LA MAGIA DEL BISSO: CHIARA VIGO OSPITE A FIRENZE DELL’ASSOCIAZIONE SARDA DEGLI EMIGRATI

Chiara Vigo con Angelino Mereu


di Monica Mattana

Un appuntamento con la storia, con una tradizione lunga millenni, con la magia: così si può definire l’incontro promosso dall’ACSIT, l’Associazione Culturale dei Sardi in Toscana, sabato 14 marzo, nella suggestiva cornice della Biblioteca di S. Giovannino dei Padri Scolopi in Piazza S. Lorenzo a Firenze. In oggetto, la presentazione del libro di Susanna Lavazza dedicato a Chiara Vigo, l’ultimo maestro di bisso marino, curato dall’editore Carlo Delfino. Insieme al libro, per la stessa edizione, è stato presentato il documentario di Rossana Cingolani, proposto all’Unesco per la candidatura della Vigo come Patrimonio immateriale dell’Umanità. La presentazione, dopo il saluto del presidente ACSIT Angelino Mereu,  si è avvalsa dei contributi del Dott. Vittorio Gazale, Direttore del Parco di Porto Conte e dell’Area Marina Protetta di Capo Caccia, della Prof.ssa Dora Liscia Bemporad, Professore Associato di Storia dell’Arte Moderna, e del Prof. Mattia Zupo, docente di Tecnologia Tessile, entrambi dell’Università di Firenze.

            La lavorazione del bisso è un’arte millenaria, la cui memoria si affida alla tradizione orale, tra mito e realtà. Se ne trovano tracce nella Bibbia, con le vesti del re Salomone e della regina Ecuba, nei miti greci, come il famoso vello d’oro di Giasone, nella storia egizia con il copricapo del faraone Cheope, e ne parla Jules Verne in “Ventimila leghe sotto i mari”. Ma cos’è il bisso? Definito anche come “seta marina”, il bisso è una fibra che ha origine da un mollusco, la cosiddetta “Pinna Nobilis”, che popola il Mar Mediterraneo. Si presenta come un filamento che, una volta raccolto, deve essere pulito, trattato e cardato in preparazione alla tessitura. È leggero, quasi impalpabile, e in ultima fase, esposto alla luce, prende il colore dell’oro, caratteristica che gli ha conferito un significato regale. Oggi l’ultima depositaria di questa antica tradizione vive nell’isola di Sant’Antioco, a sud della Sardegna. Chiara Vigo, 60 anni, si definisce “Maistu de pannu”, il maestro che insegna a tessere panno e vita. Che non si confonda con gli artigiani. “Su Maistu” insegna a vivere e non vende alcun prodotto: il bisso non si può vendere né comprare. D’altronde, quale prezzo dare a un’antica tradizione tramandata attraverso le generazioni, alle quasi duecento ricette di lavorazione del bisso custodite gelosamente, agli oltre mille disegni imparati a memoria ai quali sono associate altrettante canzoni? Il maestro di bisso ha un unico padrone: il mare. È servo dell’acqua. Le leggi della maestria prevedono, infatti, un giuramento dell’acqua che vieta l’utilizzo della seta marina per arricchimento personale: novecento strofe tramandate oralmente attraverso trenta generazioni, con il quale il maestro si impegna nella tutela e nella salvaguardia del bisso come bene pubblico. Tutto inizia con un’invocazione ai venti, per poi proseguire come una vera e propria preghiera:

 

«Ponente, Levante, Maestro e Grecale
Prendete La mia anima e
Buttatela nel fondale
Che sia la Mia Vita
Per Essere, Pregare e Tessere
Per Ogni Gente
Che da me và e da me viene
Senza Tempo, Senza nome, Senza Colore, Senza Confini,
Senza denaro.
In nome del Leone dell’Anima Mia e
Dello Spirito Eterno.
Così Sarà».

 

Chiara Vigo discende dalla famiglia dei Mereu, grandi maestri di sartoria di origine ebraica. È grazie alla nonna Maria Maddalena che apprende le tecniche di raccolta e lavorazione del bisso. Oggi nel suo laboratorio/museo, in cui troneggia un telaio di millecinquecento anni, appartenuto a diciassette generazioni, accoglie gratuitamente i numerosi visitatori, ricercatori e studiosi che da tutto il mondo si interessano alla lavorazione del bisso. I suoi lavori hanno viaggiato attraverso l’Italia (solo in Toscana troviamo un esemplare di ricamato in Santa Croce a Firenze e lo stemma creato per l’Università di Siena), hanno raggiunto diversi musei in Europa, fino a Washington, passando per il papa Benedetto XVI. L’ultimo lavoro in fieri è lo stemma del Parco di Porto Conte, un’opera che conduce a un progetto più grande, in collaborazione con la direzione del Parco e dell’Area Marina Protetta di Capo Caccia, che prevede la disciplina e la certificazione del lavoro di Chiara Vigo in relazione alla conservazione e alla preservazione della Pinna Nobilis e dell’ecosistema marino. Un progetto importante, ancor di più se le amministrazioni locali non tutelano questo grande patrimonio culturale, ritenuto scomodo poiché le leggi della maestria non si piegano a quelle del denaro e dell’industria.

Basta vederla e ascoltarla, Chiara. Una donna forte, dai tratti decisi, le mani laboriose ed esperte che lavorano il filo di bisso mentre intona il “Deus ti salvet, Maria”, con la sapienza di chi conosce le fasi lunari e si immerge nelle acque fino a quindici metri di profondità in apnea; grave e solenne quando pronuncia il Canto dell’acqua. Sorridente e speranzosa quando pensa al prossimo maestro di bisso, probabilmente la nipotina di appena un anno che già conosce le acque di Sant’ Antioco. Di nuovo un legame tra nonna e nipote, di nuovo la forza delle donne nel portare avanti una tradizione millenaria che non vuole e non deve morire, affinché ancora altre genti possano ammirare e testimoniare di una ricchezza più unica che rara della nostra Isola.  

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2 commenti

  1. Andrea Basoli

    MERAVIGLIOSO !!!
    …….(solo in Toscana troviamo un esemplare di ricamato in Santa Croce a Firenze e lo stemma creato per l’Università di Siena), hanno raggiunto diversi musei in Europa, fino a Washington ……
    …. L’ultimo lavoro in fieri è lo stemma del Parco di Porto Conte, (DOVE SI TROVA? ) un’opera che conduce a un progetto più grande, in collaborazione con la direzione del Parco e dell’Area Marina Protetta di Capo Caccia, ( DOVE SI TROVA ? ) …..

  2. Antonella Senis

    Ancora una volta ci troviamo di fronte a un articolo che riporta informazioni non corrispondenti alla realtà.
    Quamdo si metterà fine a tutto questo?
    A SantìAntioco siamo stanchi di vedere questa nostra tradizione alterata fino all’inverosimile

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