CARMINE CHIODO, CRITICO LETTERARIO E ITALIANISTA DELL’UNIVERSITA’ DI TOR VERGATA A ROMA, SCRIVE DELLA POETICA DEL GALLURESE PASQUALE CIBODDO

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di Carmine Chiodo

Ormai è da molto tempo che seguo e leggo le opere creative del poeta e scrittore Pasquale Ciboddo, trovandole sempre interessanti e valide nelle tematiche e nella lingua. Come è ampiamente testimoniato dalle opere in versi e in prosa, l’artista  tempiese è il più noto e apprezzato autore della letteratura sarda odierna. Lo riconferma anche la silloge che in questa nota analizzo e che s’intitola Dal tetto dei ricordi (Nuova Stampa Color, Muros, 2015) magnificamente prefata da un illustre e valente italianista: il compianto Ferruccio Monterosso, il quale giustamente sottolinea che la lingua usata nella silloge è calzante, efficace, pittoresca, realistica, mai sensazionalistica. Una delle caratteristiche fondamentali di tutta l’opera creativa di Ciboddo è la chiarezza espressiva che dice pure la sostanza e la profondità delle idee che lo scrittore e poeta mette nelle sue creazioni (voglio dire: come sono limpide le sue convinzioni, così pure e limpido il linguaggio che lui esprime) e che permeano le opere in prosa e quelle in versi. Superfluo dire che anche questa silloge poetica, come le precedenti opere mostrano tutta quanta la sensibilità, l’essere uomo di Ciboddo che da anni cura con talento e raggiunge ottimi risultati artistici che riscuotono un successo di pubblico e di critica. Per parlare di Dal tetto dei ricordi devo subito dire che ci troviamo di fronte a una poesia vera, autentica, sentita, realistica, umana, naturale, non complicata o cervellotica. Grazie a ciò Ciboddo si distacca nettamente dai tantissimi poeti e verseggiatori odierni che ci danno versi oscuri e semplicemente scarsi. La poesia di Ciboddo è di sostanza, il pensiero sortisce da vere emozioni che poi si concretizzano in poesie essenziali e illuminanti che dicono anche la posizione dello stesso poeta verso alcune tendenze della nostra attuale società, dalle quali il tempiese prende le debite distanze; lui che è stato plasmato dalla civiltà degli stazzi ben presente non solo in questa silloge poetica ma pure nei racconti, nelle pagine narrative precedenti. Ma con ciò non si può dire  che la poesia della silloge è nostalgica (poesie pag. 33, 36 e 37). Nel corso della silloge il racconto lirico esistenziale si fa sempre più calzante e sono colte altre situazioni e create atmosfere intensamente poetiche e ricche di sostanza concettuale. Non ci deve sfuggire il fatto che questa poesia di Ciboddo è poesia di alto pensiero e di sentire. E che sia così è mostrato ampiamente dai versi delle poesie di pagina 85, 87 e 134. Bastano queste poesie per dire che Pasquale Ciboddo è poeta di tutto rispetto ed è ormai giunto all’apice, alla vetta della sua maturità creativa e costruttiva e al riguardo, per supportare ciò che ho espresso prima, cito gli altri versi delle pagine 117 e 139. Con questa silloge vede il mondo e la vita dall’alto degli stazzi; non dimentica la cara mamma  e scrive poesia che ci fa amare i poeti, i veri poeti di sostanza. E Ciboddo è di essi, tiene veramente alla vita e perciò è degno di ogni attenzione.

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