PAROLE E SASSI, UN RACCONTO LABORATORIO PER UN TEATRO CHE PARLA AI BAMBINI: UNO SPETTACOLO A MILANO DEDICATO A GIOVANNI MARIA ANGIOY


di Sergio Portas

I teatranti sassarini associati de “La luna antica”,  l’anno prossimo saranno vent’anni che operano nella provincia mettendo su laboratori teatrali nelle scuole elementari con titoli tipo: “Nidi” o “Anelli di fumo”, e partecipano a rassegne dai nomi altrettanto immaginifici come “l’Isola dei Teatri” o a festival organizzati dalla “Scatola folle” di Civitavecchia,  vengono a Milano a presentare uno spettacolo su Giovanni Maria Angioy, e seguendo il filo folle e giocoso delle scelte che vanno facendo, sono al “Teatroblu”, quartiere “Maggiolina”. Sul palco dalla scenografia volutamente scabra e minimale sono Gian Giorgio Cadoni che ha anche scritto il testo e Michele Garofolo, che lo segue con i suoi strumenti musicali: una fusione dove il suono e la parola decidono di non prevaricarsi l’un con l’altra, a determinare e sottolineare i moti dell’anima di quell’Alternos che si trovò a vivere uno dei periodi di cambiamento tra i più radicali che la storia occidentale abbia mai attraversato. Giommaria è del ’51 (millesettecento) e nel ’94 quando a Cagliari sarà protagonista dei fatti che culminarono con la cacciata (solo momentanea ahimè ) dei dominanti dell’epoca, i piemontesi di re Vittorio Amedeo III, era passato appena un anno da quando i francesi al loro di re avevano spiccato la testa mediante regolare ghigliottina, innescando così nelle regge d’Europa un vero e proprio terrore per quel Popolo che, cosa inaudita prima, ne aveva piene le tasche di vivere in un beato feudalesimo. In realtà non era del popolo che essi dovevano temere, noi sappiamo bene che è la borghesia a volersi liberare dal giogo combinato che clero e nobili avevano posto sulle schiene di tutti, e sono infatti i borghesi che gridano alla “rivoluzione”, tirandosi dietro gli affamati di sempre, contadini senza terra e pastori. Giuanne Maria Angioy è uno di questi, nasce a Bono da famiglia di piccola nobiltà terriera , perde presto i genitori ma viene mandato a studiare dai gesuiti e poi a Sassari all’università, dove si laurea in giurisprudenza. Poi a Cagliari dove fa una carriera accademica brillantissima, si sposa con una giovane ricca ereditiera da cui avrà tre figlie, mette su un’industria del cotone e una fabbrica di berretti, diventa giudice della Reale Udienza. Non è un vero e proprio “giacobino”, nel ’93 quando la flotta francese crede di poter fare un solo boccone della Sardegna contribuisce attivamente a ributtare in mare i soldati transalpini sbarcati sul litorale cagliaritano, ma un anno dopo a torto o a ragione è considerato da tutti la punta di diamante del riformismo sardo estremo, quello che oggi diremmo un vero leader. E quando, tornati in forze i piemontesi con viceré cambiato, tale Vivalda, ma senza che sua maestà in Torino si sia preso la briga di rispondere a istanze di assoluto buon senso (erano solo cinque domande) che venivano dai sardi tutti o quasi (chiesa e nobili giocavano in un altro campionato),  i paesi di Thiesi Bessude e Cheremule giurano un atto pubblico davanti a un notaio, di non  volere più avere a che fare col loro feudatario,  portandosi dietro quasi tutti i paesi del Logudoro, il viceré non trova altra soluzione che nominare un alter ego, anzi lui è nobile e sarà quindi un alter nos (plurale maiestatis), un “Alternos” con pieni poteri, che metta fine alla incresciosa faccenda, che l’epidemia rivoluzionaria minacciava di diventare una specie di Ebola, una febbre che si sarebbe sparsa nella Sardegna tutta. E Angioy è l’Alternos designato. Quando se ne va a Sassari a cavallo per “calmare gli animi” ci mette quindici giorni invece dei quattro regolari, si ferma in numerosissimi paesi ad ascoltare istanze, giudicare contese, promettere che molto ha da cambiare. La sua scorta lievita giorno dopo giorno e quando arriva nel capoluogo del capo di Sopra lo seguono cinquemila cavalieri. Gli cantano un “Te Deum” di ringraziamento in cattedrale. Riesce in realtà a fare arrivare in città il grano promesso da mesi ma nello stesso tempo si schiera apertamente con coloro che dicono no al feudalesimo che affama. E lo scrive a Cagliari al viceré che in breve gli toglie l’incarico, non solo, venuto a sapere che l’Angioy marcia sul capoluogo tirandosi dietro tutta una schiera di “rivoluzionari” armati di schioppo, gli mette una taglia sulla testa per chiunque abbia il coraggio di tagliargliela. In nome del Re e di Dio che gli ha messo sul capo la corona. Fatto sta che giunto ad Oristano Zuannemaria capisce che non può tenere testa coi suoi a un esercito regolare e se ne scappa in continente. Nel frattempo la reazione sabauda impicca “giacobini”e disastra i paesi “ribelli”. L’Angioy spera inutilmente che l’astro nascente della politica francese gli dia una mano, ma Napoleone Bonaparte è tutto impegnato a diventare “primo console”, gradino di lancio per un posto imperiale più fascinoso, e nel mentre ha fatto pace coi Savoia e questa Sardegna per lui non è così importante da fargli cambiare la politica delle alleanze. L’Angioy tenterà per tutto il resto della sua vita a inseguire l’intervento francese per una “rivoluzione sarda” senza successo: muore a Parigi, in esilio e povertà, nel 1808. Gian Giorgio Cadoni, calzoni scuri e maglietta girocollo marrone, è un “Alternos” dalla recitazione lirica, piena d’enfasi: “…lampi, tuoni e fulmini accompagnarono la giornata del 28 aprile di quel magnifico 1794, la giornata della liberazione, come la chiamavano i contadini, i pastori, i poveracci che allungavano le loro mani per toccarmi, mentre a cavallo percorrevo la via lastricata che dal porto di Cagliari arriva fino al palazzo del potere…”. Più che degli avvenimenti veri e propri ci parla dei sentimenti che scuotevano il suo animo mentre li viveva, le contraddizioni inevitabili da superare e quel sentore d’essere a un passo da qualcosa che è più grande di lui, quel “profumo di pulito che ti danno la libertà e la giustizia”. Regista dello spettacolo è Sara Canu, sale sul palco a prendersi gli applausi del pubblico formato in prevalenza da “esiliati sardi” del Circolo di piazza Santorre di Santarosa (un altro che se ne andò a morire lontano dalla patria), di Sassari dove studia lettere classiche e dove inizia, nel ’93 appena ventenne, la sua formazione teatrale con il Theatre en Vol, compagnia di teatro di ricerca. Negli anni seguenti segue laboratori e vari stages di formazione con la compagnia spagnola Pikor e Latirilli, dal 1996 è insieme a Gian Giorgio Cadoni nell’associazione culturale e teatrale “La Luna Antica” che ha sede a Sassari. Ha curato la regia e partecipato come attrice in decine di spettacoli e come le chiedo quale l’abbia più coinvolta mi inonda letteralmente dell’entusiasmo che la pervade per il “Collettivo Progetto Antigone”. Nato nel 2011 da venti donne di teatro (una per ogni regione italiana) con l’obiettivo dichiarato di rendere l’Italia “un paese per donne”: “ Ci sentiamo responsabili della memoria e della trasmissione di storie importanti nella nostra cultura e Antigone, antica vicenda di fratelli e sorelle, di patti mancati, di rituali, di leggi non scritte e di ciechi indovini, è stata narrata per secoli fin da che Sofocle ne scrisse nel 440 a.C. Noi vogliamo raccontarla alle bambine e ai bambini delle nostre scuole elementari, ma anche in biblioteche, centri culturali, cortili, case. Si chiama “Parole e Sassi”. Spesso la racconto in sardo, con esisti stranianti, e mi piacerebbe farlo anche in continente, magari ai figli e ai nipoti dei frequentatori dei circoli. E’ un racconto-laboratorio che presume un patto coi Bambini che l’ascolteranno, se ne verranno colpiti, affascinati, in quanto “egregi uditori”, dovranno impegnarsi a ri-raccontarla a più persone possibili. Per questo, alla fine , si lascerà loro le parole, cioè il copione, e i sassi- personaggio usati nel racconto. Nel Laboratorio è la classe dei bimbi, piccola polis con le sue regole, dove tutti si conoscono bene, ad usare i sassi per raccontare co
me in loro si è rifugiato il tragico di questa storia grande. Parole e Sassi da maggio 2012 a settembre 2014 è stato presentato a più di 700 gruppi classe e ha incontrato oltre 13.000 bambini e ragazzi. Il progetto è stato invitato a rassegne e festival teatrali in Italia, Francia, Svizzera e Argentina. Ha vinto l’”Eolo Awards 2013” come miglior Progetto Creativo.” Che dire di più di questa “Brigata Sassari” se non che ci apre il cuore con questo tentativo di teatro che parla ai bimbi, ai ragazzi, di politica in senso alto, quella politica per cui Zuannemaria Angioy rinnegò la classe che l’aveva visto nascere per unirsi e dare una speranza ai miserabili del suo tempo, perché anche loro venissero sommersi, ammaliati, redenti dalle parole d’ordine che si urlavano nei vicoli di Parigi: libertà, eguaglianza, fraternità.

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