis, Fabbri


di Beatrice Spano

Nel pomeriggio di domenica 24 gennaio il Circolo  “Domo nostra” di Cesano Boscone (Milano), presieduto da Pietrino Depalmas,  ha celebrato  la “Giornata della Memoria”, un appuntamento  annuale a cui  tutti i soci tengono  molto.  Quest’anno,  il Circolo ha voluto riflettere sulla tragedia delle  persecuzioni razziali contro gli ebrei offrendo la possibilità di  conoscere, dalla viva voce della scrittrice sarda-torinese Bruna Murgia, le vicende da lei raccontate  nel  libro “I fiori della libertà” (Firenze, Giuntina).  

Dopo i saluti di Depalmas, Paolo Pulina, dell’Esecutivo nazionale della FASI (Federazione delle 70 Associazioni Sarde nell’Italia  continentale),  giornalista pubblicista dal 1982,  dal 1977  al 2011 funzionario dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Pavia, ha preso proprio lo spunto dalla sua esperienza, a partire dagli anni Ottanta,  di visita dei vari campi di concentramento nazisti (compreso quello più occidentale,  Natzweiler-Struthof, a 50 chilometri da Strasburgo), in qualità di accompagnatore, insieme ad amministratori e dirigenti della Provincia di Pavia, degli  studenti degli ultimi anni delle scuole medie superiori vincitori di un concorso intitolato significativamente “Resistenza ancora”.

Un’esperienza pilota avviata nel 1979 dal compianto assessore provinciale alla Cultura Claudio Bertoluzzi  (1945-2006) che è stata presa ad esempio da molti  altri Enti locali in Italia, i quali  ben prima che venisse istituita ufficialmente la “Giornata della Memoria” con la legge n. 211 del 20 luglio 2000  («La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli del  campo di concentramento nazista di Auschwitz, “Giorno della Memoria” …..») hanno voluto «ricordare lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte ».

Pulina ha messo in evidenza la continuità con cui il Circolo “Domo nostra”, dopo la promulgazione della legge,  sempre  in collaborazione con il Comune di Cesano Boscone e con le sezioni locali dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) e dell’ANED (Associazione Nazionale Ex Deportati),  ha  commemorato quei tragici avvenimenti storici. La riflessione ha sempre ovviamente avuto un collegamento con la Sardegna nel senso che sono state rievocate le persecuzioni inflitte dai nazi-fascisti a militari e civili sardi o sono stati proposti resoconti  di scrittori sardi riguardo a quelle vicende di privazione della libertà e della vita che hanno colpito  persone inermi o di alta dirittura morale, non disposte a piegarsi ai diktat degli oppressori.
L’autrice  delle memorie  contenute nel libro “I fiori della libertà” è Bruna Murgia, nata in Sardegna, a Sant’Anna Arresi, ma residente  a Torino da molti anni. Insegnante di professione e scrittrice per passione, ha pubblicato i romanzi “Ombre di Pietra” (Taylor Editore), “I fiori della libertà”, la favola “Quelle sì eran leccornie” in “Il nonno racconta” (Oddone Priuli e Verlucca), la silloge di poesie  “Gocce” (Carta e Penna), “Mille lire” (Albatros), “Nascondigli” (Ed. Montag, 2015). Scrive in lingua italiana e in lingua sarda, ha vinto numerosi premi, tra i quali “Coppa ‘Messaggero Sardo’ di Ozieri”, Sant’Antioco, Torino, Certaldo (FI) e molti altri. Le sue opere sono presenti in alcune antologie.

Bruna Murgia ha raccontato di aver potuto  ricostruire la vicenda della famiglia Levi Montalcini (famiglia ebraica della borghesia piemontese) grazie alla lunga vicinanza,  per motivi di lavoro,  ad uno dei protagonisti, del quale  ha raccolto i ricordi, e dopo aver letto e vagliato la corrispondenza famigliare di quegli anni terribili. Questo lavoro di ricerca e documentazione  le ha permesso  un’attenta ricostruzione storica di insieme, che ha naturalmente una sua peculiarità ma che, di fatto, costituisce  una storia tipica di tante famiglie ebraiche italiane perseguitate a seguito delle leggi razziali imposte dal fascismo nel 1938.
I cinque protagonisti della vicenda, una coppia con tre figli,  riescono a passare il confine svizzero nei pressi di Viggiù, dopo essere sfuggiti ai rastrellamenti nazi-fascisti,  all’arresto e alla deportazione. La famiglia Levi Montalcini trascorre dieci mesi in cui tuttavia la libertà guadagnata non può ritenersi tale, in quanto  occorre sottoporsi ai rigidi regolamenti cantonali, alle mille misure di precauzione e di controllo che nelle precarie condizioni della guerra lo Stato deve assumere per la sua stessa sicurezza. In Svizzera riusciranno a mantenere contatti con amici e parenti anch’essi profughi,  mentre spesso è impossibile avere notizie dei propri cari rimasti in Italia. In questi lunghi mesi vivono come “sospesi” in attesa della tanto sospirata  liberazione dell’Italia dalla morsa dell’occupazione tedesca. Malgrado la  condizione di rifugiati neghi loro la totale libertà, sono consci di vivere in una situazione di privilegio rispetto a molte famiglie che sono state deportate. Solo successivamente  i protagonisti potranno sapere del genocidio perpetrato dalla Germania nazista e dai suoi alleati.

Nel suo intervento Francesco Longo, presidente della sezione ANPI  di Cesano Boscone, ha ricordato che  la questione ebraica non fu meramente religiosa, ma piuttosto politica. I nazisti miravano ad annientare il potere economico del popolo ebraico al fine di trarne  anche vantaggi economici. Inoltre, a coloro ai quali fu concesso  il “privilegio” di essere  accolti come rifugiati, fu imposto l’obbligo di corrispondere ingenti somme di denaro, soprattutto oro e gioielli, che servivano per il  loro sostentamento e, in particolare,  per arricchire le casse  dello stato ospitante. Longo ha sottolineato   che la Shoah non ha riguardato solo la popolazione ebraica, ma tutte quelle categorie di persone ritenute  “indesiderate” che furono classificate con  dei simboli di stoffa, a forma triangolare e di differenti colori  che venivano  cuciti nelle loro  divise. Nei campi di sterminio c’erano  quindi i prigionieri politici, gli zingari, gli omosessuali maschi, le lesbiche, i vagabondi, i malati di mente, le prostitute, i testimoni di Geova. Nella divisa dei portatori di handicap non veniva cucito nessun simbolo, sottintendendo che non meritassero alcuna attenzione.  Longo ha  sottolineato l’ importanza sia di essere sensibili  circa la gravità dell’evento storico  sia  di  prestare attenzione a tutti i fenomeni di razzismo che colpiscono la società odierna.

Paola Ariis, assessore alla Cultura del Comune di Cesano Boscone, ha espresso la sua condivisione riguardo alle considerazioni portate dal rappresentante dell’ANPI e ha informato i presenti  sulle successive iniziative locali  legate al tema trattato, invitando a  un’attiva partecipazione.

In chiusura è  intervenuto Ferruccio Fabbri, presidente del circolo ARCI. Anch’egli ha parlato delle differenti  forme di razzismo e delle tante varianti in cui si manifesta, portando il pubblico a conoscenza di  episodi accaduti recentemente. Per la “Giornata della Memoria” è necessario  non solo  ripercorrere gli eventi storici, ma anche diffondere consapevolezza circa l’importanza di evitare che trattamenti disumani, come quelli perpetrati dai nazi-fascisti durante la seconda guerra mondiale, si manifestino nella società attuale e futura.  Fabbri ha invitato i presenti a partecipare ai “viaggi della memoria” organizzati dal circolo ARCI per far conoscere  l’infame organizzazione dei campi di concentramento, proprio per non dimenticare.

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Un commento

  1. Gran bel pomeriggio !Gli ospiti dell’evento e tutti coloro i quali sono intervenuti , sono riusciti a catturare l’attenzione del pubblico, come non succedeva da anni . L’argomento trattato ovviamente era di notevole interesse e tutti quanti abbiamo partecipato con doveroso rispetto .

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